Discoteche in crisi. Tutta colpa dei locali “abusivi”. Oppure no

70,7 miliardi di euro con un effetto traino pari a 1,4 milioni di occupati. Questo è il volume d’affari complessivo generato dall’economia della notte, secondo i dati aggiornati al 2016 dal Fipe -Federazione Italiana Pubblici Esercenti. Ammonta a 5,3 miliardi di euro l’indotto originato dall’intrattenimento serale. Di questi solo 1 miliardo di euro riguarda specificamente […]

70,7 miliardi di euro con un effetto traino pari a 1,4 milioni di occupati. Questo è il volume d’affari complessivo generato dall’economia della notte, secondo i dati aggiornati al 2016 dal Fipe -Federazione Italiana Pubblici Esercenti. Ammonta a 5,3 miliardi di euro l’indotto originato dall’intrattenimento serale. Di questi solo 1 miliardo di euro riguarda specificamente le discoteche. Ma un altrettanto miliardo di euro è generato dalle cosiddette “economie sommerse”.

Il mercato della notte è “spacchettato”

Secondo il rapporto “Noi Italia 2017“, i giovani tra gli 11 i 24 anni preferiscono sempre più altre forme di partecipazione culturale, di intrattenimento e spettacoli nel tempo libero. Ristoranti, pizzerie, pub, American e Lounge bar. Nel 2016 c’è stato rispetto agli anni precedenti una lieve ripresa per quanto riguarda la frequentazione dei cinema. In cima alla lista ci sono anche i concerti in piazza e le occasioni in cui si veicola musica live: balere, sale da ballo e circoli privati.

Fasca: “La discoteca è in crisi”

«La gente continua a frequentare i locali» rivela Maurizio Fasca, presidente del Silb (Associazione Italiana Locali da Ballo). «Non è in crisi il divertimento ma le discoteche. Una crisi di identità che dipende dal fatto che oggi l’intrattenimento si è diversificato rispetto a 10-15 anni fa. Oltre a quello regolare, vi è quello completamente abusivo. Addirittura luoghi fascinosi come palazzi antichi o castelli si trasformano in location esclusive dove la notte si va a ballare».

L’abitudine di trascorrere il sabato sera in un night club sembra in declino. A dispetto dei locali cosiddetti “commerciali” frequentati da ragazzini, le generazioni più adulte preferiscono altri forme di intrattenimento. Secondo l’Istat, dal 2010 al 2013 la percentuale dei ragazzi che tra i 15 e i 24 anni hanno frequentato i locali notturni oscillava tra il 54,9% e il 51,6%. Il dato scende tra il 35,9 e il 34,2% per le ragazze comprese nella stessa fascia di età.

La crisi delle discoteche tra prezzi alti e concorrenza al ribasso

«Nel 2011 in quanto Fipe — continua Fasca — avevamo 1700 discoteche associate. A dicembre 2015 i locali associati erano 2.200, quindi c’è stata una crescita nel numero. Ma viene meno il volume d’affari in quanto 10-15 anni fa le discoteche aprivano tutti i giorni. Oggi, per ridurre i costi aprono solo 1-2 volte a settimana».

Tra le ragioni della crisi profonda vi è anche la  presenza di locali che propongono un’offerta al ribasso. «La crisi nel settore si fa sentire soprattutto sulla riviera romagnola. Un po’ perché sono nati nuovi locali che spostano i tavoli e fanno ballare le persone, facendo una concorrenza non proprio leale. Un po’ perché  andare in discoteca costa da 15 a 20 euro solo il biglietto. Con la consumazione si arriva a 30-40 euro. Il disco-bar offre lo stesso divertimento ad un prezzo più basso ma a condizioni abusive», chiosa Fasca.

In realtà, la chiusura delle discoteche segue in Italia un trend che caratterizza tutta l’Europa. I dati pubblicati da The Economist parlano chiaro.  “Tra il 2001 e il 2011 il numero di discoteche nei Paesi Bassi è sceso del 38%. In Inghilterra, nel 2005 c’erano ancora 3.144 club. Dopo dieci anni, ce ne sono solo 1.733.  In Inghilterra, nel 2005 c’erano ancora 3.144 club, ma ora, dopo dieci anni, ce ne sono solo 1.733. Nel 2015 i ricavi complessivi hanno raggiunto i 1,6 miliardi di euro, mentre nel 2010 ammontavano a 2 miliardi di euro”.

In Italia ci sono club di qualità, ma si fa poca promozione

In Italia ci sono numerosi locali dove si fa clubbing con ottima musica ed eccellente intrattenimento.  Dj Mag è la rivista britannica più letta in Italia che mostra le ultime tendenze della club culture mondiale.

Nella classifica 2017 dei “top 100 clubs“, riferita al 2016, il “Cocoricò”di Riccione si piazza al 25esimo posto. Al 44esimo il “Guendalina” ( in provincia di Lecce)  e al 66esimo il Duel Beat di Napoli si ergono nell’Olimpo internazionale che vede ai primissimi posti i locali più in voga di Ibiza (“Space”, “Amnesia” e “Pacha”) e il Green Valley (in Brasile). Ma in Italia c’è una miriade di altri locali che hanno grandi potenzialità. Non solo nelle grandi città e nelle località turistiche ma anche nelle province, ci sono tanti locali emergenti ed innovativi nell’arredamento, nel look e soprattutto nella ricerca musicale. Forse manca un’adeguata attività promozionale che faccia conoscere le tante realtà che esistono in Italia ad un pubblico più ampio, internazionale. Tuttavia, secondo molti imprenditori, una delle principali cause della crisi sono i locali “abusivi”. Gli effetti  sul “business della notte” sono dal loro punto di vista devastanti.

“Abusivismo”, una piaga da estirpare

A determinare la crisi non è soltanto il cambiamento del trend e delle preferenze giovanili. Molto più delle economie sommerse e dell’evasione fiscale, c’è il fenomeno dell’abusivismo. Una vera gola profonda per gli imprenditori che svolgono l’attività di Pubblico Spettacolo in modo regolare. Gabriele Sartori. «Per aprire una discoteca serve una licenza di Tipologia C e bisogna avere una serie di requisiti che devono essere conformi alle normative, dalla capienza alle uscite di sicurezza, fino alla gestione delle piste», continua l’imprenditore.

Le responsabilità delle istituzioni

Luciano Zanchi, presidente di Assointrattenimento, punta il dito contro il Governo.  Si è liberalizzata la possibilità per bar, ristoranti e circoli privati di essere aperti negli stessi orari delle discoteche. «I circoli dovrebbero essere luoghi in cui ci si tessera per fare determinate attività (impartire lezioni di tango, giocare a bridge, fare pilates etc). Invece sono diventate delle vere e proprie attività commerciali che non rispettano le norme di sicurezza. Mi riferisco ovviamente a tutte quelle che operano in maniere abusiva». «La responsabilità – aggiunge Zanchi – è di chi controlla il territorio dal punto di vista politico e della sicurezza (sindaci e questori). Riteniamo che vi sia un macroscopico cattivo comportamento da parte delle istituzioni. Con la conseguenza che anche le pubbliche piazze possono essere allestite come discoteche all’aperto». E poi c’è la questione degli orari illimitati dei cosiddetti “locali notturni”(bar, ristoranti, osterie, bar, stabilimenti balneari) che spesso “tirano” fino all’alba, facendo concorrenza alle discoteche. che nei week end svolgono la loro attività dalle 23 alle 04 di notte. Si confonde cosi la licenza di pubblico spettacolo con quella di somministrazione.

Zanchi: «Sulle discoteche troppe tasse»

«Le vere discoteche hanno una tassazione fiscale pazzesca – continua il presidente di Assointrattenimento – pagano il 22% di Iva per l’ingresso, il 16% delle imposte sugli intrattenimenti e il 5% di Siae. In totale, la percentuale è del 43% di prelievo immediato sul lordo degli incassi. Poi devono pagare i dipendenti, le bollette, i contributi, le merci. E se rimane qualcosa pagano il 50% delle tasse. L’evasione fiscale interessa in minima parte le discoteche intese in senso stretto, ed è limitata a qualche gestore che si comporta in modo scorretto. La maggior parte del sommerso riguarda i circoli privati abusivi. Non avendo l’obbligo di scontrino fiscale, non pagano l’Iva, non pagano i contributi ai dipendenti o fingono che siano soci del circolo creativo e che lavorano senza essere pagati», precisa Zanchi. Un’altra piaga da estirpare è l’organizzazione delle feste abusive. E poi l’eccessivo permissivismo delle pubbliche amministrazioni, che converge con forme di intrattenimento più o meno legali (rave party).

Sartori: «Esiste una concorrenza sleale e legalizzata»

«Ci sono delle differenze sostanziali tra chi apre una discoteca e chi ha un bar, un ristorante o un pub, che toglie le sedie, chiama un deejay e a una certa ora della notte fa ballare. Questi pub creano una concorrenza legalizzata ma sleale nei confronti di chi fa discoteca. Oggi le discoteche italiane sono poche ed è difficile che quelli presenti su territori vicini si associno fra loro. Quelle che si trovano a chilometri di distanza invece è più facile che si mettano insieme per far valere i loro interessi», conclude Sartori. In risposta a queste considerazioni la posizione dei circoli privati è chiara: respingono al mittente la definizione di “evasori fiscali e abusivi” sulla base della quale vengono classificati.

Carlà: «I Circoli rispettano le norme di sicurezza. Sono legittimi tanto quanto le discoteche»

Sergio Carlà, presidente di A.S.M.U. Italia puntualizza che «le discoteche e i circoli privati sono entrambi legittimi, quando rispettano gli adempimenti previsti dalle norme vigenti. Le norme igienico-sanitarie, di sicurezza e prevenzione incendi, che vi si applicano, sono identiche a quelle dei pubblici esercizi». Inoltre continua Carlà «il circolo offre maggiore sicurezza perché l’accesso non è pubblico. E’ un luogo privato, i soci vengono selezionati e monitorati. Esistono sicuramente dei circoli che fanno i furbetti. Ma se andiamo ad analizzare realmente cosa accade nelle discoteche, ci sarebbe molto da dire».

Il quadro normativo in Italia

L’art.68 del Testo Unico per la Pubblica Sicurezza (T.U.L.P.S.), prevede che “Senza licenza del Questore non si possono dare in luogo pubblico o aperto o esposto […] non si possono aprire o esercitare circoli, scuole di ballo e sale pubbliche di audizione”. Il testo inoltre introduce una serie di norme che tutelano l’incolumità pubblica e che vanno dal possesso da parte dell’esercente di un certificato di agibilità dei locali o luoghi di pubblico spettacolo “che attesta le condizioni di solidità, sicurezza ed igiene di locali ed impianti”, fino alla verifica della capienza complessiva del locale che deve essere pari o inferiore a 200 persone e  conforme alla normativa nazionale di prevenzione antincendio (DM. 19 agosto 1996). L’art. 80 del T.U.L.S. inoltre, prevede una sanzione pecuniaria per i trasgressori ai sensi dell’art. 666 del Codice Penale.

Le liberalizzazioni hanno “deregolamentato” le licenze e gli orari di lavoro

Purtroppo queste norme sono in parte state contravvenute con l’approvazione della Legge Bersani (Decreto-legge n. 223 del 4 luglio 2006) che ha introdotto un pacchetto di liberalizzazioni che riguarda anche il mondo della notte. E in più il Decreto del 18 dicembre 2012 esclude dal campo di applicazione della normativa i “luoghi all’aperto, quali piazze e aree urbane prive di strutture specificatamente destinate allo stazionamento del pubblico per assistere a spettacoli e manifestazioni varie, anche con uso di palchi o pedane per artisti e di attrezzature elettriche, comprese quelle di amplificazione sonora, purché installate in aree non accessibili al pubblico”.  Si allarga così la forbice dei luoghi dove è possibile allestire una “discoteca”, persino a cielo aperto.

Anche i circoli sono regolamentati dalle leggi dello Stato

Peraltro, anche i circoli rispettano determinate norme. A partire dalla legge 287/91, integrato con successiva legislazione, che regolamenta l’insediamento e l’attività dei pubblici esercizi. Fino all’iscrizione nel registro degli esercenti per il commercio. E ancora un’apposita Commissione competente che controlla il rispetto della normativa nella somministrazione e vendita di alimenti e bevande. Il tutto deve avvenire, ai sensi dell’art. 7, “nel rispetto delle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica e igienico-sanitaria, nonché di quelle sulla destinazione d’uso dei locali e degli edifici”.

Scotti: «Se si ha un’offerta di qualità non si teme la concorrenza»

Per Alberto Scotti, giornalista musicale, producer e autore radiofonico è innegabile che esista negli ultimi anni la realtà dei piccoli locali che nascono come altro e poi diventano discoteche. «Ma la vera domanda da porsi riguarda il motivo per cui il grande imprenditore si preoccupa del concorrente più piccolo. Se si ha un locale all’avanguardia, con una visione architettonica di tendenza, che ha un sound system e un impianto di ultima generazione, dove i deejay che suonano sono bravi, il catering e il servizio al bar sono di qualità, l’imprenditore non deve temere la concorrenza. Diverso è il discorso se i locali che vogliono essere di serie A non riescono ad esserlo. Tanti possono essere i motivi. Perché non hanno rinnovato i locali o non si sono affidati a professionisti aggiornati sulle ultime tendenze. Oppure perché il deejay non è all’altezza. O ancora perché il bar è di scarsa qualità e per andare in bagno bisogna fare la fila. In questi casi Davide, il gestore portato ad avere una visione della notte atipica, se si allena, può pensare di battere Golia», chiude il discorso Alberto Scotti.

 

 

CONDIVIDI

Leggi anche

Cresce la domanda di professionisti del rischio

“Senza rischi non si fa nulla di grande”, diceva André Gide, scrittore francese Nobel per la letteratura. Parafrasando, oggi si può dire che, chi non gestisce il rischio, non farà grande la sua azienda. Esagerazione? Non secondo l’ultima indagine di Mediobanca e Cineas, il consorzio sulla “cultura del rischio” fondato dal Politecnico di Milano: le […]