Chi Malpensa, poi corrompe

Boche per le Denunzie Segrete. Nella Repubblica di Venezia le cosiddette bocche di leone erano sparse ovunque nella città lagunare. Come cassette postali in altorilievo rappresentate da un muso leonino con le fauci spalancate, le boche de leon erano state pensate dalle autorità della Repubblica per raccogliere le denunce dei cittadini su misfatti, corruzione o […]

Boche per le Denunzie Segrete. Nella Repubblica di Venezia le cosiddette bocche di leone erano sparse ovunque nella città lagunare. Come cassette postali in altorilievo rappresentate da un muso leonino con le fauci spalancate, le boche de leon erano state pensate dalle autorità della Repubblica per raccogliere le denunce dei cittadini su misfatti, corruzione o evasione fiscale. Chiunque venisse a conoscenza di violazioni della legge poteva denunciare l’illegalità inserendo uno scritto nelle fauci del leone simile al Leone di San Marco, simbolo dello Stato veneziano.

Scartabellando alcuni documenti relativi alla SEA, la società che controlla la Malpensa, abbiamo trovato una vera chicca, qualcosa di molto simile alle bocche di leone in chiave moderna.

 

Whistleblowing contro i corrotti: i dipendenti di Malpensa diventano detective

Al posto delle bocche di leone si utilizzano bocche online non tracciabili. Si chiama piattaforma di whistleblowing, che tradotto significa appunto segnalazione di illeciti. È un software che trasforma ogni dipendente in un potenziale poliziotto e che dovrebbe garantire la massima trasparenza e discrezione al denunciante.

A differenza delle bocche di leone veneziane l’anonimato è possibile. Se si va al capitolo sulla governance nelle carte della SEA si capisce di cosa si tratta: “SEA considera fondamentale il rispetto dei principi etici che la Società ha adottato, così come il rispetto delle Leggi e dei Regolamenti, nazionali ed extranazionali. In questo contesto, la Società ha sviluppato un sistema di gestione delle segnalazioni (‘Whistleblowing’), che prevede l’utilizzo di una piattaforma informatica, la cui gestione tecnica è affidata a primario operatore del settore, attraverso la quale i dipendenti, i collaboratori, i consulenti, i fornitori di SEA e ogni altro soggetto terzo che abbia una relazione con la società può inviare segnalazioni”.

La piattaforma spiega anche ai dipendenti-investigatori quali reati denunciare: “Ad esempio presunti fenomeni di corruzione, conflitti d’interesse, mancata protezione o utilizzo improprio dei beni aziendali”. Ai denuncianti viene fornito un codice riservatissimo da inserire nella bocca di leone informatica a disposizione. Il documento conclude che “il sistema disciplinare di SEA prevede sanzioni per chi effettui con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelino infondate”.

 

L’aeroporto di Malpensa travolto da Tangentopoli

C’è da chiedersi come mai la SEA abbia adottato un sistema così rigido e pervasivo di controlli interni. La risposta non può che ritrovarsi nella lunga e accidentata storia dell’aeroporto della Malpensa da essa controllato.

Oggi la Malpensa, pur non essendo riuscita a diventare un hub in grado di competere con gli hub europei come era nei suoi progetti originari, è una società in utile ed è comunque considerata uno degli scali più importanti in Europa. Ma se si va indietro nel tempo si scopre senza grandi difficoltà che i fenomeni di corruzione funestato la società dalle origini di Malpensa 2000, nel corso dell’inchiesta Mani Pulite, e si sono di nuovo presentati in anni più recenti con appalti finiti in aule di tribunale. È forse per questo che la SEA ha deciso di autotutelarsi con un sistema così severo.

Malpensa, secondo i progetti iniziali, doveva diventare un aeroporto internazionale all’inizio degli anni Novanta. C’erano tutte le premesse perché quel progetto si realizzasse nei tempi giusti; ma l’ambizioso progetto partì male, anzi malissimo. Nel 1992 quando scoppiò Tangentopoli due massimi dirigenti della SEA, azionista di controllo di Malpensa, entrarono nel mirino dei magistrati. L’accusa era sempre la stessa: corruzione in cambio di appalti.

Il primo effetto negativo è che i lavori si fermarono per anni e Malpensa 2000 poté decollare soltanto nel 1998. L’altro effetto disastroso, denunciato dalle stesse aziende che sono state escluse dagli appalti perché non erano colluse con i partiti che gestivano l’affaire Malpensa, fu la moltiplicazione dei costi per la costruzione dell’aeroporto.

Secondo calcoli dell’epoca Malpensa costò molto ma molto di più della somma preventivata originariamente. Quando però si diradarono i residui della gigantesca inchiesta giudiziaria (che colpì anche le società di costruzione che avevano tentato di introdursi negli appalti a suon di tangenti) ci sarebbero state le condizioni per una seconda partenza con il piede giusto. Ma, finiti i guai giudiziari, per Malpensa iniziò la lunga e travagliata storia del rapporto tra lo scalo aeroportuale e Alitalia.

 

Malpensa e Alitalia, voli e zavorre

La compagnia di bandiera aveva bisogno di Malpensa, così come l’aeroporto in costruzione avrebbe avuto bisogno della compagnia di bandiera per poter diventare un vero hub; ma negli anni successivi i guai di Alitalia inficiarono anche il progetto Malpensa 2000.

Nel biennio 2006-2008 si celebrò il primo fallimento di Alitalia e per Malpensa fu un colpo durissimo, soprattutto quando uno degli amministratori di Alitalia, in accordo con il governo, decise che Alitalia per salvarsi doveva abbandonare l’hub di Malpensa e trasferire l’intera flotta a Fiumicino.

Per Malpensa non fu l’unica botta: durante uno dei governi Berlusconi, Air France e Klm proposero l’acquisizione di Alitalia e l’equiparazione di Fiumicino agli aeroporti di Parigi e di Amsterdam, a patto di ridimensionare l’hub di Malpensa. Il progetto venne respinto dal governo Berlusconi, che non voleva una mano straniera sull’Alitalia e voleva salvare la Malpensa. Il capo del governo chiamò all’appello i cosiddetti capitani coraggiosi, imprenditori italiani che avevano il compito di salvare Alitalia, ma anche questo progetto naufragò.

La prima vittima fu proprio Malpensa, che ancora una volta fu travolta dalla crisi cronica della compagnia di bandiera. L’anno più duro per Malpensa fu il 2008 quando ufficialmente Alitalia spostò a Fiumicino il 70% dei voli operati nell’hub milanese. Da quel momento una serie di tratte intercontinentali vennero cancellate e altre fortemente ridimensionate.

In quegli anni si aggiunse allo scenario l’esplosione delle compagnie low cost, che trasferirono la loro attività a Linate e ancora di più a Bergamo, nell’aeroporto di Orio al Serio.

Per Malpensa iniziò una fase molto difficile, aggravata dalla crisi finanziaria mondiale iniziata proprio nel 2008 – ma a partire dal 2012 si intravide un po’ di luce.

 

La crisi alle spalle, la corruzione no: la gestione dei parcheggi di Malpensa

Malgrado il progetto originario fosse stato ridimensionato dalla crisi di Alitalia e dalla presenza di Linate, l’aeroporto diventò una realtà aziendale sempre più importante per la Lombardia. In quel periodo con la crescita dei passeggeri crebbe anche l’occupazione, di 3.000 unità in tre anni.

I dati economici e finanziari degli ultimi bilanci – compreso l’ultimo – sono confortanti. Il bilancio approvato all’inizio del 2019 sul 2018 registra ricavi della gestione in aumento del 5,5%, con un utile netto di 136,1 milioni. I passeggeri aumentano fortemente. I documenti ufficiali della SEA segnalano poi un dato interessante, che fa capire il peso che ha l’aeroporto in Lombardia: “L’impatto socio-economico diretto generato dal sistema aeroportuale milanese sul territorio lombardo è quantificabile in circa 7,5 miliardi di euro di valore della produzione, al quale corrisponde una capacità di attivare circa 32.000 posizioni lavorative. In particolare, Malpensa genera circa 5 miliardi di euro di valore della produzione e contribuisce ad attivare oltre 20.000 unità lavorative, mentre Linate genera 2,4 miliardi di euro di valore della produzione con oltre 11.000 unità lavorative”.

I fenomeni di illegalità e corruzione sembrano fantasmi ormai lontani, ma non è così. Come abbiamo visto la controllante SEA si dota di un codice etico molto severo, la piattaforma whistleblowing. Ma nonostante le “bocche di leone”, pensate per arginare fenomeni di corruzione interni ed esterni alla società, nessuno denuncia il malaffare che si aggira nei parcheggi della Malpensa, e così ancora una volta un’inchiesta della magistratura lambisce pesantemente l’aeroporto.

Il 4 luglio del 2019 l’edizione milanese del la Stampa di Torino, ad esempio, titola a tutta pagina: “Le mani delle cosche sugli affari di Malpensa, ndrangheta e politici collusi: 34 arresti. I sigilli sono scattati al Parking Volo Malpensa, al Malpensa Car Parking e a metà delle quote della Star Parkings srl”. La SEA in questo caso non c’entra nulla, direttamente, ma i danni d’immagine restano. E forse resta anche qualche mancato controllo: già tre anni prima si era verificato un fenomeno di corruzione nella gestione dei parcheggi, con arresti di politici e imprenditori, ma quella lezione evidentemente non è servita a chi avrebbe dovuto controllare più da vicino la gestione degli appalti e dei subappalti per la loro costruzione.

 

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