Comunicazione digitale: Italia, ultima chiamata. La ripresa passa anche da qui

L’80% dei cittadini considera molto utile l’utilizzo di social network e chat per comunicare con le istituzioni e ricevere informazioni e servizi. Il 68%, praticamente 7 su 10, è favorevole all’utilizzo dei social per dare comunicazioni pubbliche ai cittadini. Praticamente 9 su 10 (l’88%) pensano che l’emergenza coronavirus abbia accelerato il lavoro del Paese sui temi […]

L’80% dei cittadini considera molto utile l’utilizzo di social network e chat per comunicare con le istituzioni e ricevere informazioni e servizi. Il 68%, praticamente 7 su 10, è favorevole all’utilizzo dei social per dare comunicazioni pubbliche ai cittadini. Praticamente 9 su 10 (l’88%) pensano che l’emergenza coronavirus abbia accelerato il lavoro del Paese sui temi del digitale e che gli strumenti digitali saranno sempre più centrali, sia nel settore pubblico che nel privato.

Di quale Paese europeo stiamo parlando? Dell’Italia. Proprio così: il nostro Paese, come certificano i dati dell’Osservatorio nazionale sulla comunicazione digitale di PA Social e Istituto Piepoli, è ormai da tempo pronto per la svolta digitale. Dati freschi e raccolti nei mesi del lockdown, ma non nuovi, perché già le rilevazioni precedenti avevano sottolineato la maturità dei cittadini nei confronti di un rapporto digitale con il settore pubblico e privato.

 

L’Italia e il suo primato digitale: la svolta è più vicina?

Svolta digitale, quindi. Quella utile, quella dell’utilizzo delle piattaforme digitali per semplificare e migliorare il quotidiano. Le piattaforme social sono arrivate a una fase di maturità, anche dal punto di vista del “bacino d’utenza” e delle fasce d’età di utilizzo; la pensa così, infatti, il 75% degli over 54, l’80% tra i 35 e i 54 anni e l’88% tra i 18 e i 34 anni. Da sottolineare che i più convinti sull’utilità di social e chat per comunicazione e informazione pubblica sono le persone dai 54 anni in su, nello specifico il 72% (64% per la fascia 35-54 anni e 66% per i più giovani tra 18 e i 34 anni).

Lo scenario di crescita della consapevolezza digitale non finisce qui. L’Italia è ormai da anni il primo Paese a livello internazionale (ce lo ha riconosciuto l’OCSE) ad avere una rete nazionale e un lavoro costante e dedicato sui temi della comunicazione e informazione digitale, con buone pratiche modello per altre nazioni e realtà. Il nostro Paese, inoltre, è finalmente a un passo dalla svolta digitale nella normativa che regola la comunicazione e informazione pubblica italiana, grazie al tavolo di lavoro dedicato (appunto per la riforma della legge 150 del 2000 verso una legge “151”), istituito lo scorso gennaio al Ministero per la Pubblica Amministrazione grazie alla volontà del ministro Fabiana Dadone.

“La ‘persona al centro’ del rapporto con la PA è l’obiettivo chiave del mio mandato – ha spiegato proprio il ministro qualche giorno fa – da raggiungere anche grazie al ruolo imprescindibile del digitale. La comunicazione pubblica gioca su questo terreno una partita fondamentale: l’importanza dei ‘new’ e dei ‘social media’ impone un profondo ripensamento delle norme di riferimento, che parta dal riconoscimento e dalla valorizzazione delle nuove professionalità in campo. Il Tavolo con gli stakeholder qualificati ha condotto alla stesura di un documento di sintesi e di indirizzo per l’intervento normativo che presenteremo nei prossimi giorni, chiudendo così il primo importante step sul percorso che ci porterà finalmente a riconoscere il valore profondo dell’interazione, ormai immediata e continua, tra le amministrazioni e i cittadini.”

Lavoro atteso da molti anni e apprezzato anche dal Sottosegretario all’Editoria della Presidenza del Consiglio Andrea Martella, che nel corso del suo intervento al PA Social Day, lunga maratona live dedicata alla comunicazione digitale dello scorso 20 maggio, ha spiegato come “sulla riforma della legge 150 il ministro Fabiana Dadone sta portando avanti un lavoro complesso. Quello della comunicazione istituzionale è un profilo molto importante per avvicinare i cittadini ‘al palazzo’, per garantire trasparenza, velocità, rapidità e un cambio di linguaggio guardando al futuro. Queste sono le linee intorno alle quali possiamo muoverci. C’è un’attenzione da parte dei cittadini verso le comunicazioni ufficiali e le dirette social che merita un approfondimento. Fornire informazioni attendibili e accessibili è la strada contro la disinformazione”.

 

Il PA Social Day, l’evento che favorisce la comunicazione digitale tra cittadini e istituzioni

È sempre l’Italia ad aver ideato e organizzato il primo evento a livello internazionale, il PA Social Day appunto, dedicato alla comunicazione e informazione digitale, che coinvolge 18 città in contemporanea, centinaia di esperti, enti e aziende pubbliche e private. Un evento che quest’anno, alla sua terza edizione (completamente digitale a causa dell’emergenza), ha raggiunto oltre 150.000 persone con più di dodici ore di diretta web e social.

Il nostro Paese, fortemente colpito dall’emergenza, ha saputo offrire una risposta importante nel campo della comunicazione e informazione pubblica, in particolare attraverso le piattaforme digitali, con centinaia di professionisti che sono riusciti a implementare e sostenere l’attività delle fonti ufficiali, che hanno contribuito a isolare le fake news, promosso uno scambio costante di materiali e informazioni utili, supportato un’ampia attività di diffusione delle notizie corrette e della sensibilizzazione dei cittadini, promosso e supportato campagne di raccolta fondi e donazione del sangue per il Sistema Sanitario Nazionale. E così è anche per la Fase 2 e per le fasi che seguiranno; così sarà per la “normalità”, perché anche da qui passa un pezzo importante della ripresa del nostro Paese e del rapporto, anche futuro, tra cittadini e strutture pubbliche e private.

Perché se c’è un elemento positivo nel difficile momento che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo per l’emergenza COVID-19, è sicuramente l’enorme faro acceso sulle potenzialità del digitale. Le crisi si portano sempre dietro anche delle occasioni di cambiamento e miglioramento. Il digitale dovrà necessariamente essere ancora più al centro della ripresa e del mondo post emergenza.

 

Che cosa manca per consolidare la svolta digitale dopo la spinta del COVID-19?

Tornando un passo indietro, quindi, possiamo dire di aver raggiunto tutti gli obiettivi? Sicuramente no. Resta molto lavoro da fare, perché quello di cui stiamo parlando è prima di tutto un profondo passaggio culturale, accelerato dall’emergenza, ma che richiede tempo e gambe forti su cui poggiarsi. Come già detto il nostro Paese è ricco di buone pratiche: può contare su tantissimi giornalisti, comunicatori, social media manager ed esperti di digitale, che portano avanti un lavoro straordinario per offrire comunicazione, informazioni, servizi ai cittadini attraverso il web, i social network, le chat, l’intelligenza artificiale; ma l’Italia si basa ancora troppo sulla buona volontà, l’entusiasmo, l’intraprendenza di queste persone.

Manca ancora un vero e proprio sistema che renda tutto questo scenario la normalità, che assegni finalmente centralità e il giusto ruolo a chi già svolge questo lavoro, ma anche percorsi chiari e definiti di studio, aggiornamento, professionalizzazione per chi ha la voglia e l’ambizione di fare questo mestiere. Il passaggio culturale porta con sé tutto il resto, e tante questioni aperte su cui dobbiamo continuare a lavorare con convinzione: le competenze, una nuova organizzazione del lavoro (l’emergenza ha finalmente sbloccato il dibattito sullo smart working, con la speranza che non torni a essere un argomento di nicchia), i tempi, gli strumenti, i linguaggi.

La nuova legge è fondamentale, ma non basterà se resterà sola. Servirà non solo una “manutenzione” costante, ma anche insistere sulla strada dell’innovazione continua, della divulgazione e scambio di buone pratiche, della formazione e dell’aggiornamento, della ricerca, per rispondere al meglio alle richieste dei cittadini e mantenere un primato che oggi deve renderci orgogliosi di esperienze social di alto livello su Facebook, Instagram, Twitter, LinkedIn, YouTube, TikTok, e in chat su WhatsApp, Telegram, Messenger.

L’ulteriore salto di qualità nella comunicazione e informazione pubblica digitale sta nel dialogo (c’è già chi lo gestisce e anche molto bene, ma restano ancora casi per cui è utile diffondere una “cultura della risposta” tra enti e aziende pubbliche). L’emergenza ha per necessità accelerato anche questo. Lavorare con qualità sull’interazione è e sarà fondamentale per rendere effettiva la centralità del cittadino nelle politiche di comunicazione e informazione pubblica e nel nuovo rapporto con la PA.

 

 

Photo credits: www.digitaltouch.co.uk

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