Contagio: infortunio sul lavoro o malattia professionale? Parola agli infermieri

Il coronavirus ha sconvolto il Paese, evidenziandone le debolezze ma esaltando allo stesso tempo la forza e la combattività di chi in questo momento continua a lavorare, non per mero ritorno economico, ma per una necessità collettiva. È il caso degli infermieri e del personale sanitario, impegnati in prima linea contro il virus; un impegno […]

Il coronavirus ha sconvolto il Paese, evidenziandone le debolezze ma esaltando allo stesso tempo la forza e la combattività di chi in questo momento continua a lavorare, non per mero ritorno economico, ma per una necessità collettiva.

È il caso degli infermieri e del personale sanitario, impegnati in prima linea contro il virus; un impegno che li vede rischiare costantemente, come testimoniato da Salvatore Falcone, Rsu dell’azienda Usl di Bologna e componente del gruppo Infermieri in ordine.

 

Coronavirus: infermieri in sovraccarico, mascherine irreperibili. E la sicurezza passa in secondo piano

“La situazione è molto triste, per noi tutti è una novità affrontare questo nemico.”

La testimonianza riporta come sentimento comune un forte senso del lavoro e un’unione di categoria che ha cercato di rispondere nel miglior modo possibile all’emergenza. Ma, come afferma Falcone, non si può rispondere ad un’emergenza con metodi lenti e macchinosi: “Snellire le procedure nell’approvvigionamento dei dispositivi di protezione degli infermieri è uno degli obiettivi che dovrebbe prescindere dalla complessa macchina burocratica. Nel nostro ospedale erano presenti mascherine donate che sono arrivate con un ritardo di tre giorni, inaccettabile in questo periodo”.

La sicurezza del personale, esposto a un rischio senza precedenti in tempi moderni, deve essere il primario obiettivo da raggiungere, anche facendosi aiutare dall’esterno, ma senza troppi rallentamenti procedurali che potrebbero in questo caso essere snelliti pur mantenendo garanzia di integrità e trasparenza. “All’inizio i dispositivi di protezione erano insufficienti, siamo andati allo sbaraglio. Oggi la situazione è un po’ migliorata, ma gli operatori non sono ancora totalmente in sicurezza”.

Che le mascherine e altri dispositivi transitino attraverso un complesso meccanismo di bando e selezione del fornitore o che arrivino da donazione privata, sono assolutamente necessarie non solo per la tutela della sicurezza del personale, ma dell’intera società. “Sin dall’inizio abbiamo richiesto per tutti le maschere FFP2, ma non erano abbastanza. Il sovraccarico di lavoro nella prima fase è stato tremendo, solo grazie all’unione e alla solidarietà si sono ammalati solo pochi operatori.”

 

Quei tamponi necessari per la sicurezza e l’assicurazione sul lavoro

Anche in merito al reclutamento rapido, i nuovi inserimenti sono un aiuto, ma in alcuni casi possono trasformarsi in un rallentamento per la necessità di formarli. Falcone infatti conferma che dove c’è bisogno dei “numeri” possono essere utili, ma in alcuni reparti è necessaria una preparazione che si acquisisce dopo mesi di lavoro.

“È necessario che tutti gli operatori sanitari siano sottoposti a tamponi”, per garantire la sicurezza degli stessi e dei pazienti. “Siamo stati noi operatori a doverli chiedere, risalendo ai contatti avuti dal personale”. Tamponi necessari anche per le tutele assicurative: poter distinguere con certezza tra una polmonite e un’infezione da coronavirus può fare la differenza tra una malattia e un infortunio. Difatti sulle infezioni sul luogo di lavoro è intervenuto anche il c.d. Decreto Cura Italia, prevedendo in linea generale che il contagio da COVID-19 in occasione di lavoro è considerato infortunio, con diritto pertanto del lavoratore alla relativa tutela prevista dall’INAIL.

Il decreto legge stabilisce che, nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, l’interessato possa conseguire le prestazioni economiche previste dall’Inail. Tale concetto non è nuovo nell’ambito sanitario, in quanto il rischio infettivo è tra i rischi propri dell’attività sanitaria, ma in questo caso si cerca un automatismo importante e si stabilisce la non incidenza di tali infortuni sulla misura del premio assicurativo.

Sul punto è infatti intervenuto l’istituto fornendo una necessaria, e crediamo anche indispensabile, indicazione con la circolare 13 del 3 aprile 2020. Nel documento si precisa che, nell’attuale situazione pandemica, per il personale sanitario vige la presunzione semplice di origine professionale, considerata appunto l’elevatissima probabilità che gli operatori sanitari vengano a contatto con il nuovo coronavirus. Possono essere ricondotte a una forte probabilità di contagio anche altre attività lavorative che normalmente non la prevedono, ma che comportano il costante contatto con il pubblico. L’Inail prevede in maniera esemplificativa: lavoratori che operano in front-office, alla cassa, addetti alle vendite/banconisti, personale non sanitario operante all’interno degli ospedali con mansioni tecniche, di supporto, di pulizie, operatori del trasporto infermi, e altri. Anche per tali professioni, ma non solo, è previsto il principio della presunzione semplice valido per gli operatori sanitari.

Senza tamponi però non vi può essere una tutela semplificata: difatti anche l’Inail specifica l’importanza di acquisire la certificazione dell’avvenuto contagio, in quanto solo al ricorrere di tale elemento, assieme all’altro requisito dell’occasione di lavoro, si perfeziona la fattispecie della malattia-infortunio.

Altro aspetto sottolineato anche dall’Rsu Falcone è quello psicologico: “La loro solitudine è anche la nostra”. I malati vivono la malattia isolati da familiari, e a questi si sostituiscono, con un’umanità eccezionale, infermieri e altro personale sanitario. Reggere lo stress correlato a questo momento è però difficile. Lo è per chi vive da solo il suo isolamento; figurarsi per chi, oltre a quello, deve condividere i dolori altrui. Anche questo aspetto, a seconda dell’evoluzione della pandemia, dovrà essere valutato per comprenderne i risvolti sia da un punto di vista sociale che lavorativo. Tutto questo però non getta nello sconforto gli operatori che, consci della loro missione, fanno quadrato e si proteggono e sostengono tra di loro.

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