Fileni, i polli non tornano: morie improvvise e controlli incrociati

Il nuovo volto dell’azienda marchigiana non ha allontanato i dubbi sul suo operato: si parla di emissioni di ammoniaca oltre i limiti e di un’ecatombe sospetta di 240.000 polli, con l’impresa sottoposta alla revisione del suo titolo di B Corp e a un’indagine per sversamento da parte dei carabinieri forestali

05.01.2024
I polli allevati in uno stabilimento Fileni

Predicare bene e razzolare male? C’è discrepanza tra le intenzioni dichiarate e le azioni effettuate dal gruppo Fileni, terzo produttore italiano di carni avicole da oltre 500 milioni di fatturato l’anno. L’azienda è stata denunciata negli anni scorsi dagli attivisti del comitato per la Vallesina, che da anni si batte contro gli allevamenti intensivi del gruppo, la cui sede storica si trova in località Cerrete Collicelli, a Cingoli (Macerata).

Le denunce sono state riportate tre anni fa da SenzaFiltro, e in seguito sono approdate a gennaio sul piccolo schermo grazie alla trasmissione Rai Report. Uno scossone che ha costretto l’azienda a replicare alle accuse lanciate dalla trasmissione, con una pagina dedicata sul sito aziendale dal titolo “Parlano i fatti”. È stato l’avvio di una nuova campagna di rilancio dell’immagine pubblica: Fileni ha cambiato strategia comunicativa e ha fatto ricorso al al risk management, ma ha anche tolto all’istante il budget pubblicitario destinato ai canali Rai, per poi destinarlo al nuovo accordo con la nazionale di calcio.

Abbandonato il claimFileni Bio” (il totale dei polli bio prodotti è l’11%, in base alle dichiarazioni pubbliche del vicepresidente Massimo Fileni di fronte alle imprese B Corp italiane), per una campagna pubblicitaria con un budget stimato di cinque milioni di euro, la società ha annunciato lo scorso marzo un accordo quadriennale con la FIGC (Federazione Italiana Gioco Calcio), diventando partner commerciale e fornitore di carni bianche alla nazionale di calcio. I numeri dell’accordo finanziario Fileni-FIGC non sono stati palesati in chiaro, ma è noto che la federazione ha raggiunto nell’ultimo bilancio presentato 56.800.000 euro di ricavi da pubblicità e sponsorizzazioni, con un incremento di dieci milioni di euro rispetto all’anno precedente.

Con il volto di Matteo Pincella, giovane nutrizionista della nazionale azzurra che si diverte a mostrare il dietro le quinte di Coverciano dicendo che gli allenamenti iniziano a tavola, l’azienda marchigiana ha sdoganato il nuovo claim “Fiducia e impegno”. L’obiettivo, con ogni probabilità, è lavare via le conseguenze dello scandalo degli allevamenti intensivi di polli; un vero e proprio green washing mediatico, con una campagna crossmediale partita ufficialmente da qualche settimana e rilanciata anche sugli account social aziendali.

Puzza di ammoniaca dagli stabilimenti? Fileni aumenta i profumatori. I residenti: “A rischio la nostra salute”

Dal cuore del territorio delle Marche, però, sembra che il nuovo corso Fileni sia diverso da quanto rilanciato dagli spot. Di nuovo è il comitato per la Vallesina a sollevare dubbi sull’effettivo cambio di rotta negli allevamenti del territorio marchigiano, denunciando sospetti relativi al benessere animale per la morte di 240.000 polli. Inoltre, livelli di ammoniaca eccessivi sono stati rilevati nello stabilimento di Ponte Pio a Jesi.

“I residenti nei pressi degli stabilimenti Fileni hanno trascorso un’estate infernale a causa delle puzze emesse dagli stabilimenti”, denuncia Andrea Tesei, storico attivista del comitato. “L’ARPAM nell’ispezione a Ponte Pio del 4 settembre rileva come per far fronte alla puzza degli allevamenti la Fileni ha provveduto ad aumentare il dosaggio dei profumatori. Appare incredibile come l’ARPAM avalli il comportamento di Fileni, che con i profumatori non elimina il problema della puzza, e soprattutto non interviene su quello che la puzza rappresenta, cioè l’alto livello di ammoniaca e la pericolosità che rappresenta”.

Gli attivisti denunciano alcune incongruenze su quanto scrive riguardo alla puzza dello stabilimento il dottor Filonzi, responsabile dell’unità operativa complessa ISP ambiente e salute dell’azienda sanitaria territoriale di Jesi: “Da una parte scrive che ‘è indubbio che l’attività emette odori molesti in modo discontinuo, che conferma la veridicità delle segnalazioni e l’effettivo disagio che le emissioni dell’allevamento cagionano’, e dall’altra riportando una pubblicazione del 2003 dichiara che ‘le emissioni provenienti dalla attività zootecnica non hanno mostrato rischi evidenti per la salute umana’, non tenendo conto delle centinaia di studi scientifici che provano come l’ammoniaca (principale tracciante della puzza), sia alla base della formazione delle polveri sottili e di come sia appurato che i cattivi odori influiscano sulla salute e sul benessere delle persone”.

“Dai due tavoli tecnici fatti in Regione sull’argomento risultano poi evidenze di come le rilevazioni dell’ammoniaca effettuate in una brevissima campagna dell’Igienstudio superino i livelli dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) e di come il sistema di mitigazione degli odori non sia idoneo.”

La notizia “nascosta” della moria di polli: le autorità minimizzano

In precedenza, ricorda Tesei, il comitato si era occupato della situazione dello stabilimento di Ripabianca, contestando il metodo utilizzato per le rilevazioni. Adesso l’attenzione è sullo stabilimento di Cannuccia, dove lo scorso ottobre, a causa di un furto di rame che ha interrotto l’erogazione della corrente elettrica al sistema di aerazione, sono morti 240.000 polli, notizia resa pubblica a circa un mese dall’accaduto.

“I conti non tornano. Il comitato per la Vallesina era a conoscenza della moria dei polli già da molti giorni e aveva inviato una lettera alla AST di Ancona e al Comune di Jesi in data 17 ottobre, informando che da voci non confermate era venuto a conoscenza sia di episodi di salmonella, avvenuti nel mese di luglio, che della morte di un numero molto alto di polli avvenuta intorno al 10 ottobre. Alla lettera il sindaco di Jesi ha risposto con una sola riga, dicendo di non aver avuto alcuna notizia dalle autorità di controllo, mentre la AST affermava che a luglio, nelle tre settimane precedenti la macellazione, non veniva riscontrata la presenza di ‘salmonelle rilevanti’. Per quanto riguarda la morte di un gran numero di polli, questa secondo la AST è avvenuta per cause diverse da quelle sanitarie”.

Riguardo alla morte dei polli Tesei rileva alcune criticità: in primis il motivo per cui la notizia sia uscita con un mese di ritardo con le carcasse dei polli già avviate allo smaltimento, in secondo luogo quale protocollo sanitario sia stato seguito dall’AST per verificare le cause della morte dei polli, esaminando tutte le possibili ipotesi ed effettuando tutti i controlli.

“Ci sono degli aspetti che non capiamo”, incalza Tesei. “Uno di natura qualitativa: in un periodo in cui le temperature sono piuttosto basse, il sistema di mancato funzionamento degli aspiratori non può causare l’asfissia se non dopo un lungo tempo. Tutti gli impianti Fileni sono gestiti da remoto, per cui la centrale operativa ha di certo avuto nell’immediato l’informazione che nell’allevamento non ci fosse elettricità. Sarebbe bastato aprire manualmente le finestre per creare il ricircolo dell’aria ed evitare la morte dei polli. Come fanno a morire tutti quei polli in poche ore? La vicenda è molto intricata, evidenziando delle possibili debolezze sulla progettazione degli impianti, che in casi del genere non sarebbero in grado di tutelare il benessere animale. Peccato poi che l’incidente si sia verificato proprio alla fine del ciclo di allevamento, con i polli pronti per essere macellati: il ciclo di allevamento da quanto dice l’AST era iniziato il 15 agosto, e pertanto il 9 ottobre erano trascorsi esattamente i 55 giorni necessari al completamento dei broiler (pollo ad allevamento rapido, N.d.R.) allevati con metodo convenzionale”.

Per Fileni i polli sono morti perché “i danni sono risultati di tale entità da richiedere una lavorazione prolungata, della durata di diverse ore da parte del personale specializzato, al fine di consentire il ripristino dei cavi elettrici di collegamento alla cabina di media tensione e al generatore di emergenza”. Tesei evidenzia inoltre numeri discordanti, con una differenza di 100.000 polli morti – inizialmente 240.000, poi 140.000 – oltre alla mancata entrata in funzione dei gruppi di continuità di cui sono dotati gli stabilimenti.

“Siamo di fronte a un vero e proprio sistema in cui da una parte le autorizzazioni vengono concesse senza un’analisi attenta e seria dei parametri delle emissioni, e dall’altra gli organismi di controllo – AST e ARPAM – non compiono il loro dovere. Fileni ha preso grazie agli aiuti di Stato 30 milioni di euro per il COVID-19 e altri 30 milioni di euro per la guerra in Ucraina; avrebbe dunque delle precise responsabilità sociali”, denuncia l’attivista del comitato per la Vallesina.

La Fileni sottoposta a verifica da B Corp e carabinieri forestali

La Fileni è sotto procedura di revisione della certificazione B Corp. Nel 2021 era stata la prima azienda ad averla ottenuta nel settore carni; la certificazione è rilasciata da un ente no profit, B Lab, che qualifica le imprese dagli alti standard di responsabilità sociale e ambientale, che fanno della trasparenza e della sostenibilità asset strategici.

Nel documento di rilevazione riportato sul sito B Lab, datato 24 marzo, così Fileni risponde riguardo ai temi sollevati da Report. “Le immagini scioccanti della trasmissione televisiva sulle pratiche effettuate dagli operatori, filmati illegalmente nelle aziende agricole mostrano pratiche contrarie a qualsiasi nostra politica aziendale. Abbiamo subito provveduto a svolgere ulteriori corsi di formazione, per operatori sulle pratiche zootecniche da applicare negli allevamenti. Stiamo implementando, in accordo con le organizzazioni sindacali dei lavoratori, sistemi di monitoraggio per verificare la correttezza della condotta degli operatori. Per la produzione biologica restiamo a completa disposizione, per dimostrare il pieno rispetto della normativa di riferimento, in merito all’utilizzo degli spazi esterni da parte degli animali e ai tempi di vita all’aria aperta. Per le emissioni di ammoniaca nessun nostro allevamento ha mai raggiunto livelli di concentrazione di ammoniaca dannosi per l’ambiente e le persone. Livelli superiori a quelli previsti dall’Autorizzazione Integrata Ambientale sono stati raggiunti, ma ben al di sotto di qualsiasi soglia di attenzione per la sicurezza umana o ambientale. Per la catena di fornitura abbiamo rafforzato le procedure di controllo, per verificare il pieno rispetto di tutte le norme e garantire la qualità di tutte le fasi produttive”.

Il 19 dicembre i carabinieri forestali sono intervenuti a Ripabianca, su chiamata dei residenti nella zona. I militari dovranno verificare se le acque di lavaggio dei capannoni, contaminate dalla pollina, siano state sversate in un pozzetto delle acque meteoriche, che a sua volta scarica nel fiume Esino. Ricorda il comitato: “Le acque di lavaggio contaminate dalla pollina possono contenere, oltre a grandi quantità di azoto, anche metalli pesanti e altre sostanze inquinanti. Proprio per questo viene richiesta l’effettuazione di analisi chimiche prima di concedere l’eventuale spandimento nei campi come fertilizzante, ma mai può esserne concessa l’immissione diretta negli scarichi che vengono sversati nel fiume. L’allevamento di Ripabianca è oggetto anche di una procedura aperta dalla Regione Marche relativa alle emissioni di ammoniaca e odorifere. La procedura aperta da più di un anno non ha fino a ora portato ad alcun miglioramento nella qualità di vita dei residenti”.

 

 

 

Photo credits: ecoo.it

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