Giovanni Oliva: “I fondi per salvare i territori vadano a enti partecipati, non ai Comuni”

Il segretario generale della fondazione Matera capitale della cultura europea 2019, intervistato da SenzaFiltro, sull’inclusione di Monticchio Bagni nel Piano Borghi: le criticità della gestione locale dei fondi del PNRR e le poche soluzioni per dare nuova linfa ai territori.

Una regia comune, coordinata da un ente partecipato. Ha le idee piuttosto chiare Giovanni Oliva, segretario generale della fondazione Matera capitale della cultura europea 2019, sulle caratteristiche dei soggetti da coinvolgere per gestire i fondi del PNRR destinati a ogni Regione nell’ambito del Piano Nazionale Borghi. In Basilicata la volata finale se l’è aggiudicata il Comune di Rionero in Vulture, con la frazione di Monticchio Bagni che ha avuto la meglio, tra gli altri, sui progetti di Aliano e Irsina.

Proprio Irsina, paese affascinante circondato dalla produzione di grano, ha rappresentato nel recente passato un interessante esempio di riconversione. Dopo lo spaventoso crollo demografico, che ha falcidiato la popolazione del 50% tra gli anni Sessanta e il nuovo millennio (da undicimila a cinquemila cittadini), questa realtà di periferia è riuscita a rinascere grazie a una sorta di turismo internazionale che ha portato ottanta famiglie straniere a insediarsi nel borgo, anche stabilmente, e magari sfruttando le dinamiche dello smart working. Un bel mix tra pensionati e stranieri, che soprattutto sotto il profilo culturale può garantire prospettive meno incerte.

Se Aliano è invece noto come luogo di confino per Carlo Levi, ambientazione di Cristo si è fermato a Eboli, il vincitore Monticchio Bagni, scelto dalla giunta guidata da Vito Bardi, a livello nazionale è sconosciuto ai più. Un vero peccato, perché la zona di Monticchio, che conta anche le frazioni di Monticchio Laghi e Monticchio Sgarroni, dovrebbe essere citata tra i posti più belli al mondo. Due laghi vulcanici, i gemelli del Vulture, ormai spenti ma con una sorgente cristallina scelta da molti produttori nazionali di acque minerali. Una realtà che non ha mai goduto di forza turistica propositiva, pur avendone piena ragione.

Giovanni Oliva, la scelta della Regione sembra azzeccata.

La giunta regionale ha senz’altro optato per una buona opzione e tutt’altro che scontata. Sarebbe stato più semplice affidarsi a qualche progetto proposto dal centrodestra, area di maggioranza, e invece la scelta è oculata perché sposta l’attenzione dall’asse Matera-Maratea, orientandosi al contrario su di un territorio ancora poco valorizzato. Intorno a Rionero c’è grande storia, basti pensare ai castelli di Melfi o a Venosa, con tutta la narrazione sul brigantaggio lucano dell’Ottocento.

L’obiettivo, quindi, è concentrarsi sull’entroterra, ma il problema prioritario rimane: chi li spende questi soldi?

La mia esperienza, vissuta con la fondazione ma anche come direttore generale del dipartimento agricoltura della Regione, offre uno spunto chiaro: i soldi che ci sono stati messi a disposizione, non pochi, sono stati ben utilizzati perché invece di passare dagli uffici comunali o regionali sono stati dati alla fondazione stessa, per l’appunto un ente partecipato. Un soggetto pubblico, ma con accertate capacità di gestione e competenze utili per raggiungere risultati pratici ed efficienti.

Anche negli uffici comunali ci sono competenze, non si può fare di tutta l’erba un fascio.

Non è certo questo ciò che intendo. Però, se i fondi sono destinati alle singole realtà comunali, il rischio di contesa non è utopia. Se assegnati al consigliere o all’assessore di turno hai la certezza solo del presente, soprattutto con elezioni alle porte. I lavoratori dipendenti, inoltre, difficilmente si assumono responsabilità troppo importanti rispetto alla loro retribuzione mensile. Il gioco non sempre vale la candela. Al contrario, un ente partecipato è chiamato a garantire il raggiungimento di obiettivi concreti, quantomeno per posizionarsi al meglio in vista dei potenziali progetti successivi.

Come spendere i venti milioni del PNRR, nel caso di Monticchio? Forse l’aspetto più urgente è quello demografico: le tre frazioni insieme contano appena quattrocento abitanti.

Quello della popolazione è un dilemma fondamentale. Tutta la Basilicata è sempre più spopolata, perdiamo ogni anno migliaia di ragazzi. Il crollo demografico, comunque, non si risolve con i venti milioni di Monticchio Bagni. Anche il tema delle infrastrutture è estremamente correlato. Chi c’è stato sa che arrivare in Basilicata non è facile. Basti pensare che, dei 250 chilometri che separano Matera da Maratea, 180 sono di curve; quindi non è la mega superstrada da un paese all’altro che ci risolve la vita, a maggior ragione in questo contesto.

Quali sono a questo punto le priorità?

È necessario lavorare con i cittadini, provare a fornire una nuova coscienza collettiva, iniziare a proporre idee di coinvolgimento. Così il residente si sente più responsabile, verso il proprio paese e la propria terra. Credo sia opportuno dare vita a un processo di miglioramento orizzontale e non verticale, magari attraverso una grande operazione di comunicazione; spingere ovunque in maniera equilibrata, non limitarsi a supportare solo e semplicemente le strutture. Non funziona più erogare soldi a pioggia, è fondamentale immaginare operazioni di qualità, che possono riuscire oppure avere esiti negativi, ma che servono ad allenare la società civile.

Aspetto che vale, a maggior ragione, per il lavoro.

Anche qui serve lungimiranza. Investirei tantissimo nelle scuole, da lì parte tutto. Ricordo il caso di Matera 2019, dove l’alberghiero da istituto destinato a chi non aveva voglia di studiare è diventato una delle migliori scuole. Quegli stessi studenti ora prestano servizio negli alberghi e nei ristoranti della città, e anche grazie a loro Matera è riconosciuta come una delle realtà più accoglienti al mondo. Le carte principali vanno giocate nei processi formativi.

La tecnologia può essere una strada da seguire? Penso ad esempio alla rete Wi-Fi.

Non so, ritengo che lì siano necessarie competenze specifiche, dal punto di vista informatico ci sono tanti competitor finanziati dalla comunità europea che stanno lavorando da tempo, non solo da noi. Diciamocelo: oggi è difficile andare in un posto e non trovare una buona copertura di rete. E poi, come ho detto, bisogna avere competenze e capire bene come investire il capitale.

Il piccolo commercio è una via da monitorare per Monticchio Bagni e per il Piano Nazionale stesso?

I nostri paesi stanno lentamente morendo, quindi anche lì un’operazione singola non può produrre che una parentesi di un paio d’anni. Invece bisogna lavorare per aprire la comunità verso altre situazioni. Sulle piccole attività la Basilicata si sta svuotando, l’unica vera soluzione è cavalcare l’ondata migratoria, soprattutto dei popoli più in difficoltà. Penso al caso specifico degli albanesi, che nella nostra zona si sono ben insediati e che sono molto legati all’Italia. Bisogna riportare famiglie nei paesi, puntare sulle nascite, strutturare il sistema scolastico per poi immettere quei giovani nel piccolo commercio. Solo così quei soldi non rischiano di uscire.

Nel Piano è indicato che il progetto coinvolgerà il Dipartimento per le Culture Europee del Mediterraneo e la scuola di specializzazione in Beni Archeologici dell’Università della Basilicata. Come possono questi enti, nel concreto, diventare parte attiva del processo di spesa?

Quando sottolineo l’importanza di un ente partecipato in regia, è proprio per evitare che si proceda in ordine sparso, anziché valorizzare i protagonisti coinvolti. Il rischio è di vedere il professore universitario che svolge uno studio approfondito, produce un libro, lo racconta tre volte, e la cosa che finisce nel dimenticatoio così.

Leggi gli altri articoli a tema PNRR.

Leggi il mensile 111, “Non chiamateli borghi“, e il reportage “Aziende sull’orlo di una crisi di nervi“.


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