I cigni neri delle professioni

America first. Make America great again. Take back control. Ricordate queste espressioni? Sono solo alcuni degli slogan dei due eventi che hanno terremotato il quadro internazionale nel corso degli ultimi mesi. Episodi che stanno incidendo sulle relazioni politiche ed economiche dell’intero pianeta, con ricadute che ancora oggi non è possibile misurare o stimare nella loro […]

America first. Make America great again. Take back control. Ricordate queste espressioni?
Sono solo alcuni degli slogan dei due eventi che hanno terremotato il quadro internazionale nel corso degli ultimi mesi. Episodi che stanno incidendo sulle relazioni politiche ed economiche dell’intero pianeta, con ricadute che ancora oggi non è possibile misurare o stimare nella loro totalità: il naturale riferimento è ovviamente al Brexit, l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, e all’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca.

Brexit e Trump: quando tutto ebbe inizio

Ma andiamo con ordine: era il gennaio 2013 quando a Londra l’allora premier James Cameron lanciò per la prima volta la proposta di un referendum sulla permanenza del Regno Unito all’interno dell’Europa. Quella che era stata unanimemente accolta dai commentatori come una boutade, una semplice provocazione nella dialettica politica è stata poi sancita formalmente qualche anno più tardi, il 23 giugno 2016, innescando quel processo di disgregazione che oggi agita larga parte del mondo politico a tutte le latitudini: a Roma, Parigi, Berlino e Bruxelles.
Giusto qualche settimana prima, il 4 maggio 2016, Donald Trump riceveva la candidatura alla Presidenza degli Stati Uniti, nell’incredulità dello stesso partito che da lì in avanti non avrebbe potuto fare altro che assecondarlo e sostenerlo. Da allora, sino all’8 novembre, “The Donald” ha cercato in tutti i modi (senza riuscirci) di non farsi scegliere dal popolo americano, insultando le donne, i disabili, i musulmani, i genitori di un soldato caduto in guerra per salvare la vita ai propri commilitoni in Iraq, dichiarando di non pagare le tasse, di voler costruire un muro a spese del Messico, ripristinare le deportazioni degli immigrati e introdurre nuovi dazi agli scambi commerciali. Pur sfidando tutti ma proprio tutti, dalle tv ai social network, dagli ambienti finanziari ai colossi della Silicon Valley, passando per attori e rockstar, Trump è finito per diventare l’uomo più potente del pianeta.
Posti in questi termini, entrambi gli eventi sono stati uno shock per (quasi) tutti: inattesi, impossibili, imponderabili. Soprattutto non previsti da alcuno: fior di algoritmi, modelli matematici e sondaggi, prodotti anche da autorevoli istituti di ricerca e da prestigiose università, avevano clamorosamente mancato il bersaglio.
Come non bastasse, proprio quando i previsori pronosticavano un crollo del Pil britannico a seguito del Brexit, è arrivata puntuale la ciliegina sulla torta, con una crescita dell’economia superiore al mezzo punto percentuale negli ultimi due trimestri dell’anno. Il più classico degli “effetti Michael Fish”, se si paragonano le sbagliate previsioni sulle conseguenze del Brexit al celebre errore del 1987 di un meteorologo inglese di nome Michael Fish, secondo il quale ci sarebbe stata soltanto qualche pioggerella invece dell’uragano che sconvolse il paese.

Tralasciando le tante motivazioni che hanno condotto a tutti questi esiti, in gergo economico tanto il Brexit quanto l’elezione di Trump sono stati due perfetti “cigni neri”: ovvero un accidente, uno scherzo della natura. Proprio quello che gli esploratori europei hanno constatato spingendosi nel cuore dell’Australia, sicuri che tutti i cigni fossero di colore bianco: una convinzione inconfutabile, in quanto pienamente confermata dall’esperienza e dall’evidenza empirica.

I tre fattori dell’imprevedibilità

Che cosa hanno allora in comune la comparsa ai loro occhi del primo cigno nero, l’invenzione di Google, l’attacco terroristico dell’11 settembre e il crollo di Wall Street, al pari di Brexit e Trump?

Sostanzialmente tre cose.

Primo: si tratta di avvenimenti isolati, perché non rientrano nel campo delle normali aspettative.

Secondo: il loro accadimento ha tipicamente un enorme impatto sulle relazioni sociali, politiche, culturali o economiche.

Terzo: la natura umana è tale da elaborare a posteriori ragionevoli giustificazioni della loro presenza, per renderli spiegabili e prevedibili.
Ciò che rileva non sta tanto nella comparsa di nuovi cigni neri, quanto nell’accelerazione e nella moltiplicazione che si è osservata nel corso degli ultimi anni. Eppure sbaglia chi se la prende con l’accuratezza dei modelli predittivi: il tema è che il mondo è diventato più difficile da leggere ed interpretare per il livello di complessità delle interazioni e l’irrazionalità dei comportamenti, mentre gli eventi comuni, quelli che si studiano e che stanno alla base delle previsioni di ogni tipo, sono progressivamente diventati più irrilevanti.

Nel mondo del lavoro, il risultato è stato soprattutto la crisi di fiducia e di popolarità che ha investito negli ultimi tempi una ampia categoria di professioni: a pagare il conto più salato sono stati sondaggisti, economisti e sociologi. È ciò che capita sporadicamente anche ai meteorologi, accusati di non comprendere adeguatamente la dimensione di eventi atmosferici sfavorevoli. Può ancora essere affidabile, si chiedono i più, chi non è stato in grado di anticipare e cogliere tali rotture, tali discontinuità rispetto al passato?

I tempi comuni e quelli degli esperti

La spiegazione è che tutti gli esperti di settore tendono ad osservare i fenomeni dal punto di vista del macro e dell’aggregato, con una prospettiva di medio termine, mentre le persone comuni hanno orizzonti temporali diversi, tipicamente più brevi. Ed è proprio in questa intercapedine che si introducono populisti e demagoghi, sparigliando le carte ed alimentando la crescente sfiducia dell’opinione pubblica nei confronti di queste categorie. Di fronte a questa situazione, gli accademici come i professionisti ad elevata specializzazione potrebbero essere tentati di rinchiudersi in una torre d’avorio, enucleando tutto il resto alla voce ignoranza altrui. Occorrerebbe al contrario assumere un approccio più inclusivo, puntando sulla multidisciplinarietà e sullo scambio di competenze (la reiterazione di break strutturali può essere anticipata solo se si tengono in debita considerazione le conseguenze sulla società dei fenomeni economici e viceversa, analizzando le implicazioni sull’economia dei grandi trend sociali e demografici) così come sull’affinamento di nuove tecniche (più della obsoleta somministrazione dei questionari per via telefonica, sarebbe ad esempio opportuno dotarsi di una strumentazione in grado di interpretare i big data, fonte inesauribile di informazioni).

È necessario ripartire da qui per dare nuova dignità a mestieri antichi e ad elevato valore aggiunto. E magari, insieme a questo, scegliere la giusta sfera di cristallo. Del resto, come diceva John Kenneth Galbraith, “la sola funzione delle previsioni è quella di rendere persino l’astrologia un po’ più rispettabile”.

 

(Photo credits: unsplash.com/David Zawila)

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