I muscoli fragili del turismo veneto

Quando si parla di turismo veneto è diventata un’abitudine parlare anche di primati. Il turismo non è però una scienza esatta, è un insieme di molte componenti, costantemente esposto ai mutamenti sociali ed economici, alle politiche internazionali, al meteo e ai trend di mercato. Il rapporto ufficiale del movimento turistico nel Veneto nell’anno 2017, secondo […]

Quando si parla di turismo veneto è diventata un’abitudine parlare anche di primati. Il turismo non è però una scienza esatta, è un insieme di molte componenti, costantemente esposto ai mutamenti sociali ed economici, alle politiche internazionali, al meteo e ai trend di mercato.

Il rapporto ufficiale del movimento turistico nel Veneto nell’anno 2017, secondo i dati forniti dall’Unità Organizzativa Sistema Statistico della Regione del Veneto, in collaborazione con la Direzione Turismo, conferma la leadership nazionale, perché i numeri sono quasi tutti preceduti dal segno più nel confronto con gli anni precedenti: rispetto al 2016 crescono, infatti, gli arrivi (oltre 19 milioni, +7,4%), le presenze (circa 70 milioni, +5,8%), gli italiani (+ 5,2% negli arrivi e +3% nelle presenze), gli stranieri (+8,6% negli arrivi e +7,1% nelle presenze), la spesa dei turisti stranieri (+5,7%), gli arrivi nelle singole province e in ogni comprensorio (città d’arte, mare, lago, terme, montagna) e per ogni tipologia di struttura ricettiva.

L’unico dato negativo, vedendo i dati, riguarda le presenze della montagna e del settore termale. Nel primo, seppur per la prima volta si sia superato il milione di arrivi, la forte riduzione della durata del soggiorno impedisce di ottenere le presenze del passato: le presenze nella montagna, che nel 1997 duravano in media 7,5 notti, ora sono di 4,2 notti, dato attribuibile, secondo quanto detto dagli amministratori regionali, alla scarsità di neve e alle poco favorevoli condizioni climatiche nella stagione invernale degli ultimi anni. Nel termale, invece, negli anni Novanta la permanenza media era di oltre 7 notti; ora si è ridotta a 4. Ma questo settore è più o meno in crisi in tutta Italia, dopo il taglio delle convenzioni col SSN che ha decretato la fine del turismo “Qui si Sana” non si è stati capaci di convertire la strategia di destinazione valorizzando il territorio.

 

Turismo e innovazione, non soltanto una questione di tecnologia

Se però si va ad analizzare a livello territoriale ogni ecosistema (sempre che esista) ci si accorgerà che vi è diffuso malcontento e arretratezza in vari comparti. La sola Venezia è un ecosistema troppo complesso da definire in poche parole, come lo è la costa adriatica. Cortina, che vive da anni su allori oramai sfioriti in vista di mondiali e olimpiadi, o il Garda che, diviso in tre da anni, cerca la quadra per una strategia Interreg comune.
L’innovazione richiede la capacità di ibridare i vecchi mestieri col nuovo. Questo significa creare le condizioni per cui le persone vogliano, possano e infine siano in grado di co-costruirla traendone vantaggio. L’innovazione co-costruita (o partecipata) è approccio radicalmente diverso da quelli a cui ci si è abituati: non è solo metodo standardizzato che rifugge dalla tentazione di portare soluzioni esogene per lasciare invece che siano i destinatari a scrivere la storia del loro futuro. Ma questo non basta; per risolvere davvero i problemi di un territorio occorre anche uscire dalla miopia che vede il problema dell’innovazione nel turismo circoscritta in sé, per guardarlo inserito in un contesto più ampio. Ci si è abituati ad aspettare che le soluzioni piovano dal cielo, senza maturare la capacità di costruire le condizioni di mutamento dal basso.

Sarà necessario interrompere l’attuale status quo e la troppa frammentazione territoriale. La politica avrà necessità di ibridarsi con la capacità di costruire impresa, sposando un modello di gestione industriale. La macchina del turismo di destinazione è oggi diffusamente rappresentabile come una cristalleria, notoriamente un luogo dove ci si deve muovere con estrema delicatezza. Vietato è quindi l’ingresso agli elefanti: fuor di metafora, l’elefante per me è l’innovazione intesa quale processo eterodiretto top-down, la consulenza venduta fine a sé stessa e il campanilismo degli “equilibri locali”. Le molteplici e differenti fazioni che compongono in modo disgiunto e disomogeneo il sistema turistico sono rappresentate dai cristalli in bella mostra sugli scaffali: con un movimento azzardato si rischia di rompere tutto.

Già l’aver identificato una serie di figure di differente natura scopre la prima debolezza: troppe teste che pensano e agiscono in autonomia non avranno mai visioni, obiettivi e strategie comuni, finché non si introduca un catalizzatore. Questo può essere rappresentato da una governance forte, un piano strategico necessariamente partecipato a livello regionale avente obiettivi e strategie comuni. Finché si continuerà a pensare che questo non è ottenibile – ma lo è – il problema non sarà mai affrontato e risolto.

Spesso l’innovazione è percepita come l’adozione di nuove tecnologie. Nel turismo è ancora troppo radicato il credere che tutto debba iniziare da questo. Certo è un fattore abilitante e facilitante in molti casi, ma non basta: la tecnologia deve essere un punto di arrivo, non di partenza. Non capire questo, oltre che illusorio, penso sia piuttosto ingenuo. Nonostante sia sotto gli occhi di tutti, pochissimi amministratori cercano di cambiare questo dato; personalmente lo definisco “supermercato della finta innovazione”. Guardiamo alle OLTA, ad esempio, che alla loro base hanno una strategia di frammentazione del sistema turistico locale, esclusivamente B2C, a cui gli operatori sono costretti ad affidarsi per fare mercato, con quote enormi di PIL (ricavi e gettiti fiscali) che vanno verso stati esteri. Questo succede per carenza di competenze e managerialità, di una visione d’insieme da industria del turismo.

 

Turismo veneto: molte leggi, poche informazioni

Regione Veneto, però ha fatto più che un ragionamento in tal senso, maturando già da qualche anno la convinzione che questo gap fatto di frammentazione territoriale di un ecosistema molto vasto e variegato (mare, pianura, città d’arte e montagna), la mancanza di una strategia integrata convergente e la situazione di “non sistema” andava seriamente affrontato e risolto.

A giugno 2013 è stata promulgata la nuova legge regionale sul turismo: Legge regionale 14 giugno 2013, n. 11 “Sviluppo e sostenibilità del turismo veneto”. È stata definita una “legge cornice” dal legislatore, volutamente leggera, i cui dettagli normativi sono stati affidati alla Giunta Regionale tramite le DGR (Delibere di Giunta). Il motivo stava nel fatto che modificare una DGR era molto più semplice che modificare una legge. Si è introdotto il sistema turistico tematico (STT), a sostituzione del sistema turistico locale (STL): l’STT era l’ambito territoriale omogeneo in termini di tipologie turistiche e specializzato in termini di presenza di risorse turistiche. I Comuni del Veneto non si sono più trovati raggruppati per STL, bensì per tematismo. A tale scopo la Giunta Regionale ha individuato per ogni Comune il tematismo di appartenenza.

Con il DGR 2286/2013 c’è stata anche l’istituzione dell’Organizzazione di Gestione della Destinazione Turistica (OGD o DMO), soggetto deputato al governo della destinazione turistica. Con la Legge Regionale DGR 1361/2014 si sono istituiti i Consorzi di Imprese Turistiche; esclusivamente privati e con scopo di lucro, quindi a carattere commerciale. Il Servizio di Informazione e Accoglienza Turistica (IAT) viene quindi svolto da gestori pubblici o in subordine da privati; in via prioritaria dalla OGD, dove presente; in seconda istanza dall’amministrazione comunale della destinazione, dall’unione di Comuni, dalla provincia. Sono state individuate due forme di IAT: lo IAT di Destinazione per i Comuni ad alta “vocazione turistica”, e lo IAT di Territorio per i Comuni a bassa “vocazione turistica”.

Durante questa fase di riorganizzazione, credo che Regione e province (prima della loro soppressione: una fase molto concitata in cui trovare il fil-rouge non è stato facile) non abbiano dato adeguata importanza a un progetto di continuità del comparto di Info-Promozione, che di fatto non poteva creare disservizi all’esterno. Questo però ha causato una frammentazione globale dell’accoglienza e della promozione turistica, che ha avuto come conseguenza anche un forte drenaggio di personale. In molti all’epoca hanno ipotizzato quasi che il Veneto volesse imitare l’Austria con i DMO/OGD, anche forse sull’influenza della corrente di cambiamento operata dal Trentino, che ha introdotto anch’esso il DMS provinciale, con una struttura organizzativa però già diversa e più consolidata con le 14 APT d’ambito. L’Austria è spesso presa quale modello virtuoso di sviluppo nel turismo; troppo spesso senza tenere conto della realtà dei fatti, di uno sviluppo iniziato molti anni prima, con una forte componente di cultura diffusa dell’accoglienza con forte motivazione e coesione territoriale. Un modello radicato che difficilmente trova paragone e applicabilità “copia-incolla” sul territorio italiano.

 

Dare coesione al territorio

Nell’ambito del progetto di consolidamento/potenziamento della rete dei predetti IAT della Regione del Veneto (denominato “Regio.IAT 3.0”) dal dicembre 2013 si è riservato il coordinamento della rete degli Uffici di Informazione e Accoglienza Turistica – IAT, disponendo un processo di implementazione di un sistema IDMS (Internet Destination Management System). Processo che l’Amministrazione ha concretizzato con la definizione di un bando europeo molto dettagliato, con l’obiettivo di acquisire un unico strumento all’altezza che permettesse di gestire in modo integrato informazione, accoglienza, promozione e commercializzazione (intesa in senso lato, ma strutturabile on demand nello strumento) .

Quindi non si è cercato un semplice content management system (CMS) o un sistema di booking, ma uno strumento articolato che permettesse l’applicabilità di logiche di interoperabilità sia istituzionale (fra tutti i soggetti istituzionali del turismo), sia territoriale (fra le diverse aree geografiche), sia di prodotto.

A oggi 75 uffici di accoglienza turistica (IAT) dislocati in 58 diverse località del Veneto gestiscono in modo coordinato le informazioni relative a eventi e punti di interesse, evitando duplicazioni in inserimento e dialogando tra di loro per offrire agli ospiti un’informazione completa da qualsiasi punto del territorio. Diverse DMO, Marchi d’area e reti di impresa, grazie all’adozione del sistema fornito dalla regione anche per le funzioni di promo-commercializzazione, hanno preso coscienza della necessità concreta di avviare processi di organizzazione del territorio e degli operatori a vari livelli per evolversi, al fine di gestire lo sviluppo turistico e i prodotti senza subire l’influenza di soggetti esterni motivati solo dalla logica del profitto.

Lo sviluppo del turismo esperienziale ad esempio, termine oggi molto usato ma ancora incompreso, sia nel significato che nelle azioni da adottare per ottenerlo. Trasformare il territorio in risorsa, creare rete e sistema di operatori, strutturare un marketplace territoriale, portare il singolo prodotto e i servizi sul banco virtuale delle vendite è questione molto tecnica e complessa. La maggior parte della gente, ingenuamente, confonde l’esperienza con il servizio; la singola escursione, per capirsi.

Strategia a oggi invece contraria per Regione Lombardia e la sua agenzia Explora, se vogliamo fare un paragone, che seppur non abbia ancora un vero sistema integrato di gestione a livello regionale, per la commercializzazione si è affidata a un gigante delle vendite online, scelta da molti criticata e oggetto di frequenti dibattiti tra addetti del mestiere e categorie.

 

Il piano regionale del turismo veneto e le sfide del futuro

Parallelamente all’acquisizione dello strumento, Regione Veneto ha avviato un percorso partecipato sviluppato su cinque tavoli tematici (prodotti, infrastrutture, turismo digitale, accoglienza e capitale umano, promozione e comunicazione, ai quali si è poi aggiunto un sesto legato alla governance) con oltre venti incontri e più di cento organizzazioni coinvolte per la definizione del Piano Strategico del Turismo Veneto (PSTV) che accompagnerà la Regione nei prossimi tre anni. Innovazione, trasversalità e accoglienza diffusa sono le parole d’ordine per il futuro del progetto denominato The Land of Venice.

Il piano è stato presentato lo scorso 24 ottobre a Venezia dal Presidente Luca Zaia e dall’Assessore al Turismo Federico Caner. Un’esposizione importante e molto dettagliata, più sul modello del convegno che della conferenza stampa, della durata di sei ore, in cui sono state presentate le linee guide e una macro sul piano pluriennale di investimenti. In occasione della BIT 2019 sarà inoltre presentato ufficialmente il nuovo portale regionale del turismo Veneto.eu, sul quale sarà presente tutta l’offerta turistica regionale, gestita in modo integrato tramite il sistema di destination management.

Personalmente ritengo che Regione Veneto abbia imboccato la giusta via per il processo di industrializzazione del sistema turistico regionale. Ora starà ai molti territori coinvolti, ai singoli amministratori e alla volontà di tutti gli operatori fare del proprio meglio per riuscire a evolvere, in ottica di cultura d’impresa. Questa sarà indiscutibilmente la sfida più grande da affrontare.

 

Photo Credit By jakob-owens, unsplush

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