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Il Lato A di Antonio Ornano
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Antonio Ornano, spezzino di nascita ma genovese di adozione, è noto al grande pubblico per le sue crudissime lezioni sul mondo animale con cui si è fatto conoscere a Zelig; o come il marito della “crostatina”, che racconta a suo modo le vicende della vita di coppia. Come spesso accade nel mondo dello spettacolo, dietro un personaggio azzeccato che regala improvvisa notorietà c’è tanto studio, tanta gavetta e tanto sacrificio. Il caso di Antonio non fa eccezione. Ma questa è la fine del racconto: per iniziare dobbiamo fare un passo indietro.
I primi ricordi musicali di Antonio sono legati alla famiglia e ai viaggi in macchina. All’epoca non c’erano molte possibilità di decidere quale musica si dovesse ascoltare, per cui dal mangianastri della Fiat 1100 uscivano le note delle canzoni che il papà aveva insindacabilmente scelto come colonna sonora del viaggio. Si ascoltava tanta musica classica, che Antonio detestava; e poi Samarcanda di Vecchioni e le canzoni di Battiato, che aveva appena inciso La voce del Padrone. Così a tredici anni la possibilità di acquistare autonomamente la prima musicassetta ha costituito un momento importante nella sua educazione musicale.
In realtà la scelta cadde su musica tremendamente commerciale: la compilation Saint Vincent ’84, acquistata a dirla tutta per conquistare una ragazzina dodicenne che gli piaceva da morire, che amava i Dead or Alive e che, ovviamente, non lo corrispondeva. A guardarla ora quella compilation così disprezzata non era poi così male: in mezzo a meteore e vari artisti dance comparivano anche band come i KING, gli inglesi XTC e i primi Depeche Mode.
Dopo USA for Africa, il primo disco di una band fu invece Arena dei Duran Duran, e se due indizi fanno una prova appariva evidente fin da allora quanto fosse forte il condizionamento dell’universo femminile nella sua scelta musicale. Ovviamente Antonio veniva rimbalzato di continuo, ma in quel periodo di esplosione ormonale ed emotiva la musica pareva essere un comodo ed efficace alleato per l’approccio a un mondo ancora da conquistare.
Anche negli anni successivi la musica è rimasta collegata alla macchina e ai viaggi, come quelli con il fratello più grande del suo migliore amico che per primo gli fece ascoltare gli Smiths, poi divenuti uno dei suoi gruppi preferiti con i Man At Work e i Police. In quel periodo, nel brano degli Smiths There Is A Light That Never Goes Out, Antonio ha ascoltato quello che considera il più bel verso d’amore mai scritto:
And if a double-decker bus
Crashes into us
To die by your side
Is such a heavenly way to die
La parentesi hard rock invece è iniziata quando Antonio è andato al cinema a vedere Ritorno al Futuro. C’è una scena in cui Marty Mcfly, il personaggio interpretato da Michael J. Fox, si trova nel passato e deve convincere il padre a prendere coraggio e invitare la madre al ballo, altrimenti lui non sarebbe mai nato; così gli mette le cuffie del walkman. Sulla musicassetta c’era un nome scritto a mano con un pennarello nero: Van Halen.
Da quel momento Antonio si è appassionato e, come fa ogni volta che conosce una nuova band o uno stile musicale, ha iniziato ad ascoltare tutta la discografia ripercorrendone al contrario la storia. Dai Van Halen agli Aerosmith e ad altre band il passo è stato breve, e in poco tempo si è trovato a risalire alle origini del rock e ai Led Zeppelin.
Ai Van Halen è legato un altro bellissimo ricordo. In quel periodo l’Italia intera si fermava poco prima di pranzo per vedere la seconda manche dello slalom speciale o del gigante in cui scendeva Alberto Tomba. Senza sapere bene come nacque una simpatica superstizione: se durante la discesa Antonio ascoltava Jump!, Alberto vinceva.
Dopo il liceo classico, mentre la sua cultura musicale cresceva esponenzialmente passando dal Brit Pop di Blur e Oasis al rock degli Who, dai Dire Straits a Eric Clapton (che con cinque concerti live sarebbe diventato il più visto), Antonio nel frattempo era impegnato con successo nel non dare esami a giurisprudenza. Infatti ogni scusa era buona per dedicarsi ad altre attività e per elevarsi dal punto di vista culturale e umano.
In realtà la causa radice che lo ha portato a prendere un foglietto scritto a mano con la pubblicità di un laboratorio di teatro era la stessa che aveva orientato le sue scelte anni prima: un focus costante sulle ragazze (anche se, ora che ci penso, mi pare che a me l’abbia raccontata diversamente). Ma in quel laboratorio Antonio ha incontrato persone che l’hanno fatto appassionare al teatro, e che hanno visto in lui, e prima di lui, quella scintilla. Il teatro si sarebbe rivelato un gioco talmente affascinante da diventare il suo mestiere. E poi con il primo obiettivo non aveva sbagliato di tanto: proprio in quel corso di teatro avrebbe conosciuto sua moglie.
La canzone che le dedica è One Headlight dei Wallflowers, la band di Jacob Dylan: una delle pochissime sulle quali convergono i loro gusti musicali, di norma agli antipodi. Per chiederle di sposarlo, invece, ha scelto un altro brano: furono le note di Billie Holiday a illuminare la scena di Antonio, in ginocchio con il mangianastri acceso nella soffitta, cinque piani di scale a piedi e un po’ di fiatone, qualche topolino come testimone e una vista mozzafiato di Genova.
Uno dei momenti più importanti della sua vita. Ma è meglio sentirlo in podcast dalla sua viva voce!
Il Lato B in azienda
Per questi motivi Antonio ha un doppio punto di vista per raccontare il mondo del lavoro: da sempre pragmatico sostenitore della teoria del doppio binario, ha lavorato in azienda, e solo da quattro anni vive della sua professione di attore comico e, in minima parte per il poco tempo, di formatore.
Dopo circa quindici anni alla Confcommercio di Genova, ha avuto la possibilità di trasformare la sua passione in un lavoro riuscendo però a non perdere quell’amore per il proprio mestiere che non fa sentire la fatica. Come per uno scherzo del destino l’occasione gli è arrivata a 33 anni, proprio quando aveva deciso di prendersi una pausa e dedicarsi full time all’azienda.
Ma la canzone che meglio racconta la sua visione del lavoro è Badlands, un pezzo storico del Boss, che Antonio conosce per caso quando un suo carissimo amico lo porta nel 2009 a Torino a vederne il live. Lui è l’emblema della passione e del lavoro. Pur dichiarando spesso di parlare della working class non ha mai lavorato un giorno in vita sua, almeno nel senso tradizionale del termine: sul palco porta verità, impegno e realtà. La stessa verità che a volte manca nella lettura dei ruoli in azienda. La passione infatti si trasmette, e se si crede in ciò che si comunica l’interlocutore lo percepisce, a volte anche al di là della forma.
Nel mondo del lavoro si tende a essere del tutto conformi al proprio ruolo, cosa che ha perfettamente senso ma che, quando esasperata, porta fuori dalla realtà e lontano dalla verità. In fondo il paradosso del mestiere di attore è proprio quello di essere vero.
Il viaggio musicale nelle aziende continua.
Credits:
Snooky Records Studio by Marzio Francone
Unsplash.com. Saxophone by A. J. O’Reilly
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