Il terremoto siamo noi

“Ci riprenderemo a colpi di vincisgrassi, ciauscolo e Varnelli“. E’ questo lo slogan che ha fatto il giro dei social network all’indomani dei quattro terremoti che hanno devastato nei mesi scorsi il centro Italia. Questi tre prodotti sono bandiere gastronomiche delle Marche, la regione più colpita dai sismi, che hanno avuto l’apice nelle scosse del […]

Ci riprenderemo a colpi di vincisgrassi, ciauscolo e Varnelli“. E’ questo lo slogan che ha fatto il giro dei social network all’indomani dei quattro terremoti che hanno devastato nei mesi scorsi il centro Italia. Questi tre prodotti sono bandiere gastronomiche delle Marche, la regione più colpita dai sismi, che hanno avuto l’apice nelle scosse del 24 agosto, del 26 e del 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio scorso, con circa 55mila scosse complessive stimate dall’Ingv, a partire da agosto. La pasta al forno tipica delle Marche, il salame morbido spalmabile delle zone tra Visso e Camerino, il liquore di erbe a cui molti non rinunciano per “correggere” il caffè si gustano sulle tavole di molti italiani. Dalle colline dell’entroterra ferito dal sisma nascono prodotti a denominazione di origine controllata o indicazione geografica protetta, come le lenticchie di Castelluccio di Norcia, seminate anche nella parte marchigiana dell’altipiano a Castelsantangelo sul Nera (Mc), la patata rossa dell’altipiano di Colfiorito che insiste per gran parte nel territorio di Taverne di Serravalle di Chienti, lo stesso ciauscolo. Tra le carni si trovano il vitellone bianco e l’agnello Igp, tra i vini il Verdicchio di Matelica Docg, sempre in provincia di Macerata.

Il terremoto dei territori

Alla devastazione materiale si aggiunge il legato ai prodotti tipici locali, con un crollo pari ad oltre il 90 per cento del mercato, acuito dal fortissimo calo di presenze turistiche, dallo spopolamento per il trasferimento degli sfollati lungo la costa, dai ritardi nella realizzazione di alloggi temporanei di emergenza e stalle. Una regione “campione” di enogastronomia e prodotti tipici le Marche, di cui molti sono esportati in altre zone d’Italia e del mondo. Al di fuori dei prodotti di origine protetta, negli anni sono stati riscoperti dal mercato il tartufo nero estivo, cosiddetto scorzone (tuber aestivum) che per il 70 per cento circa della produzione totale si trova nell’entroterra maceratese tra Camerino e Visso, antichi legumi come il farro e la roveja. Nella zona collinare tra Camerino e San Ginesio (Mc), da diversi anni ha ripreso vigore il mercato di produzione dello zafferano, antica spezia nota per le sue proprietà curative. L’olio di Coroncina è noto tra i frequentatori dei Monti Azzurri, così come la mela rosa dei Sibillini, varietà piccola e saporosa di questo frutto. Visso ispira il nome alla razza ovina originaria del luogo, la pecora sopravvissana, varietà resistente all’ambiente montano, ottima fornitrice di carne, latte e lana.

Nell’antica terra della Sibilla, la cui leggenda è stata immortalata da Andrea Da Barberino nel “Guerrin Meschino”, uno dei vari esempi di un vastissimo patrimonio culturale immatariale millenario la cui tradizione è stata tramandata oralmente, consolidatasi nella struttura antesignanamente democratica delle “comunanze agrarie” nate per gestire in modo collettivo i pascoli ed i boschi, vivono risorse economiche, culturali ed ambientali che sono linfa vitale per le zone metropolitane e costiere delle zone limitrofe alle quattro regioni colpite, Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria. Dalle montagne del “cratere più cratere” delle Marche, la zona montana compresa nella provincia di Macerata tra Camerino e Visso – che si caratterizza per un patrimonio edilizio danneggiato di cui oltre il 90 per cento in un comprensorio che conta poco più di 14mila abitanti dispersi in tredici comuni, con l’82 per cento dei residenti rimasti senza casa e i centri urbani totalmente inaccessibili poiché inclusi in zone rosse, le strade d’accesso sotto sorveglianza militare – sgorga acqua minerale che raggiunge numerosi paesi nel mondo. Due note aziende, nelle piccolissime Ussita e Castelsantangelo sul Nera, imbottigliano acqua purissima da sorgenti site all’interno del Parco nazionale dei Sibillini.

L’arte che trema

Il sisma ha ferito interi borghi, chiese, musei, un patrimonio culturale immenso in un’area definita dagli storici dell’arte “la Firenze dei Sibillini“, in cui in ogni piccolo borgo si trova una chiesetta con secoli di storia, piccoli gioielli d’arte, migliaia e migliaia di opere spesso sconosciute a chi vi abita, richieste in prestito per numerose mostre in tutto il mondo. Affreschi e dipinti che nascono da scuole pittoriche di rilievo come il Quattrocento camerte, la bottega dei fratelli Salimbeni a San Severino Marche, il De Magistris di Caldarola oggetto negli anni scorsi di una fortunata mostra curata da Vittorio Sgarbi, Carlo e Vittore Crivelli i cui quadri sono ospiti d’onore nei musei di Avignone, Baltimora, Norfolk, Londra, New York, Vienna e Budapest. Edifici sacri dalla storia millenaria come l’abbazia di Sant’Eutizio a Preci, unici nel proprio genere come il santuario di Macereto a Visso o la chiesa di Santa Maria in Via a Camerino, rappresentano un unicum oggetto di approfonditi studi di storia dell’arte. Dalla zona ferita dal sisma sono partiti nei mesi scorsi due dipinti di Valentin De Boulogne, il cosiddetto “Caravaggio francese”, oggetto di una mostra al Metropolitan Museum di New York, salvati dallo scempio della chiesa di Santa Maria in via a Camerino.

La fisionomia di un turismo in cui riconoscersi

Nelle Marche è stato colpito oltre metà del territorio regionale, l’area interessata dal sisma è pari a 5mila e 166 km quadrati, a fronte dell’intero territorio regionale che misura 9.400 km quadrati. All’interno del cratere sono compresi 131 comuni, di cui 87 nelle Marche con il 69 per cento di comuni montani dislocati in tre province di Macerata, Ascoli Piceno e Fermo; la regione ha complessivamente il 62 per cento dei danni, con la provincia di Macerata che ne somma quasi i due terzi. La popolazione interessata dagli eventi sismici nella parte marchigiana del cratere è pari al 48 per cento del totale degli abitanti delle Marche, circa 741 mila residenti in zone a bassa densità abitativa pari a 140 abitanti per chilometro quadrato. La zona marchigiana colpita è stata soggetta negli anni ad un progressivo spopolamento, aggravato dalla crisi del modello produttivo legato alla mezzadria prima e al declino del settore manifatturiero in seguito. Si tratta di un’area montana e medio collinare in cui il 23 per cento dei residenti hanno oltre 65 anni, in cui sono attive oltre 75 mila imprese, tra i quali il 28 per cento sono imprese agricole, il 47 per cento del terziario e servizi, il 26 per cento settore industriale. Un piccolo faro di speranza nel 2016 era stato dato dalla ripresa dei flussi turistici, con una crescita sino ad agosto 2016 pari a circa il 4 per cento, secondo i dati dell’Assessorato al turismo regionale, con un aumento del 2 per cento di turisti italiani. Nei comuni montani del cratere i dati Istat segnalano 236mila arrivi e 1 milione e 361 mila presenze annuali, mentre nei comuni di media collina gli arrivi sono 693mila e le presenze 4 milioni e 662 mila. Si contano oltre 2600 attività ricettive, tra alberghiero ed extra alberghiero, con un totale di 381mila posti letto.

Nelle zone montane l’ultimo presidio sono le aziende agricole ed agrituristiche: secondo i dati del dossier Coldiretti #stalletradite, i danni indiretti al settore per tutti i 131 comuni del cratere sono stimati in 2,3 miliardi di euro, con il crollo del mercato locale legato allo spopolamento, al turismo e all’enogastronomia pari al 90 per cento. Vuoti i 400 agriturismi che si trovano nella zona coinvolta, calo di prenotazioni pari al 50 per cento nei circa 3400 esercizi ricettivi rurali, che si trovano nelle quattro regioni colpite, dimezzate a sette mesi dal sisma le presenze di turisti stranieri; il terremoto, oltre alle case, alle stalle, alle chiese e altri edifici, ha spazzato via circa 3200 posti di lavoro in agricoltura.

A donare speranza è la grande solidarietà che raggiunge anche i più piccoli dei comuni colpiti, da varie zone d’Italia. Persino Papa Francesco ha voluto acquistare prodotti tipici delle zone terremotate: un gesto concreto compiuto anche dal 24 per cento degli italiani.

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