Competere tra Oriente e Occidente

Potreste essere dell’idea di innovare per competere, migliorando ciò che già siete capaci di fare bene o di volere, invece, cambiare le regole del gioco per fare cose nuove in modo nuovo. Nel secondo caso, prestate attenzione prima e familiarizzate poi con la coopetizione. La coopetizione è un piccolo colpetto che riesce a spostare grandi […]

Potreste essere dell’idea di innovare per competere, migliorando ciò che già siete capaci di fare bene o di volere, invece, cambiare le regole del gioco per fare cose nuove in modo nuovo. Nel secondo caso, prestate attenzione prima e familiarizzate poi con la coopetizione. La coopetizione è un piccolo colpetto che riesce a spostare grandi massi. Per dirla con Esopo, non è la forza vento del nord che rimuove il mantello del viaggiatore, ma il comportamento suadente dei raggi solari. Siamo in concorrenza quando si tratta di ritagliarsi la propria fetta di una torta. Come dire che affiliamo i coltelli per afferrare la fetta migliore – la più grossa è anche la più buona? – del mercato. Ma ci sentiamo uniti, insomma siamo pronti a collaborare quando è in ballo la creazione della torta? La concorrenza e la cooperazione sono mescolate tra loro in vari modi. Variare le proporzioni tra la concorrenza e la cooperazione corrisponde a diversi giochi di competizione.

Per conciliare cooperazione e competizione gli asiatici sono diventati maestri nella pratica della coopetizione. La competizione è un gioco finito, con un vincitore e un perdente: è “Guerra e pace” di Tolstoi. Vince chi morde, perde chi è morso. Non per nulla gli asiatici la raffigurano a guisa di serpente velenoso. La cooperazione, invece, creando nuove opportunità a vantaggio di tutti i protagonisti, è un gioco infinito che evolve spontaneamente verso la coopetizione in cui convivono tra le parti in campo comportamenti cooperativi e competitivi. Nella coopetizione si affermano relazioni del tipo “vincitore-vincitore”, con i vincitori di oggi che insegnano ai perdenti, i quali potranno essere i vincitori di domani, in un gioco che è, appunto, infinito. Nella cultura dell’Estremo Oriente questo gioco viene rappresentato con un otto rovesciato, il simbolo dell’infinito. La coopetizione spinge gli attori ad annodare legami di fiducia al di fuori dei gruppi storici di appartenenza.

I processi di apprendimento sono focalizzati sulla produzione di progetti trainati dall’ignoranza creativa – quell’ignoranza che è sostenuta dal senso della possibilità, che vuol dire motivazioni e intuizioni; progetti che mobilitano risorse immateriali: know-how, brevetti, marchi, immagine, mode, ruoli, reti, nuove concezioni. Le città dell’innovazione sono dei fari che illuminano l’arena competitiva mondiale, facendo intravedere posizioni in graduatoria di ciascuna comunità locale ordinate dalla capacità di assimilare le nuove regole del gioco coopetitivo e dal sapervi giocare. Se quello della coopetizione fosse l’obiettivo dei sindaci, bisognerebbe allora che la politica locale predisponesse il terreno favorevole all’affermarsi di relazioni che permettono a tutti gli operatori di comprendersi, coordinare le loro azioni e delimitare i rispettivi campi d’intervento.

La strada da percorrere è lunga. Ai blocchi di partenza ci sono in Italia solo città che hanno interpretato la collaborazione come coordinamento di attività tra soggetti indipendenti, ciascuno dei quali proteso a trarre il meglio dalla relazione senza preoccuparsi dei risultati conseguiti dagli altri. I progetti per innovare le nostre comunità territoriali sono iniziative che richiedono la collaborazione di tutti. Coloro che condividono, moltiplicano. Bene, dunque, il gioco di squadra della coopetizione per riuscire a massimizzare il prodotto congiunto delle relazioni tra i giocatori, piuttosto che concentrarsi sui rendimenti di ciascuno. Le comunità dovrebbero imparare a giocare a due livelli. Il primo livello prevede la cooperazione tra le parti coinvolte; il secondo li mette in concorrenza. Attenzione, la vera natura di questo gioco è l’unificazione e non la divisione tra cooperazione e concorrenza. Ad esempio, l’area di cooperazione potrebbe essere collegata allo scambio dei fattori d’interdipendenza (si pensi ai sentimenti dei coniugi circa il loro matrimonio che non sono una sorta di affare tra le famiglie dei promessi sposi), per i quali le azioni di collaborazione sono sviluppate in autonomia, mentre i fattori di scambio (le attività materiali in forma di dote) potrebbero provocare concorrenza tra le parti in gioco.

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