Liberi imprenditori? Sì, ma senza svendersi

Le sfide degli imprenditori di se stessi Non essere impiegati in un’azienda può certamente creare una sensazione di “insicurezza” ma nello stesso tempo dà la grande possibilità di mostrare il proprio talento come altrimenti non si potrebbe. Essere imprenditori di se stessi significa esporsi in prima persona, elaborare strategie cucite sul proprio business. Il cliente […]

Le sfide degli imprenditori di se stessi

Non essere impiegati in un’azienda può certamente creare una sensazione di “insicurezza” ma nello stesso tempo dà la grande possibilità di mostrare il proprio talento come altrimenti non si potrebbe. Essere imprenditori di se stessi significa esporsi in prima persona, elaborare strategie cucite sul proprio business. Il cliente va trovato, coccolato e mantenuto viaggiando oltre il territorio in cui si vive perché ogni incontro può essere l’inizio di una catena di opportunità lavorative; lo scambio personale, il contatto diretto, sono fondamentali nella costruzione e nella conservazione di una rete di conoscenze. L’investimento più grande, dopotutto, è quello del proprio tempo.

Grazie al nuovo e straordinario modo di comunicare dei social media, è possibile realizzare marketing ad hoc in cui promuovere il proprio servizio e attrarre potenziali clienti. Alcune relazioni lavorative, tuttavia, vanno consolidate e mantenute con la presenza personale, e per alcune professioni una stretta di mano rimane una garanzia: nella maggior parte dei casi è la convinzione di potersi “affidare” che determina la scelta del cliente. In tutti i casi, la qualità è il miglior biglietto da visita che si possa presentare, e richiede sacrificio e costanza.

Successo come liberi professionisti: una testimonianza

A questo penso quando parlo con Giuseppina Mortillaro, nativa di Sciacca, che dopo un’adolescenza trascorsa nella splendida Sicilia decide di portare la sua vita a Pisa, dove si laurea in Legge e nel 2006 entra a far parte dell’Ordine degli Avvocati.

La convinzione con cui parla del suo lavoro mi colpisce. Per lei l’avvocatura è una missione. Ha capito che la vita non è un gioco bensì una sfida. La sua bravura è stata quella di riconoscere il proprio talento e soprattutto di coltivarlo con coraggio.
Come ogni buon imprenditore, ha saputo far crescere la sua professionalità, e la Toscana è diventata terreno fertile per le sue ambizioni. Ogni professionista dovrebbe avere questa lungimiranza, capire dove occorre andare perché gli sforzi possano dare i frutti sperati anche a costo di sacrifici.

Oggi Giuseppina ha uno studio a Pisa e uno a Lucca. Esperta in diritto del lavoro e relazioni industriali, collabora con aziende importanti, insegna, partecipa a convegni e soprattutto si aggiorna costantemente.
La perseveranza, il saper cogliere il nuovo, l’investimento su se stessa e sui collaboratori sono la chiave del suo successo, insieme alla grande attenzione che riserva ai clienti, come testimoniano le sue parole: “Il valore dell’incontro personale rimane indispensabile, stringere la mano alle persone, capire l’identità e le necessità delle aziende, indipendentemente da dove sia dislocato fisicamente il cliente”.

Eliminazione delle tariffe minime: vantaggi e svantaggi

Il decreto legge del 4 luglio 2006, convertito in legge il mese successivo dello stesso anno, ha determinato un cambiamento radicale nel panorama delle libere professioni eliminando le tariffe minime obbligatorie stabilite dagli ordini professionali. Pronti, via: è l’inizio della libera concorrenza.

“La liberalizzazione delle tariffe porta come prima conseguenza l’abbassamento dei prezzi. Non è sbagliato, anzi: potrebbe essere una sfida stimolante, anche per consentire l’ingresso dei più giovani. Tuttavia se il prezzo scende al di là di un livello di sostenibilità la qualità ne risente”, spiega Giuseppina.

Per offrire una consulenza ottimale, uno studio professionale si avvale spesso di uno staff di collaboratori, che genera un certo numero di spese dovute alle norme di sicurezza sul lavoro, alle assicurazioni sanitarie, all’adeguamento degli ambienti e ad altre necessità spesso invisibili per i clienti. L’offerta di servizi professionali a prezzi troppo bassi dovrebbe sempre insospettire, poiché garantire il livello di qualità richiesto per un determinato servizio ha un costo che ogni libero professionista deve sostenere autonomamente.

Gli stessi docenti che insegnano presso i centri formativi finanziati dai fondi statali europei sono liberi professionisti che hanno costruito il loro know how con risorse personali, costruendo quella conoscenza che avrebbero potuto poi spendere sul mercato, per la quale richiedono un giusto compenso. Durante i loro corsi istruiscono ragazzi sovente molto giovani e talentuosi, alcuni dei quali non hanno possibilità economiche per pagarsi gli studi e costruire il loro futuro.
Giocare al ribasso sulla corresponsione di un servizio non può che ledere la qualità del servizio stesso, e di conseguenza chi ne usufruisce.

Il ruolo dello Stato

In economia la “concorrenza perfetta” è il meccanismo ottimale per l’allocazione efficiente delle risorse, in quanto il prezzo di vendita che si forma sul mercato è quello che remunera tutti i fattori di produzione in base alla loro produttività marginale, senza generare extraprofitti o sfruttamento. Nel mercato reale tali fondamenti teorici spesso non trovano riscontro e svariate trappole possono celarsi dietro ogni angolo.

Lo Stato, nel senso più alto del termine, deve preoccuparsi di proteggere gli interessi dei promotori della ricchezza intellettuale e professionale del Paese, che senza una regolamentazione adeguata rischiano di diventare la parte debole in una trattativa lavorativa. Come recita l’articolo 36 della Costituzione, “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.
Recentemente è stato avviato in commissione d’esame l’iter legislativo per il ddl “Disposizioni in materia di equità del compenso e responsabilità professionale delle professioni regolamentate” del presidente della Commissione Lavoro del Senato Maurizio Sacconi. Vi è quindi un’aspettativa concreta di chiarire parte delle attuali incertezze che una concorrenza mal gestita può comportare.

Efficienza, qualità e affidabilità sono servizi di cui tutti vogliamo godere, ma devono essere resi sostenibili per chi esercita una libera professione.

Liberi professionisti, un modo di pensare prima che un modo di lavorare

Nella grande partita della vita le carte che abbiamo a disposizione nel nostro mazzo sono del tutto casuali. Alcuni possiedono una carta fortunata fin dall’inizio, altri ne hanno molte, e altri ancora nessuna. L’unica certezza è che non importa cosa abbiamo in mano: dobbiamo giocare.

La teoria dei giochi, oltre al calcolo statistico sui grandi numeri, ci ricorda che essi sono determinati dalla casualità; per questo rimangono qualcosa da praticare per puro divertimento. La vita è un’altra cosa. C’è però un elemento che fin dall’inizio possediamo per unico intervento del fato: il talento. È il nostro asso nella manica, l’arma vincente che alimenta le nostre passioni, la cui piena espressione non può essere sacrificata in nessuna parte della vita. Per questa e altre ragioni, fare del proprio talento un lavoro è una delle principali garanzie di successo come liberi professionisti, nonché uno dei principali motivi alla base di risultati qualitativamente elevati.

L’esperienza di una persona che ha iniziato la sua carriera come libero professionista o di chi lo è diventato più avanti è un tesoro da valorizzare. Bisogna conservare la saggezza di chi “ci è già passato” come bene fondamentale, sia per il consumatore, sia per i giovani inesperti che si accostano alla professione: sono loro che guardano il mondo con la speranza e l’ottimismo che forse i più grandi hanno perso.

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