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Job, break, sex e… schiscetta
Lavorare per mangiare o lavorare senza mangiare? Tra i riti del lavoro quello della pausa pranzo e della pausa caffè (thè per gli inglesi) è senza dubbio tra i più importanti e riconosciuti ad ogni latitudine. Per questo fa effetto leggere la notizia dello sciopero di ieri alla Fincantieri di Palermo dove Fiom-CGIL contesta la […]
Lavorare per mangiare o lavorare senza mangiare? Tra i riti del lavoro quello della pausa pranzo e della pausa caffè (thè per gli inglesi) è senza dubbio tra i più importanti e riconosciuti ad ogni latitudine. Per questo fa effetto leggere la notizia dello sciopero di ieri alla Fincantieri di Palermo dove Fiom-CGIL contesta la decisione dell’azienda di istituire un turno che invece delle otto ore di lavoro con una pausa pranzo di 30 minuti (11,30-12) più una di cinque minuti per il caffé, prevede un turno unico di sette ore e mezza senza alcun break. Fincantieri sostiene che si tratta di una modalità sperimentale, che c’era l’accordo con i sindacati e che questa turnistica esiste già – legalmente – in altri stabilimenti. La questione verrà sicuramente risolta nella normale dialettica tra le parti sociali ma viene a fagiolo come spunto per un’altra domanda laterale: se il cibo è carburante (come diceva il papà del topo Remi in Ratatouille, tanto per fare citazioni colte) che legame c’è tra quello che si mangia e le prestazioni lavorative?
La questione se l’è posta nel 2015 una giovane società estone di software che si chiama Pipedrive. Questi informatici basati a Tallin hanno sviluppato e vendono in tutto il mondo un programma che serve a connettere e ottimizzare le attività di piccoli team di venditori (telefonate, mail, appunti, messaggistica, conference call). Ora, chi si occupa di recruiting e management sa benissimo che il venditore è un animale molto, molto particolare nel bestiario aziendale: cocciuto, orientato al risultato e sul quale la manualistica – soprattutto americana – è sterminata. La ricerca ha estrapolato i dati dei salesmen che usano il programma in otto paesi per poi fare una comparazione. L’assunto di partenza (visualizzato in un grafico con una curva) era di riscontrare una comune situazione in cui i venditori danno il meglio di sè a metà/fine mattinata per calare d’intensità nella pausa pranzo e riprendere poi per avere un picco nel pomeriggio e scendere di nuovo a fine giornata. L’analisi dei dati ha confermato a grandi linee questa tendenza ma con significative differenze tra tre categorie di paesi. I venditori francesi e svizzeri hanno il picco di produttività dopo pranzo, quelli di India Spagna e Sudafrica invece prima.
Ci sono poi paesi dove d’abitudine non si fa la pausa pranzo vera e propria (o non c’è un orario canonico) ma si mangia quando capita e alla scrivania: Russia, costa Est degli Stati Uniti e soprattutto Polonia. I venditori polacchi in particolare sembrano delle macchine da guerra con un picco pazzesco di produttività alle due del pomeriggio – più degli americani – al punto che gli analisti di Pipedrive hanno avuto il sospetto, analizzando la loro frenetica attività, che questi non mangino proprio durante il giorno. Indiani e spagnoli sono un caso a parte. I primi fanno pause pranzo di due ore ma spalmano il lavoro su sei giorni anziché su cinque mentre i venditori spagnoli lavorano fino a tarda sera, sembrano utilizzare la lunga pausa pranzo per le riunioni (quindi in modo produttivo) e soprattutto – sorpresa che smentisce il luogo comune degli iberici – rinunciano alla siesta.
Gli smanettoni di Pipeline sono poi riusciti a trovare un altro dato interessante: il loro programma riesce infatti a stabilire quanta attività (in termini di tempo speso per mail, appunti, ricerche sul web) è necessaria per portare a casa una vendita (closing). Ebbene, a quanto pare in tutti i paesi dove la pausa pranzo non viene fatta o si mangia alla scrivania davanti al computer con quella che a Milano chiamano la schiscetta, i venditori lavorano un sacco ma quagliano poco in termini di vendite (i peggiori sembrano essere i Russi). La ricerca quindi è giunta alla seguente conclusione: non è il modo frettoloso con cui ingurgiti cibo che ti fa vendere di più ma forse quel che mangi, come e dove lo fai ti può aiutare – forse – nelle vendite.
A questo punto lo studio parte un po’ per la tangente ricordando quant’è buono il cibo francese con le baguette le zuppe, la pasta, i dessert accompagnati da un buon bicchiere di vino, tutti alimenti (specie i carboidrati) che fanno bene al cervello. Meglio fermarsi qua. Magari l’associazione cibo-pausa-produttività ai signori di Fincantieri è sufficiente per ripristinare la pausa pranzo con un buon bicchiere di rosso che non è mai mancato nelle mense aziendali italiane. Certo, in termini di benessere lavorativo sembra decisamente più allettante la proposta fatta cinque giorni fa da un consigliere comunale della città svedese di Overtornea che ha proposto di concedere ai 550 dipendenti del municipio un’ora la settimana, in orario di lavoro (quindi pagata) per fare sesso con il consorte nella speranza di aumentare il tasso di natalità. Ma anche qua – riportano i quotidiani locali – voci critiche hanno sollevato problemi di privacy, di opportunità e di spreco di risorse statali. Qualcuno ha addirittura avanzato obiezioni tipicamente sindacali: “Un’ora sola? Troppo poco…”.
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