Lezioni americane

C’è un pensiero connesso che ha attraversato trent’anni e la distanza fra narratori del millennio in corso. Nel 1984 Italo Calvino venne invitato a parlare ad Harvard di cambiamento; l’occasione era la Norton Lecture e in quegli anni nasceva lo storytelling management. Lo scrittore intitolò il suo ciclo di lezioni Six Memo for the Next […]

C’è un pensiero connesso che ha attraversato trent’anni e la distanza fra narratori del millennio in corso. Nel 1984 Italo Calvino venne invitato a parlare ad Harvard di cambiamento; l’occasione era la Norton Lecture e in quegli anni nasceva lo storytelling management. Lo scrittore intitolò il suo ciclo di lezioni Six Memo for the Next Millennium e scelse sei parole chiave per affrontare il futuro: leggerezza, visibilità, rapidità, molteplicità, esattezza e coerenza. Calvino morì prima di poter tenere le sue conferenze ma in quelle che vennero pubblicate con il nome Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio ci ha lasciato testimonianza del suo modo di connettere storie e innovazione. La letteratura diventa strumento per entrare nella realtà, un limite all’immaginazione di scenari futuri con il quale dobbiamo sempre confrontarci. Per questo nella prima lezione lo scrittore cita il mito di Perseo e della Medusa come metafora per costruire leggerezza guardando il riflesso del suo contrario, la realtà appunto, che va comunque tenuta d’occhio senza esserne pietrificati.

A trent’anni dalle lezioni americane è uscito un altro libro che racconta quegli elementi del cambiamento agganciandoli però all’esperienza manageriale diretta. Reid Hoffman, cofondatore di LinkedIN, ha pubblicato con Ben Casnocha e Chris Yeh “L’alleanza. Gestire il talento nell’era del networking”. Anche questo è un racconto di futuro in cui si conferma la litania di questi anni: il posto fisso non esiste più. Una realtà che pietrifica a meno di non vederne il suo riflesso.
Mister LinkedIn accusa la gestione del lavoro dipendente degli ultimi anni di aver alimentato scarsa lealtà, pochi legami a lungo termine e tanta disillusione, e un’impresa che non investe in relazione non costruisce una visione a lungo termine. Occorre allora un nuovo rapporto fra datore di lavoro e lavoratore basate su condizioni esplicite tra parti indipendenti e sull’allineamento fra valori e obiettivi delle parti. Il tutto nel rispetto di quella dimensione plurale (la molteplicità di Calvino) che è una caratteristica umana da non ostaciolare. Il futuro, dice, è avere fiducia nel capo che ti licenzierà. La shared value per cementare l’alleanza sono le relazioni, tesoro da condividere perché venga moltiplicato e ponga le basi per i reciproci vantaggi. Hoffman individua diversi strumenti

Incarico: è un modo di mettere in scena gli impegni presi che progressivamente creano l’alleanza. Hoffmann parla di incarichi rotazionali per i neolaureati, che vanno spinti a sperimentare almeno tre ruoli differenti nell’arco di 27 mesi, ma anche di incarico trasformazionale, che consente al collaboratore di crescere e capitalizzare ogni sua attività in impresa (un esempio è il Talent Connection di Cisco) e di incarico fondazione, in cui il collaboratore fa coincidere la propria vita con la mission dell’azienda.

Network intelligence: ci sono più persone in gamba all’esterno dell’azienda che all’interno, e ogni ora spesa a coltivare relazioni è un dono all’azienda. Nascono quindi i Learning Meals, pranzi da 6 a 8 persone che mangiano e parlano a un tavolo preferibilmente rotondo, o esperienze come quelle di Moz che paga ai collaboratori che intervengono a un evento le spese di viaggio. Poi ci sono i Lunch in Learn per condividere con i colleghi quello che hanno imparato nei seminari e i fondi per il networking che motivano i collaboratori ad allargare le conoscenze.

Alumni: anche quando il collaboratore esce dall’azienda il rapporto non deve finire. Se si è investito bene in competenze e relazioni il vantaggio reciproco continuerà a creare un collante. Hoffman parla di Network Alumni come di antenne sulla realtà fuori dalla bolla aziendale. Ad esempio Bain Executive Network aiuta gli ex collaboratori a ricoprire ruoli dirigenziali fra i clienti di Bain & Company, e le Reunion Mixer di EBay ospitano e sponsorizzano eventi alumni. Vanno poi considerati i Talenti Boomerang che, pur non avendo dimenticato cultura e processi aziendali, riportano in azienda anche la freschezza di una prospettiva maturata fuori.

Qualcuno contesta questo approccio come pericoloso cavallo di troia per far entrare l’iperliberismo nella “nuova economia”. Con la giusta prudenza nell’accogliere un’idea di collaboratori come startupper (con tutti i rischi sociali che ne conseguono) si può tornare alla lezione di Calvino sulla rapidità, poiché anche l’impresa se vuol rimanere vitale deve accogliere un ritmo, così come in un testo: come dice Calvino “La rapidità dello stile e del pensiero vuol dire soprattutto agilità, mobilità, disinvoltura; tutte qualità che s’accordano con una scrittura pronta alle divagazioni, a saltare da un argomento all’altro, a perdere il filo cento volte e a ritrovarlo dopo cento giravolte”. Queste divagazioni, se accompagnate da un’ intenzione e dalla libertà dell’esplorazione, servono per dare corpo alla struttura del testo così come all’identità dell’impresa. Le conclusioni di Hoffmann e colleghi convergono con quelle di Calvino: entrambi parlano di consistenza e continuità come elemento indispensabile per costruire il cambiamento. Per il guru della Silicon Valley, laureato in scienze sociali a Stanford e con un master in filosofia, se è vero che la selezione va fatta privilegiando coloro che dimostrano l’attitudine mentale del fondatore (e quindi spirito imprenditoriale) occorre tra quelli individuare le persone sulle quali investire a lungo termine e conquistarne il desiderio di legarsi per tutta la vita all’impresa: questa è la vera sfida.

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