ll coraggio dell’araba fenice

Alzi la mano chi, nel corso della vita, non ha dovuto scontrarsi con una scelta che, in qualche modo, ne avrebbe poi condizionato il corso. Quotidianamente scelte differenti si affacciano sulla nostra strada: scelte professionali, scelte economiche, scelte in campo affettivo, scelte di un film, di un ristorante, di un viaggio, scelte di vita, scelte […]

Alzi la mano chi, nel corso della vita, non ha dovuto scontrarsi con una scelta che, in qualche modo, ne avrebbe poi condizionato il corso.

Quotidianamente scelte differenti si affacciano sulla nostra strada: scelte professionali, scelte economiche, scelte in campo affettivo, scelte di un film, di un ristorante, di un viaggio, scelte di vita, scelte per la vita.

Quanta consapevolezza e potere decisionale abbiamo nello ‘scegliere’?

Probabilmente non esiste una ricetta, ma è un piacere ricordare una lezione della mia professoressa di filosofia del liceo che ebbe la capacità di far vedere a noi studenti nella matematica – e nella formula di Bernoulli – la risposta alla causa delle nostre scelte.

Era uno di quei giorni in cui si spaziava da Lutero ad Erasmo da Rotterdam, ricollegandosi a Sallustio passando per Gesù di Nazareth: c’era una volta Bernoulli e la formula matematica sul calcolo delle probabilità.

Rimandando agli esperti del settore scientifico la dimostrazione di quanto l’evento indagato ha una probabilità <pp> di verificarsi per ciascuna prova dopo aver effettuato <nn> prove indipendenti con la probabilità che l’evento si verifichi <kk> volte – a conferma di quanto il calcolo delle probabilità possa essere complesso anche in casi relativamente semplici – la professoressa chiese di riflettere su quanto siamo l’unica specie su questo pianeta che abbia mai avuto il proprio destino tra le mani. Non abbiamo predatori significativi (competitor), siamo i padroni del nostro ambiente e le cose che normalmente causano l’estinzione di specie non sono più un pericolo per noi: l’unica cosa – l’unica – che ci può condannare e distruggere sono le nostre stesse scelte.

Se non saremo qui tra mille anni sarà solo perché avremo sottovalutato le probabilità di dolori futuri e sovrastimato il valore dei nostri piaceri presenti.

Troppo abituati oggi ad avere a che fare con le applicazioni da smartphone che forniscono valutazioni (ne esistono tante per viaggi, ristoranti, analisi dei luoghi di lavoro, cinema), forse vorremmo che ci fosse la stessa opportunità per le scelte più difficili, una sorta di “sceltadvisor” al quale demandare il compito ingrato di assumersi la responsabilità della scelta.

Quelle scelte che turbano dal di dentro, che ti vedono protagonista assoluto della storia della tua vita, che hanno bisogno del tuo contributo personale, a cui non puoi chiedere ‘testa o croce’ e per le quali non puoi tirare un dado o avvalerti del calcolo delle probabilità e neanche cercare la risposta in un mazzo da 52 carte.

Ci sono  scelte che non prevedono la consultazione di oroscopi, maghi, astri o cartomanti da interrogare – anche se le analisi dicono che un italiano su due crede in queste forme ‘alternative’ –  ma richiedono un impegno in prima persona nel quale confluiranno l’esperienza personale, l’errore, la crisi, il momento di solitudine e di riflessione che porteranno verso la personale scelta, necessaria per essere artefici del proprio destino.

Esistono momenti in cui non si può delegare nessuno e viene richiesto di essere forte, consapevole, centrato, focalizzato, passando a volte attraverso l’esperienza del sentirsi soli, necessaria per entrare nella più profonda intimità e cercare le risposte che diano la possibilità di fare la scelta possibilmente più giusta.

Sono questi i momenti in cui si diventa consapevoli dell’essere circondati da un mondo distratto, capace di ignorarti se pensi in maniera avanguardista, pronto a giudicarti quando promuovi la cultura del nuovo, ma abile a salire sul carro del vincitore quando ‘ce la fai’.

Quanto è difficile scegliere la cosa giusta? Quanto il mondo del lavoro condiziona le nostre scelte di vita?

Ci sono persone a cui non potremo mai chiedere che tipo di previsione avessero fatto per la loro vita, se avevano provato a ripartire per dare una svolta davanti ad un bivio, se sono andati via da questo mondo con la serenità (in alcuni casi discutibile) di averci provato con tutte le loro forze. Alcuni resteranno l’emblema di coloro che ce l’hanno fatta, ma con riconoscimenti ricevuti post mortem, mentre altri ancora non ci sono riusciti.

Per fortuna, il mondo oggi ci regala esempi straordinari di giovani e meno giovani che ci stanno provando e che ce la stanno facendo, seppur tra mille difficoltà: le loro storie sono l’esempio di scelte coraggiose.

Qualche anno fa, se avessimo chiesto ai giovani di ‘scegliere’ un posto di lavoro appetibile, ci saremmo trovati di fronte a scelte quasi esclusive: un grande nome, il posto fisso, il ROI certo e un margine di fallimento pressoché inesistente.

Da questo punto di vista, le cose sono un po’ cambiate: secondo l’indagine Coldiretti, il 38% dei giovani italiani oggi preferirebbe gestire un agriturismo piuttosto che lavorare in una multinazionale (28 %) o fare l’impiegato in banca (26 %).

Essere a contatto con la natura, adoperarsi per i suoi prodotti e osservare la crescita attraverso la risposta della terra, risulta essere premiante rispetto alla logiche “d’azienda” a cui siamo abituati e la nostra Italia, è esempio di alcune storie di successo e di ‘scelte consapevoli’: questa è una vera e propria rivoluzione culturale.

Come la storia marchigiana di Paolo Guglielmi, da broker ad agricoltore “sociale”, ideatore di agricolonie – campi scuola in campagna per far trascorrere ai bambini del buon tempo a contatto con la natura e far scoprire loro i tempi e i sapori del mondo contadino, seguendo il ciclo delle piante dal seme fino alla raccolta del frutto, ma anche costruendo giocattoli di campagna con legno riciclato, giocando alla “zappa al tesoro”, realizzando stampe tramite l’utilizzo delle foglie.

O di Annamaria Musotto che, dopo essersi laureata in giurisprudenza a Milano ed aver intrapreso gli studi per diventare notaio, ha deciso di tornare in Sicilia per produrre manna, uno straordinario dolcificante che si ottiene attraverso una particolare e tradizionale lavorazione del frassino. E ancora – di Silvia Bendanti che ha rinunciato al posto da maestra per produrre dell’ottimo vino di cui disegna personalmente e con molta cura le esclusive etichette, di Chiara De Miccolis che ha detto addio alla carriera da grafica editoriale per dedicarsi totalmente alla sua masseria dove produce olio extravergine di oliva e cosmetici naturali, di Eliana Viggiani dall’ufficio comunicazione dell’Istituto Europeo di Design ad un b&b ecosensibile tra i Sassi di Matera dove insegna a vivere in modo ecosostenibile.

Le storie delle scelte di vita ‘tutte italiane’ sono spesso senza nome e senza volto, ma per fortuna raccontano la straordinarietà di scelte coraggiose e differenti nei vissuti e negli epiloghi, che non rendono queste persone tutte uguali.

“Alcune persone scelgono la loro strada nella vita, altre se la vedono imporre.

E poi ci sono quelli che scoprono la loro vocazione quasi per caso, senza averla mai cercata”.

La chiave di volta per riuscire ad essere forti e determinati nella scelta

Se dovessimo pensare al celeberrimo Steve Jobs, riconosciuto universalmente come l’uomo che ha inventato il futuro, probabilmente non riusciremmo ad immaginare le fasi delicatissime della sua vita che svelano aspetti di straordinaria umanità e che lo rendono simile ai ‘tanti noi’, incapaci di scegliere.

Steve aveva una testa proiettata nel futuro, ma si è dovuto scontrare con una violenta incomprensione da parte degli scettici, subendo la persecuzione, l’esser cacciato, l’esilio, l’esser respinto dai suoi stessi amici e allontanato dalla sua stessa azienda. Eppure, ha sempre avuto la capacità di scegliere e di fare la cosa giusta al momento giusto, andando contro le previsioni di analisti e collaboratori, mosso dalla convinzione che “solo amando quello che fate, farete cose grandi”.

Forse è questo il segreto. Forse potremmo provare a (ri)partire da qui, insieme a Paolo, Annamaria, Silvia, Chiara, Eliana e Steve che sono accanto a noi nel quotidiano e alcune volte portano il nostro nome.

Faber est suae quisque fortunae – diceva Sallustio.

Duemila anni dopo, un altro grande uomo ci lasciava con questo incentivo verso la scelta migliore:

“Siate autori della vosta vita, non lasciate che altri la scrivano per voi” (Steve Jobs)

Anche perché : “Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci” (Gandhi).

CONDIVIDI

Leggi anche

Leadership femminile non è un ossimoro

Quando si parla di leadership, non posso non pensare alla politica e a una foto del 2008 che è sintomatica: Angela Merkel, al G8 di Tokyo, è l’unica donna capo di Stato presente nell’immagine del vertice internazionale delle maggiori potenze mondiali. Che sia da sempre un sostantivo maschile e non femminile? Pare proprio così se, […]

Licenziati per cancro

Cronache da un paese incivile, dove si può essere licenziati per cancro: a volte la burocrazia vince sulla malattia. È quanto accaduto l’anno scorso a Vincenzo Giunta, guardia giurata di Brindisi, 46enne, cacciato dalla sua azienda perché si era assentato per un periodo superiore a quello concesso dal contratto di lavoro, il cosiddetto periodo di […]

L’Italia razzista non è quella di Salvini

La Lega di Matteo Salvini, con una buona dose di propaganda separatista e tanta spregiudicatezza demagogica, sostiene che i lavoratori stranieri portino via il lavoro agli italiani. Certo, se così fosse, disaggregando i dati sulla disoccupazione tra italiani e stranieri, l’occupazione di questi ultimi dovrebbe crescere. Le cose invece non stanno così. Abbiamo scoperto che […]