Mappare le reali competenze è il vero interesse comune

Tra i commenti pervenuti in redazione per partecipare all‘ultimo contest che abbiamo lanciato, il migliore è stato quello di Roberto Pesaresi, che pubblichiamo: potrà quindi partecipare alla nostra prossima riunione di redazione e scegliere con noi il tema per il contest successivo. Il tema lanciato il 27 maggio scorso era quello degli interessi comuni, interessi di […]

Tra i commenti pervenuti in redazione per partecipare all‘ultimo contest che abbiamo lanciato, il migliore è stato quello di Roberto Pesaresi, che pubblichiamo: potrà quindi partecipare alla nostra prossima riunione di redazione e scegliere con noi il tema per il contest successivo.

Il tema lanciato il 27 maggio scorso era quello degli interessi comuni, interessi di parte.

Ho letto con piacere il post di Paolo Marenco selezionato dalla redazione di Senza Filtro e subito ho pensato ai vari settori, dai taxisti in guerra con Uber, al mondo cristallizzato della scuola, alla concorrenza tra professionisti ed altri ancora. Di questi ho una conoscenza parziale, anche se percepisco movimento e attenzione in questo

I progressi tecnologici oggi sono tanti e diffusi, ma la volontà di applicarli al mondo della Pubblica Amministrazione, secondo me, pochi. La resistenza naturale al cambiamento, il cullarsi in posizioni di confort, la paura del confronto e del giudizio fa sì che i progressi che tanto desideriamo stentano ad avviarsi. Una situazione da risolvere è ora questa: di quanti dipendenti pubblici abbiamo realmente bisogno? Di quanti insegnanti, bravi? Di quanti manutentori in enti territoriali? Di quanti sindaci abbiamo realmente bisogno? Di quante Asl abbiamo realmente bisogno?

Io credo che questa generazione di dipendenti pubblici sia perduta, non recuperabile, loro malgrado. Allora perché non attuare uno scambio, ancora una volta, tra pubblico e privato, non sotto forma di prelievo di imposta stavolta, ma con uno scambio di competenze ad alto livello? Chiediamo ai dipendenti pubblici di ritirarsi dal lavoro con requisiti di favore ed in forma obbligatoria e questo per 10 anni.
Mappiamo le reali competenze e necessità effettive e affidiamoci a manager privati, magari a fine carriera, ma in forma temporanea, che, in cambio di un salario modesto, ma dall’alto valore simbolico (iscrivendosi per esempio ad un albo nazionale dei servitori della pubblica amministrazione redatto dalla Presidenza della Repubblica) , di inserire i concetti di qualità, velocità, praticità, ragionevolezza e merito, concetti che non ci sono nella pubblica amministrazione, se non molto astrattamente e che sono invece patrimonio genetico di manager attivi? Facciamo cioè una trasfusione di nuovo plasma, da incentivare con la creazione di una scuola di dirigenza pubblica di buon livello e dove il manager può ergersi finalmente a mentore o a coach se preferite Rivediamo il perimetro del pubblico e rendiamolo, in tal modo, motore di reale cambiamento per la nostra società.

Non sono i fondi pubblici, che pure servono, a cambiare i destini, sono le qualità personali e la voglia di costruire qualcosa di importante per le nuove generazioni. Chissà che, in tal modo, l’interesse di Parte divenga la linfa dell’Interesse Comune. Invertendo i fattori il risultato finale potrebbe essere doppio.

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