Vittorio Agnoletto: “PNRR sanità? In Lombardia ancora troppa pressione del privato sul pubblico”

Il medico e attivista, intervistato da SenzaFiltro, è critico sulla gestione dei fondi del PNRR sanità. Soprattutto in Lombardia, dove il 40% della spesa sanitaria va al privato.

Se la logica del profitto e degli affari sovrasta un bene pubblico prezioso come la sanità, c’è il pericolo che un’anomalia di questo genere diventi devastante per i cittadini e per lo stesso Sistema sanitario nazionale. È il rischio assai concreto che incombe sulla Regione Lombardia, dove i gruppi privati della sanità la fanno da padroni da anni, da quando alla fine degli anni Novanta la gestione FormigoniMaroni depotenziò la sanità di base e fece confluire sui gruppi privati – attraverso Mediobanca – una quantità enorme di miliardi.

Oggi questo squilibrato rapporto pubblico-privato in Lombardia può diventare un ostacolo all’attuazione del PNRR, nello spirito di una nuova sanità pubblica. Ma quali sono i gruppi privati che gestiscono pezzi consistenti di sanità convenzionata?

Quali sono i gruppi privati che dominano la sanità lombarda

In cima alla fila c’è il potente Gruppo San Donato, gestito dalla famiglia Rotelli. Il Gruppo Humanitas (famiglia Rocca), del Gruppo Techint di Felice Rocca, è in seconda posizione, ma guardando i fatturati, sebbene abbia una grande capacità mediatica anche grazie alla convenzione con la Casagit (la cassa dei giornalisti), è distante dal Gruppo San Donato in quanto a capacità di fare profitti ed erogare prestazioni.

In buona posizione l’ICS Maugeri S.p.A. SB, detenuta dalla Fondazione Salvatore Maugeri per il 66,3% a seguito della ristrutturazione del 2016, che ha visto l’ingresso in minoranza del socio finanziario TCP Hospitals. Non possiamo in questa sede fornire l’elenco completo, ma per capire che stiamo parlando di colossi della finanza e dell’industria privata basta dire che nel consiglio di amministrazione dell’ex Gruppo Veronesi, posizionato ai primi posti, siedono Banca Intesa, Unipol, Allianz, Luxottica e la famiglia Veronesi. L’ex Gruppo Veronesi gestisce due IRCCS: IEO, Istituto Europeo Oncologico, e Ospedale Cardiologico Monzino.

Il Gruppo KOS (CIR della famiglia De Benedetti e F2i Fondo investimenti per le infrastrutture), che opera anche nel mercato inglese e indiano, si posiziona nella classifica lombarda al decimo posto sia per i ricoveri sanitari effettuati in due delle sue numerose sedi RSA lombarde (in questo caso di Milano e Brescia), sia per le prestazioni di ricovero dell’ospedale pubblico gestito in provincia di Mantova.

Vittorio Agnoletto: “In sanità il pubblico guadagna sulla salute, il privato sulla malattia”

Sulla base di questo modello, in attesa di capire come il PNRR attecchirà in terra lombarda, abbiamo proposto una conversazione a Vittorio Agnoletto, 64 anni, medico del lavoro, docente di Globalizzazione e Politica del lavoro a Milano, esponente di Medicina Democratica, conduttore e ideatore di una trasmissione sulla salute a Radio Popolare. È severissimo a proposito della gestione lombarda della sanità, e non risparmia critiche neppure al Governo Draghi e al ministro della Salute Roberto Speranza. Quando lo invito a fare una conversazione su questi temi lui accetta volentieri, anche perché questo è il suo pane quotidiano: il suo spirito critico pungola da anni la politica sanitaria della Regione Lombardia, guidata dal centrodestra.

Vittorio Agnoletto, medico del lavoro, docente di Globalizzazione e Politica del lavoro a Milano,

La sua diagnosi sulla sanità lombarda e sulla politica sanitaria del Governo Draghi è impietosa. La medicina territoriale è ormai scomparsa e neppure i programmi che ha messo in campo il ministro Roberto Speranza sono in grado di rivitalizzarla.

Il PNRR manca di progettualità: si finanziano le strutture e la tecnologia ma si dimentica l’elemento essenziale, il fattore umano, il personale. Sarebbe necessaria una grande campagna di assunzioni per gestire al meglio un’epoca così importante, ma non se ne vede neppure l’ombra. La stabilizzazione annunciata? Ma non scherziamo! È del tutto insufficiente. Temo che il sogno di riavere una medicina territoriale in grado di gestire la fase post pandemica e il PNRR sia drammaticamente già stato infranto. Ma la nostra conversazione avrebbe poco senso se non fosse inserita nel contesto della sanità lombarda e della sua pessima gestione.

D’accordo, facciamo un passo indietro, torniamo alle feroci critiche che ha fatto alla gestione della pandemia. Mi sembra che quella sia la premessa delle critiche al PNRR, è così?

È da lì che dobbiamo analizzare ciò che è avvenuto dopo. Mi consenta una battuta cattiva ma veritiera su questo argomento. Ricorda il progetto originario di Umberto Bossi sulla Padania come stato autonomo? Se si fosse realizzato quel disegno, lo Stato della Padania potrebbe vantare il più alto tasso di decessi post pandemico, vale a dire oltre 400 morti ogni 100.000 abitanti. La Padania comparirebbe tra i primi dieci Paesi al mondo come decessi. Lo so, anticipo un’obiezione che fanno in molti: si elogia la Lombardia come la Regione con le maggiori eccellenze europee, si dice che arrivano da tutto il mondo per farsi curare, ma non si fanno i conti con il domani. Non lo dico soltanto io. Epidemiologi e scienziati sostengono che in futuro le pandemie saranno sempre più frequenti, e dato che le pandemie si affrontano sul territorio e non con le cure, possiamo dire che quelle eccellenze poco serviranno ad affrontare le future sfide.

Proviamo ad avvicinarci a quella che definisce un’anomalia: il rapporto tra pubblico e privato in Lombardia.

Quello che non va è la forte pressione del privato accreditato sul pubblico. Vuole un dato che permarrà anche nell’attuazione del PNRR? Il 40% della spesa sanitaria regionale è destinata al privato. Si chiederà, come si chiedono in molti, se queste mie critiche sono una manifestazione di ostilità preconcetta al privato. Niente affatto. È vero, in Lombardia abbiamo molte eccellenze che sono gestite da gruppi privati, ma la mia tesi è un’altra. Pur essendo accreditato al pubblico, quando il privato interviene nella sanità lo fa principalmente con l’obiettivo di fare profitti. E il punto chiave sta proprio in questo interrogativo: su che cosa fa i profitti il privato? Sui malati e sulla malattia, non sulla salute, e dunque sulla prevenzione. Sono due filosofie antagoniste, non si può nasconderlo: più ci si ammala più il privato ci guadagna, meno ci si ammala più ci guadagna il SSN. Pubblico e privato hanno obiettivi opposti. Eppure in Lombardia spesso la sanità si è comportata come i privati. Qualsiasi struttura privata viene accreditata al SSN senza un’analisi delle esigenze del territorio, e tutto ciò diventa un bazar.

Da dove nasce questa anomalia della Lombardia?

Tutto nacque nel 1996, quando Roberto Formigoni prese in mano la gestione della Regione e spalancò le porta alla medicina convenzionata. La Regione Lombardia di allora riuscì a collegarsi ai grandi gruppi finanziari e industriali privati guidati da Mediobanca e a convogliare un’enorme quantità di denaro dalla medicina territoriale ai gruppi sanitari finanziari o industriali. Il privato sceglie su cosa accreditarsi, non fa un’analisi del territorio per poi scegliere in base alle esigenze in campo. Il privato, come si è visto durante la pandemia, non è interessato a gestire le emergenze; il suo referente è la politica, non guarda alla prevenzione, come si è visto nelle RSA. Non è un caso che l’ex presidente leghista della Regione Lombardia Roberto Maroni ai tempi fosse nel CDA del gruppo San Donato. In tutto ciò la sanità di base è stata ridotta ai minimi termini. Il leghista Giancarlo Giorgetti nel 2019 dichiarò che ormai il medico di base è superato che basta entrare in rete e prendersi uno specialista.

Che cosa ha distrutto la medicina territoriale?

Sono stati distrutti i sistemi di alert, una rete di medici in grado, ad esempio, di monitorare i primi sintomi della pandemia. Il COVID-19 c’era prima di quando è stato scoperto, e noi avremmo potuto scoprirlo prima, ma abbiamo perso tempo perché non avevamo quella rete. Non ha funzionato il piano pandemico, grazie al fatto che c’erano pochi medici di famiglia. È mancata l’assistenza domiciliare, che doveva essere una delle prerogative della sanità gestita dalle Regioni. E così si arriva a quella disgraziata delibera del 8 marzo 2020 che autorizza il trasferimento degli anziani nelle RSA. In Lombardia andiamo verso una medicina della cura e non della prevenzione, ma l’esperienza della pandemia ci dice che il sistema non riesce a fermare la pandemia senza una medicina di territorio; una medicina che non ha futuro. Il flusso dei finanziamenti andrebbe modificato verso il territorio e la prevenzione.

Ed eccoci tornati al PNRR. Dai documenti preparatori del Governo sembrerebbe che qualcosa cambierà, penso ad esempio all’annuncio della costruzione delle Case e degli Ospedali di Comunità e alla stabilizzazione dei precari.

Non voglio fare l’ipercritico, ma sono scettico. Si ricorderà gli sperticati elogi del Governo e della stampa verso gli eroi della nostra epoca, infermieri e medici. A fronte di quegli elogi scopriamo che l’obiettivo principale del PNRR in sanità è finanziare la tecnologia e gli edifici. Bene, ma ci si dimentica del personale, di quegli eroi che pare stiano già andando nel dimenticatoio. Ma come? Spiegano al ministero della Sanità che ci sarà una stabilizzazione dei lavoratori precari. Ci mancherebbe altro! Ma vogliamo dire ad alta voce che questo non basta se l’obiettivo è rilanciare la medicina territoriale, e prepararci a una possibile nuova ondata pandemica? Per fortuna a questa denuncia ci è arrivata anche la CGIL, che ha posto con forza il tema del personale medico specializzato e non.

Qual è la seconda critica che fai al PNRR?

Temo che il PNRR non abbia un’anima all’altezza della situazione, un progetto organico di sanità per il futuro. Altro che stabilizzazione dei precari, quello è il minimo, ma dopo due anni di pandemia e di sofferenza vera del territorio e alla luce degli investimenti annunciati si doveva fare una grande campagna di assunzioni nel pubblico, togliere il numero chiuso a medicina, valorizzare gli stipendi di chi lavora nel pubblico, dagli infermieri ai medici, e non lasciare intoccato il divario tra stipendi pubblici e privati per funzioni identiche. Su questo terreno non è stato fatto nulla. Anzi, la Lombardia ha approvato una nuova legge regionale dove si stabilisce una totale equivalenza tra pubblico e privato, salvo che negli stipendi, mentre i finanziamenti e la politica salariale dovevano dare priorità al pubblico. Invece pubblico e privato vengono trattati in modo equivalente, ma il privato non ha gli stessi obblighi e gli stessi vincoli del pubblico. Per esempio, in Lombardia sono arrivati i soldi per abbattere le liste d’attesa, ma la signora Letizia Moratti ha proposto di distribuire equamente le risorse tra pubblico e privato. La grave responsabilità di Roberto Speranza è di non aver denunciato questo rapporto perverso tra pubblico e privato in Lombardia.

Che peso avrà questa presenza massiccia del privato? Come abbiamo visto, si tratta del gotha della finanza e dell’industria italiana.

Prendiamo le Case e gli Ospedali di Comunità. Intanto si prevede che queste possano essere affidate al privato. Ma anche se ciò non avvenisse, sapete che cosa accadrà? È semplice fare questa previsione, è la storia di sempre: un cittadino si presenterà alla Casa di Comunità per una visita, gli diranno che ci vogliono sei mesi e lo dirotteranno verso il privato. Questa impostazione non è accettabile, e non si risolverà fino a quando non ci sarà un radicale cambio di strategia che punti alla medicina territoriale, e quindi a una grande campagna di occupazione e formazione. Bisogna tornare a investire nel pubblico, questo lo stanno facendo tutti i Paesi europei, anche quelli che pure non hanno una presenza così massiccia dei grandi gruppi privati.

Leggi il mensile 116, “Cavalli di battaglia“, e il reportage “Sua Sanità PNRR“.


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