2015, ecco i numeri della mini-ripresa

Qualche migliaio di nuovi posti di lavoro creati, Pil in crescita e, infine, saldo positivo tra aperture e chiusure di imprese. Mettiamo in fila tre indicatori che descrivono una possibile svolta, forse l’inversione di tendenza che stavamo aspettando da sette anni. Insomma si riparte, lentamente, molto lentamente, ma si riparte. Stime sull’occupazione Iniziamo dall’occupazione, dagli […]

Qualche migliaio di nuovi posti di lavoro creati, Pil in crescita e, infine, saldo positivo tra aperture e chiusure di imprese. Mettiamo in fila tre indicatori che descrivono una possibile svolta, forse l’inversione di tendenza che stavamo aspettando da sette anni. Insomma si riparte, lentamente, molto lentamente, ma si riparte.

Stime sull’occupazione

Iniziamo dall’occupazione, dagli 8.400 nuovi posti di lavoro che le imprese contano di creare tra gennaio e marzo, come risultante della differenza tra le assunzioni previste (209.700) e le uscite (201.300). Ad annunciarlo sono i dati di Unioncamere e del Ministero del Lavoro, che parlano di un aumento anche dei contratti a tempo indeterminato.

La Lombardia –e Milano in primis, complice Expo- si confermano il motore d’Italia con un saldo attivo previsto di 9.300 posti di lavoro. A seguire il Lazio (2.140), l’Emilia-Romagna (1.950) e il Piemonte (1.550). Molto negativi, invece, i dati del Trentino Alto Adige (-2.200).

I settori che cresceranno con maggiore forza sono la meccanica, il comparto chimico-farmaceutico e i servizi a maggior tasso d’innovazione.

“L’impressione generale è che ci sia in giro un po’ di ottimismo” conferma Roberto Pasini, a.d. di Manifattura Chimica Italiana e presidente di Dyestaff, un consorzio di società internazionali che fa capo a Federchimica. “Ci sono però alcuni settori che non vedono ripresa, come quello del tessile che è strutturalmente in crisi da dieci anni e per il quale gli ultimi due mesi sono stati disastrosi. Comunque un dato interessante è che i grandi gruppi stanno riportando il lavoro in Italia, dopo aver avuto grossi problemi di natura eco-tossicologica producendo in Asia e che in Europa si sentono più tutelati”.

La positività dei dati, comunque, non deve far dimenticare che restano delle criticità dovute alle differenti performance territoriali, perché se la Lombardia sta meglio e con lei tutto il Nord-Ovest, il Mezzogiorno continua a soffrire. Differenze che si fanno sentire anche rispetto alla dimensione d’azienda, in base alla quale le grandi escono dalla crisi prima e meglio delle piccole realtà imprenditoriali.

Le previsioni di assunzione, sebbene si basino solo sulle dichiarazioni di intenzioni delle imprese rappresentano, ad ogni modo, un buon termometro dello stato di salute del sistema produttivo italiano. Ma non siamo solo noi a raccontarci che possiamo farcela.

I conti in tasca dell’Ue

A rafforzare il quadro positivo sulla ripresa arrivano le stime di Bruxelles che danno il prodotto interno lordo italiano in crescita dello 0,6%. Si tratta di una conferma rispetto ai dati di novembre, è vero, ma con il sigillo dell’Ue. Dando un segnale positivo, l’Italia così non sfigura nel quadro generale di un’Europa in moderata ripresa.

Migliora, inoltre, il rapporto tra il Pil e il deficit pubblico, che scende dal 2,7% di fine anno al 2,6% di oggi. Il Governo, quindi, ha tenuto la barra a dritta sui conti, assestandoci ben al di sotto dei limiti del 3% fissati dall’Unione europea, anche se a scapito di una forte spinta alla ripresa.

Occorrono delle forti politiche per l’occupazione perché il dato che continua a preoccupare resta quello della disoccupazione che nel 2015 arriverà al 12,8% e così resterà per altri due anni, secondo le stime.

Vita e morte delle imprese

Lo stato di salute di un’economia si misura anche nella capacità di intraprendere nuove strade, nuove sfide e quindi fare impresa. Il tasso di mortalità delle imprese, però, è stato molto alto in questi anni, quindi le imprese si creavano, ma avevano vita breve. Oggi il dato sulle cessazioni è in calo con 31mila chiusure in meno rispetto al 2013, pari a un tasso di crescita del numero delle imprese registrate dell’0,51%, più che doppio rispetto all’anno precedente (+0,21%). E’ il dato migliore dal 2010 e segnala una probabile inversione di tendenza nelle attese degli imprenditori oggi attivi, che intravvedono la possibilità di un effettivo rilancio delle attività nel corso del 2015.

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