Artigianato napoletano e presepi della politica

Il napoletano DOC è un habitué del Corso Umberto. La passeggiata della domenica al “Rettifilo”, come è definita in città questa fondamentale arteria che unisce il centro storico alla zona della stazione, è un marchio di fabbrica. Il Corso, come l’area che lo circonda, è noto tanto per lo struscio tra i negozi per ogni […]

Il napoletano DOC è un habitué del Corso Umberto. La passeggiata della domenica al “Rettifilo”, come è definita in città questa fondamentale arteria che unisce il centro storico alla zona della stazione, è un marchio di fabbrica. Il Corso, come l’area che lo circonda, è noto tanto per lo struscio tra i negozi per ogni portafoglio, quanto per essere cuore pulsante della movida universitaria, ospitando la storica sede della Federico II. Nel bel mezzo della passeggiata, a Piazza Bovio, balza sempre all’occhio un edificio imponente, Palazzo della Borsa. La struttura ha un fascino accattivante per chiunque ci passi davanti, sarà per lo stile rinascimentale, sarà perché è emblema dello spirito patriottico che ha scatenato i moti delle quattro giornate di Napoli. All’esterno è infatti collocata una lapide in memoria di quattro marinai e finanzieri trucidati dai gendarmi nazisti nel 12 settembre del 1943.

C’è però qualcosa di più. Palazzo della Borsa trasuda soldi e potere, lo si percepisce a livello empatico. Eppure in pochi a Napoli sanno che è sede centrale della Camera di Commercio. In realtà in pochi sanno che cos’è davvero la Camera di Commercio, che cosa fa in concreto, a meno che non abbiano un minimo di confidenza con la materia economica. Semplificando la definizione da manuale, è un ente pubblico, autonomo, che emana atti amministrativi con la stessa efficacia di quelli dello Stato, senza fini di lucro. Le sue sono funzioni di regolamentazione del mercato e di opera d’impulso dell’economia e delle imprese partenopee. Come lo faccia resta un po’ un mistero.

 

La Camera di Commercio di Napoli e le sue iniziative

Chi a Napoli l’ente lo conosce bene è l’economista e professore universitario Gianni Lepre. Davanti ad un caffè, un link tra la Camera di Commercio e la cultura del lavoro lo abbiamo pure trovato.

“In generale, tra i compiti della Camera di Commercio vi è sempre stato quello di favorire la crescita del sistema produttivo locale con conseguenti ritorni occupazionali. Direi peraltro che, su questa strada, nell’ultimo periodo vi sono stati passi avanti molto interessanti”. L’ultima affermazione mi colpisce: l’ente mi è sempre sembrato un corpo estraneo, un c’è-ma-non-si-vede. Provo a capirne di più.

“Mi riferisco a una molteplicità di avvisi camerali molto puntuali e ben concepiti, rivolti essenzialmente al mondo delle microimprese e delle PMI”, continua il prof. “Si erogano voucher per il sostegno, lo sviluppo e il rilancio dell’economia locale. E le attività per le quali viene concesso il contributo a fondo perduto sono diverse. Si va dai sistemi di certificazione volontaria alla partecipazione a manifestazioni fieristiche, dalla installazione o al potenziamento di impianti di videosorveglianza agli interventi a garanzia dell’igiene degli alimenti e per la tutela dei consumatori. Tra le diverse misure ve n’è una in particolare, finalizzata proprio a implementare una nuova cultura del lavoro”.

Ancora più incuriosita, gli chiedo di cosa si tratta. “Dei contributi a sostegno di percorsi di alternanza scuola lavoro”, specifica Lepre. “Poco meno di un milione di euro complessivi, messi a disposizione di imprese e professionisti per attività definite con istituti scolastici attraverso la realizzazione di percorsi intrapresi da studenti della scuola secondaria di secondo grado e dei centri di formazione professionale presso la sede legale o operativa dei beneficiari. Il voucher può arrivare fino a 2000 euro, con un incremento di 200 euro se sono coinvolti studenti disabili”.

 

Le botteghe aperte dell’artigianato napoletano: presepi, pizza e coralli

Gianni Lepre, da economista, i fatti li vede: “Credo sia un modo concreto per incoraggiare una svolta ormai sempre più necessaria, diretta a favorire la formazione di profili adeguati alla domanda di lavoro proveniente dalle imprese e dagli studi professionali”. Crede anche che la formazione on the job possa essere un orizzonte per il nuovo lavoro e tocca un punto dolente degli investimenti a Napoli: “Il discorso va esteso anche all’artigianato. Bisogna salvaguardare comparti tradizionali del Made in Italy, dove c’è un patrimonio di eccellenze a rischio per la mancanza di ricambio generazionale. Vanno incentivati i ‘maestri’ di antichi mestieri, dall’oreficeria alla liuteria, dalle ceramiche all’arte presepiale”.

Penso a Titina di San Gregorio Armeno, scomparsa a 94 anni. Sordomuta dalla nascita, al centro storico l’amavano tutti per la sua arte e il suo sorriso. Era regina dell’artigianato dell’iter dei pastori, vendendo i suoi fiori di carta colorati home made, sempre pezzi unici. Da profana mi convinco che puntare sull’artigianato, che a Napoli si va estinguendo, possa essere motore di sviluppo economico. Chiedo al prof. come si possa procedere su questa strada. “Con decontribuzioni e rimborsi spese per il primo biennio, in cui i maestri artigiani investono tempo e denaro per formare giovani apprendisti non ancora in grado di affiancarli adeguatamente, e quindi di produrre reddito. Andrebbero inoltre diffuse esperienze volte a integrare la cultura del lavoro artigiano con il turismo. Penso alle botteghe aperte, in cui i visitatori di una città d’arte possano vedere all’opera chi, ad esempio, stia realizzando un manufatto artistico. Vi sarebbero benefici doppi, anche per le vendite di tali comparti, oltre che per l’industria turistica”.

Un tempo a Napoli, lungo il decumano maggiore, le botteghe aperte c’erano. Si vedevano i maestri dell’arte presepiale al lavoro nel dare vita ai loro capolavori. Ora è pratica di pochissimi, un’abitudine caduta nel dimenticatoio. C’è un muro invalicabile a Napoli tra le istituzioni, gli enti che gravitano nel mondo del lavoro e i semplici cittadini. Non si conoscono le risorse a disposizione; anche i media su questo dovrebbero farsi un esame di coscienza per la disinformazione dilagante. Questo grava pesantemente sul modo di investire eventuali fondi erogati e tarpa le ali all’indotto, che continua a impantanarsi in settori saturi.

Napoli è capitale dello street food, non potrebbe non essere altrimenti. La pizza in tutte le sue declinazioni regna sovrana quanto il fatturato che genera. Il Borgo Orefici un tempo pullulava di attività: era una sorta di microcosmo in centro città dove i maestri orafi lavoravano e vendevano creazioni personalizzate. Adesso rischia la desertificazione. La lavorazione del corallo, che è sempre stato un unicum della Campania, potrebbe sparire come una bolla di sapone. I soldi sono pochi e a Napoli non si investe più il denaro nelle botteghe, né nel tramandare l’arte della manualità.

 

I fondi europei e le nuove generazioni

Per le originalità territoriali ci sono però fondi europei clamorosamente mai sfruttati. Su questo argomento il professor Lepre s’infiamma, e parla senza peli sulla lingua: “Qui siamo ancora alle note dolenti. L’inefficienza amministrativa, il deficit di progettualità, incidono ancora in negativo sulla capacità di spesa dei fondi. Per limitarci alla mia regione ricordo che, a fronte di un target da raggiungere fissato per il 2018 a quota 788 milioni, la Campania fino a qualche mese fa era in ritardo di oltre il 50%. I fondi europei vanno spesi, e spesi bene. Finora non si è fatto né questo né quello, e la prova conclamata è la mancata riduzione del gap con il resto del Paese. Bisogna finalmente cambiare direzione, e per farlo vanno sviluppati progetti di respiro strategico, con cabine di regia in grado di snellire procedure e di comporre in tempi rapidi interessi e posizioni delle diverse istituzioni interessate alle varie iniziative. È un salto di qualità doveroso, innanzitutto per il futuro delle nuove generazioni”.

I soldi per finanziare la formazione di una nuova “Titina” per le botteghe della San Gregorio Armeno dei pastori ci sono. Così come c’è il budget per iniziare alla lavorazione del corallo un nuovo “Antonino”, che il mestiere lo vuole imparare, pur non avendo la fortuna di nascere in una famiglia di corallari di Torre del Greco. Se si fa un tour nei licei più frequentati di Napoli, dall’Umberto al Mercalli fino al Sannazaro, nessun maturando sa orientarsi nel mondo del lavoro. Vedere rappresentanti istituzionali, come quelli della Camera di Commercio, fare informazione alla portata dei liceali può essere la chiave per imprimere una cultura del lavoro, che, nel settore degli investimenti, è ancora un tallone d’Achille.

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