Una dozzina di persone sono riunite in una stanza, nel retro di un locale pubblico. Si guardano con sospetto, i sorrisi sono forzati. Uno di loro ha davanti a sé un mucchio di carte. Sta per prendere la parola, consapevole che sarà interrotto, in meno di trenta secondi, dalla prima di una lunga serie di […]
Del perché a #NobìlitaFestival, con l’accento sulla prima “i”
Sono una Persona curiosa. E questo basterebbe per spiegare la mia presenza al festivalsulla cultura del lavoro organizzato da FiorDiRisorsee dalla rivista SenzaFiltro(da un’idea di Osvaldo Danzi e Stefania Zolotti) che si è svolto il 23-24 marzo a Bologna all’Opificio Golinelli. Ma c’è di più. C’è l’interesse verso la società e il mondo che mi […]
Sono una Persona curiosa. E questo basterebbe per spiegare la mia presenza al festivalsulla cultura del lavoro organizzato da FiorDiRisorsee dalla rivista SenzaFiltro(da un’idea di Osvaldo Danzi e Stefania Zolotti) che si è svolto il 23-24 marzo a Bologna all’Opificio Golinelli.
Ma c’è di più.
C’è l’interesse verso la società e il mondo che mi circonda, il mio bisogno di conoscerlo da vicino, di ascoltarlo dalle parole, per citare lo slogan del festival, di chi lo racconta (i giornalisti, gli intellettuali, i divulgatori di modelli culturali), di chi lo svolge (i lavoratori), di chi lo offre (gli imprenditori).
Inoltre c’è una mia personale urgenza del fare, di costruire qualcosa, di lasciare un piccolo segno (e sì, anche solo per aiutare gli organizzatori nell’accoglienza del pubblico, trovare un modo per contare gli ingressi, programmare i turni, fornire informazioni).
Il piacere di lavorare -gratis- per un progetto in cui credo perché ne condivido profondamente gli obiettivi e soprattutto i modi.
Quante volte avete partecipato a un convegno con la netta sensazione di essere lì perché si deve e avete sentito di essere destinatari dello sbandieramento dell’ego altrui? Io molte volte. I sorrisi di circostanza, i biglietti da visita, il controllo continuo dell’orologio per poter scappare il prima possibile, il desiderio che “qualcuno mi telefoni, così posso uscire, subito”!
I modi con cui FdR realizza i suoi progetti sono quelli che arrivano al punto. Sono esperienze vitali, creano trasferimenti di conoscenza che passano dalle Persone che le mettono in pratica e le raccontano con passione. Dietro le quinte del festival c’è il senso dell’appartenenza a questo gruppo, la ragione per cui FdR esce dal mondo virtuale di LinkedIn e realizza eventi veri: la passione per il lavoro e del lavorare insieme.
Per uscire dalla mente di Osvaldo e Stefania e diventare Nobìlita, a novembre è stato organizzato un evento in Lamborghini che ha visto la partecipazione di oltre trenta persone tra giornalisti, imprenditori, manager, chiamati a mettere a fattor comune le loro idee su un evento che raccontasse il lavoro con lo stile di SenzaFiltro. In questo contesto “contaminato” è stato delineato il programma di massima ed è stata decisa la città in cui sarebbe stato realizzato, Bologna, “una città che vive il lavoro nel vero equilibrio fra professione e vita privata, un tema di grande attualità a cui i lavoratori di ogni territorio e azienda produttiva vorrebbero tendere”.
Di lì a poco è arrivata la disponibilità dell’Opificio Golinelli, è stato creato un logo e ha iniziato a perfezionarsi la lista dei relatori.
A inizio gennaio mancava tutto il resto. Anche i soldi per realizzarlo.
La nostra community è nata sul web e per l’organizzazione degli eventi attraverso il web continua a comunicare utilizzando una piattaforma di collaborazione on line. Qui tra i soci attivi di FdR, sparsi in diverse regioni d’Italia, abbiamo creato un gruppo di circa trenta persone volontarie. Persone con competenze tra le più disparate, come la nostra community è in grado di radunare intorno a un’idea: consulenti del lavoro, ingegneri, venditori in vari settori, esperti di marketing e comunicazione, di organizzazione, piccoli imprenditori, manager.
La prima volta che ci siamo incontrati di persona a Bologna c’era la neve e molte idee erano confuse. Nessuno di noi aveva mai organizzato un evento di questa portata, ma è stata definita una mappa entro cui muoversi. Ognuno ha portato qualcosa, come minimo il tempo a disposizione e l’entusiasmo: queste componenti hanno fatto da coagulante naturale. Nelle settimane a seguire abbiamo individuato il nostro ruolo seguendo le nostre inclinazioni o semplicemente trovando libero un compito ancora da assegnare. E le cose da fare erano tante: trovare gli sponsor, decidere come accogliere le persone, organizzare il momento dedicato ai giovani, “La Scuola delle Idee”, e per questo preparare i ragazzi che avrebbero partecipato, contattare le università e le scuole, ordinare e ritirare le magliette con il logo dell’evento, realizzare le vele e i badge per i partecipanti, ricontattare ogni relatore, gestire i loro trasferimenti e la sistemazione negli alberghi, preparare gli impianti audio-video per la registrazione online, mettere a punto la regia di ogni panel, controllare e suddividere le liste dei partecipanti, organizzare l’evento pre-festival, definire i turni al check-in, all’auditorium o al banchetto di FdR.
Al briefing finale online, un’esperienza incredibile vissuta a distanza attraverso la piattaforma, ogni dettaglio è stato definito.
Quasi, perché fino all’ultimo nessuno di noi aveva le idee proprio chiare di come questa organizzazione prendesse realmente forma. Il risultato, il 23 e il 24 marzo è stato una forma fantastica che credo abbia contagiato tutti, non solo i partecipanti ma anche chi ha fornito servizi per noi e i nostri ospiti d’onore, i relatori.
Questo festival è stato davvero differente, nei contenuti e nei modi. Posso dire che a questa differenza sono abituata da quando ho conosciuto da vicino il gruppo di FdR. È nella sua natura ed è contagioso.
“Nutre la mente solo ciò che la rallegra”, scriveva S. Agostino nelle Confessioni (e confesso di conoscere solo la citazione e di non aver mai letto il testo). Ho imparato, nel tempo, che solo quello che mi appassiona resta fissato nelle mie cellule, in una memoria diffusa che non è solo quella della mente. Apprendiamo con tutto il sistema corpo-mente. E qui arriva il collegamento con uno dei miei più amati interessi, un metodo che pratico, studio e approfondisco da quindici anni ormai, che è la biodanza. Sto parlando dell’esigenza di integrare queste mie due anime, gli studi scientifici, il rigore, le tecnologie che tratto oggi come commerciale in ambito ICT e la ricerca che ho condotto per il mio sviluppo personale nell’ambito dell’educazione al benessere psicofisico.
Unire i puntini tra questi due estremi credo sia necessario per molti.
Ascoltare il JobX di Sebastiano Zanolli “Se vuoi, davvero puoi”?, con il suo invito di “aggiungere umanità alla competenza”, di diventate “spacciatori di speranza” riassume un bisogno collettivo di diventare più umani di quanto lo siamo, di arricchirci a livello personale.
Mettere più umanità in quello che faccio significa per me dare valore al mio lavoro, comprendere, essere attenta e permeabile, stare in ascolto, scambiare conoscenza, accettare i miei limiti, accogliere quelli dell’altro, cooperare.
Altrimenti è “solo” una prestazione e, alla lunga, ci si può ammalare per questo.
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