Del senno di poi son piene le pagine

Le decisioni sbagliate sul lavoro e nella vita personale spesso hanno un’origine ben precisa. Vediamo quale nella recensione di “Sbagliando non si impara” di Sara Garofalo.

Da un libro dal titolo Sbagliando non si impara. Perché facciamo sempre le scelte sbagliate in amore, sul lavoro e nella vita quotidiana ci si aspetta la soluzione definitiva per smetterla finalmente di combinare disastri in campo sentimentale, prendere decisioni scellerate nella professione o farsi prendere dall’irrazionalità mentre si fa shopping. E invece no, non fatevi illusioni. Questo non è un libro di formule miracolose e ricette magiche, specifica l’autrice nell’introduzione, e a dirla tutta: “Questo libro contiene scienza”.

Sbagliando non si impara, un antidoto contro le trappole mentali di cui tutti siamo vittime

Sbagliando non si impara di Sara Garofalo (il Saggiatore, 216 pp., 14 euro) fornisce “un nuovo modo di guardare alle cose di tutti i giorni”. Perché è proprio nel quotidiano che la nostra mente si ostina a cadere in certe modalità di pensiero, che ci sono state molto utili per difenderci dai pericoli quando il nostro habitat era la savana, ma che oggi si rivelano trappole: schemi mentali fondati su pregiudizi e scorciatoie di pensiero – in gergo scientifico “bias cognitivi” ed “euristiche” – che mettono sotto scacco la nostra razionalità (e spesso son dolori).

Esempio pratico: uscite di casa con la lista della spesa compilata con cura e un budget ben preciso in mente. I vostri buoni propositi vanno allegramente a farsi benedire di fronte al cesto delle occasioni “Tutto a 4,99 euro”, dal quale pescate a piene mani, e anche con un certo orgoglio, cianfrusaglie inservibili, convinti di aver fatto l’affare del secolo. Accade perché, di fronte a scelte complesse, tendiamo a guardare il quadro e non la cornice in cui è inserito.

Sara Garofalo, ricercatrice di neuroscienze cognitive all’Università di Bologna e autrice di numerose pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali, di esempi di questo tipo ne fa una godibile rassegna, aiutata da numeri, test, esercizi pratici e un gusto tutto suo per il racconto. Una trappola dopo l’altra, l’autrice ci costringe a ripensare alle nostre scelte passate – sul lavoro, in amore, nella vita – alla luce delle sue rivelazioni sul funzionamento della mente umana: e allora la materia si fa incandescente, gli interrogativi più personali.

Costi sommersi e sconfitte inaccettabili: perché è così difficile fare la scelta giusta?

Perché è così difficile lasciare un lavoro che non ci dà più alcuna soddisfazione (o mettere fine a una relazione amorosa che non va), per esempio? La risposta è nel “bias del costo sommerso”, che ci spinge a focalizzare l’attenzione sulla quantità di tempo, emozioni e denaro che abbiamo investito in una certa scelta e non sui potenziali benefici che un cambiamento potrebbe apportare alla nostra vita futura.

Prendiamo il caso di un trentenne che vorrebbe mollare il suo noioso lavoro da impiegato per dedicarsi finalmente all’insegnamento della musica. Probabilmente gli consigliereste di buttarsi. La sua mente, invece, sarebbe già al lavoro per frenare gli entusiasmi: vuoi davvero buttare all’aria tutti gli sforzi fatti durante il periodo di studi? E i soldi spesi dai tuoi genitori per l’università? E l’energia emotiva che hai impiegato in tutti quei colloqui di lavoro?

Un meccanismo che si attiva molto più spesso di quanto crediamo: quante volte abbiamo continuato a leggere un libro che ci ha annoiato nelle prime cinquanta pagine (“Tanto ormai l’ho iniziato…”) o abbiamo continuato a vedere un film che pure ci era parso fin da subito una gran delusione? Rifuggiamo l’idea di poter aver “sprecato” tempo ed energie nel passato e ci ostiniamo a voler dare valore a qualcosa che oggi, forse, potrebbe non averne più: è così che i colleghi saccenti, il lavoro senza stimoli, la routine consolidata hanno la meglio su qualunque prospettiva di cambiamento.

Piuttosto che arrenderci all’idea della sconfitta (altro bias, quello dell’avversione alla perdita), ci ostiniamo a voler aggiustare un giocattolo che si è rotto (o a riparare una macchina che ci ha sempre dato un sacco di problemi, fuor di metafora). Dare un taglio netto al passato, riconoscere di aver sbagliato o di aver semplicemente cambiato idea è molto doloroso: di qui la difficoltà a scegliere di non votare più il partito politico che pure ci ha deluso, abbandonare la fede religiosa che non è ci mai calzata a pennello o, più banalmente, cambiare parrucchiere.

Sforziamoci a compiere ogni scelta guardando al futuro e non a un passato sul quale non si può più intervenire, suggerisce l’autrice. E a volte prendiamoci anche il gusto e la libertà, vivaddio, di compiere un errore lanciandocisi “dentro a piedi uniti, nella consapevolezza totale”.

Perché leggere Sbagliando non si impara

Questo è un libro sulle trappole della mente che è esso stesso un percorso pieno di insidie (non possiamo svelare di più).

Si legge con la stessa facilità e la fiducia cieca con cui si indossa la “maglietta fortunata” al colloquio di lavoro, credendo di propiziarsi un esito favorevole. Quando si parla di bufale – e di come le idee complottiste abbiano gioco facile cercando di portare ordine e senso a eventi straordinari e difficili da accettare, vedi il COVID-19 creato in laboratorio, il 5G e compagnia cantante – il tono si fa sottilmente inquietante.

Siete stati avvertiti.

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