Reportage

Le riviste

SOTTOSCRIVI SF

Shop

Fiordirisorse

Osservatori di SF/FdR

Bilancio trasparente FdR

Privacy

Cookie

Credits

Ultime News

Offerte di lavoro

Redazione

Corsi

Whistleblowing

Glossario

Il Sondaggio

Contatti/Collabora

Resta aggiornato

Hai vissuto delle esperienze di lavoro<br /> negative? RACCONTACELE!

cover-scartati-2

Cover Scartati (2)

logo_nobilita

claudia_spadoni

Claudia_Spadoni

È giornalista pubblicista. Ha curato rubriche di libri e di cinema e scritto di attualità e costume per Marie Claire e marieclaire.it, ha collaborato con vanityfair.it. Si è laureata in Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, ha frequentato un master in Redattori per l’informazione Culturale nei Media. Appassionata di digital marketing, ha seguito un Master in Web Marketing, Social Media Marketing &amp; Community Management. Lavora come social media manager e copywriter, costruisce siti in Wordpress e aiuta le aziende a comunicare in maniera efficace e mai banale. Detesta l’improvvisazione, crede nel potere salvifico dei libri e dei gatti.

Claudia Spadoni

Claudia Spadoni Archivi

Claudia Spadoni - Informazione senza filtro

Home

Informazione senza filtro

Sono i fantasmi incaricati di collocare la merce sugli scaffali dei supermercati, arrivano a fare più di 12 ore a giornata (spesso di notte) con stipendi che toccano i quattro euro l'ora. Un viaggio tra lavoratori stritolati da cooperative, interinali e contratti pirata

Scaffalisti: un mestiere, 244 contratti, pochi euro all'ora

Il Tribunale di Milano commina l’ennesima multa all’indirizzo delle piattaforme di food delivery. Deliveroo e Uber Eats tenute a risarcire i rider dei contributi mai versati

... e il food delivery ci ha provato anche con i contributi.

<p>In Italia più di sette lavoratori su dieci operano nei servizi. La nostra recensione del saggio della sociologa Giovanna Fullin, che abbiamo intervistato: il suo libro indaga la loro situazione attraverso dati, analisi e testimonianze</p>


La copertina del libro "I clienti siamo noi" di Giovanna Fullin

I clienti siamo noi? Poveri lavoratori

Più di sette lavoratori su dieci operano nei servizi. La nostra recensione del saggio della sociologa Giovanna Fullin, "I clienti siamo noi".

I clienti siamo noi? Poveri lavoratori - Informazione senza filtro

https://backend.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2023/10/i-clienti-siamo-noi-2.png

https://secure.gravatar.com/avatar/9e1763f6da693c9cb7dd971e09158c87?s=96&d=mm&r=g

andrea

Dove muoiono i lavoratori. Entriamo nell'Osservatorio indipendente tenuto dall'ex metalmeccanico Carlo Soricelli, che conteggia anche le vittime non registrate dagli istituti ufficiali: "Tutte queste vittime sono dovute a scelte politiche come il Jobs Act, e alla mancanza di formazione sulla sicurezza"

Morti sul lavoro in aumento nel 2023: lo Stato non la conta giusta

Dal 2025 sarà obbligatorio sostenere un corso di specializzazione a numero chiuso da 60 CFU per accedere all'insegnamento sul posto comune, un processo che per certi versi somiglia a quello farraginoso del TFA sostegno. Evelina Chiocca, presidente CIIS: “Cattedre miste e formazione obbligatoria, non selezioni”

Nuova abilitazione all'insegnamento, numeri chiusi e ancora selezioni

<p>Si chiama <em>TikTok. Capire le dinamiche della comunicazione ipersocial </em>(Hoepli), ed è una raccolta di saggi sulla semiotica della piattaforma cinese con 1,5 miliardi di utenti in tutto il mondo. Intervistiamo gli autori Gabriele Marino e Bruno Surace</p>


La copertina del libro "TikTok. Capire le dinamiche della comunicazione ipersocial"

#TikTok

#TikTok Archivi

#TikTok - Informazione senza filtro

TikTok spiegato a mia nonna. Il libro che racconta l&#8217;ultimo social

"TikTok. Capire le dinamiche della comunicazione ipersocial" è una raccolta di saggi sulla piattaforma con 1,5 miliardi di utenti nel mondo.

TikTok spiegato a mia nonna. Il libro che racconta l'ultimo social

TikTok spiegato a mia nonna. Il libro che racconta l'ultimo social - Informazione senza filtro

https://backend.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2023/10/tiktok-libro.png

Buona parte della stampa sostiene che la utilizzano per copiare, ma per loro è soprattutto uno strumento per migliorare lo studio. Non tutti la conoscono e in diversi addirittura la temono; a scuola non se ne parla. Le opinioni di alcuni studenti di scuola superiore sull'IA

Gli studenti e l'IA: “ChatGPT non va demonizzata, stimola noi giovani a farci le domande giuste”

<p class="Corpo" style="text-align: justify;"><span lang="IT" style="font-size: 12.0pt;">All'indomani delle grandi dimissioni, le politiche retributive delle imprese faticano a trattenere e attrarre i lavoratori: i dati raccolti dall'Osservatorio JobPricing suggeriscono che il welfare e i benefit aziendali sono sempre più determinanti</span></p>

"Pagateli di più"? Non basta: i lavoratori cercano welfare e benefit

<p>La nostra recensione del testo redatto dal Collettivo Banfield, composto da racconti sulla vita e la carriera di diversi sportivi di successo, da Nadia Comăneci a Gianmarco Tamberi e Marcell Jacobs, con un&#8217;intervista a uno di loro: il pugile Ali Kaja</p>


La copertina del libro Talent Show, del Collettivo Banfield

Talent Show, il libro in cui lo sport confina con il lavoro

La nostra recensione del testo redatto dal Collettivo Banfield, composto da racconti sulla vita e la carriera di diversi sportivi di successo.

Talent Show, il libro in cui lo sport confina con il lavoro - Informazione senza filtro

https://backend.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2023/06/talent-show.png


<p><strong>Gentile Ministra Calderone</strong>, innanzitutto ci presentiamo. Siamo una testata che si occupa di cultura del lavoro e che, dal mese di febbraio, grazie anche ai verbali delle riunioni che si trovano sul sito del ministero del Lavoro, <a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/osservatorio-crisi-aziendali-vi-teniamo-docchio/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">monitora le crisi aziendali</a> da Nord a Sud Italia. Ma facciamo di più, perché in molte delle fabbriche che rientrano nell’elenco noi ci siamo anche andati e abbiamo conosciuto direttamente i visi, le passioni, le voci di chi ogni giorno si sveglia per andarci a lavorare nonostante le variabili e le incognite.</p>



<p>Poco prima delle elezioni avrà visto, tramite i media, lo sciopero dei lavoratori dell’<strong>Ansaldo</strong>. Bene. Non per scoraggiarla, ma sappia che quella è<strong> la punta dell</strong><strong>’</strong><strong>iceberg</strong>. Le aziende in crisi sono molte di più e spesso si occupano di asset fondamentali per il nostro Paese, finiti in mano magari a fondi di investimento o a player stranieri che potrebbero avere poco interesse a continuare a investire in Italia, ormai sempre più periferia di un impero del quale non conosciamo bene nemmeno la capitale.</p>



<p>In questi mesi abbiamo visto risolversi alcune situazioni, ma anche arrivarne di nuove, e tante peggiorare. A febbraio siamo andati a trovare le lavoratrici della <strong>Saga Coffee</strong> che a Gaggio Montano, sull’appennino bolognese, temevano di perdere il lavoro solo perché la loro azienda era in una valle poco servita a livello di infrastrutture. La questione si è risolta per il meglio, ma nel frattempo altre sono arrivate a chiedere aiuto al Suo ministero.</p>



<p>Spesso sono aziende storiche come <strong>Italtel</strong>, ma in molti altri casi sono aziende che hanno a che fare col <strong>petrolio</strong> o hanno lavorazioni altamente <strong>energivore</strong>: le sanzioni alla Russia da una parte e i costi alti di materia prima dall’altra le hanno messe in ginocchio. Ma quello che finora abbiamo tracciato è un ritratto di massima e, da qui in poi, Le riassumiamo in un <strong>elenco gli sviluppi degli ultimi mesi</strong> di vertenze che arriveranno sul Suo tavolo.</p>



<p>Ci auguriamo che questo nostro plico possa esserle utile, così come la nostra disponibilità. Buon lavoro dalla redazione di <em>SenzaFiltro</em>.</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<h2 id="h-isab-s-r-l-del-gruppo-lukoil-le-relazioni-pericolose-con-il-petrolio-russo">ISAB S.R.L. del Gruppo Lukoil, le relazioni pericolose con il petrolio russo</h2>



<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p>La società energetica <strong>ISAB</strong>,<strong> 1</strong><strong>.</strong><strong>050 lavoratori e 1</strong><strong>.</strong><strong>930 di indotto</strong>,<strong> </strong>presente in Sicilia dal 2008, ha chiesto garanzie dal fondo SACE, perché le sanzioni russe hanno colpito in modo particolare il suo accesso al credito. Il problema dell’azienda, infatti, è che acquista <strong>greggio russo</strong>.</p>



<p>L’azienda ha avviato un dialogo con una società del settore, volto a realizzare un processo di <strong>decarbonizzazione</strong> che interesserebbe l’intero polo chimico siracusano.</p>



<p>Continuano le interlocuzioni con Intesa San Paolo e con SACE per chiarire aspetti pratici legati al <strong>riconoscimento del credito</strong>. Intesa San Paolo ha costituito una task force per analizzare la struttura del progetto di finanziamento, ma i documenti arrivano in modo troppo lento.</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<h2 id="h-speedline-e-la-sua-data-room-attraggono-investitori">Speedline e la sua data room attraggono investitori</h2>



<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p>Gli advisor di Vitale e Co. da agosto si sono attivati per avviare contatti e interlocuzioni con alcuni <strong>potenziali investitori</strong>, ai quali è stata sottoposta una <strong>data room</strong> con le informazioni sull’azienda. </p>



<p>È stato individuato e contattato un numero importante di possibili interessati, italiani e stranieri, di natura industriale relativi al settore automotive e di natura finanziaria specializzati in turnaround; <strong>oltre venti hanno firmato l’accordo di riservatezza</strong>, accedendo alla data room e al documento informativo, e ottenendo chiarimenti sul tema.</p>



<p>Alcuni soggetti hanno già visitato lo stabilimento ed è programmata nel mese corrente la visita di un ulteriore potenziale investitore.</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<h2 id="h-roman-style-brioni-s-p-a-guarda-a-dubai-e-riorganizza-l-azienda-limitando-gli-esuberi">Roman Style Brioni S.p.A. guarda a Dubai e riorganizza l’azienda limitando gli esuberi</h2>



<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p><strong>Roman Style Brioni S.p.A.</strong> ha agito, oltre che sulla razionalizzazione dei <strong>costi di struttura</strong>, anche sulla <strong>gestione distributiva</strong> (retail e wholesale), sulla <strong>comunicazione</strong> e sulla <strong>reindustrializzazione</strong>. Sono stati effettuati investimenti per la comunicazione con nuovi testimonial e lancio di una piattaforma di e-commerce, aperti nuovi negozi in aree geografiche in crescita (in Asia e in Cina), e sviluppate nuove linee industriali dedicate alla linea più informale.</p>



<p>L’azienda ha confermato l’utilizzo di tutti gli strumenti disponibili, come il Fondo Nuove Competenze, per <strong>limitare il più possibile gli esuberi</strong>, e quindi ricollocare il perimetro occupazionale in numero ragionevole. In particolare, l’azienda ha cercato di lavorare sulla polivalenza e flessibilità delle maestranze.</p>



<p>È stato avviato un significativo <strong>piano di rilancio</strong> di Brioni, con particolare attenzione al processo di riorganizzazione e all’attività di distribuzione, sempre con il costante supporto del Gruppo Kering. È previsto un corposo piano di investimenti, oltre che la riapertura verso il <strong>mercato di Dubai</strong> per mitigare l’attuale contrazione di quello russo.</p>



<p>In relazione ai <strong>321 esuberi preannunciati</strong>, 245 lavoratori hanno aderito al percorso di uscita volontaria con incentivo all’esodo, e tra questi ci sono stati 56 prepensionamenti e la ricollocazione di 25 dipendenti. È però necessario procedere all’apertura di una procedura di mobilità collettiva per quei 24 dipendenti per cui non è stato possibile il relativo reimpiego.</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<h2 id="h-portvesme-riconverte-materiali-piu-appetibili-e-meno-consumi-i-sindacati-critici-su-parte-del-progetto">Portvesme riconverte: materiali più appetibili e meno consumi. I sindacati critici su parte del progetto</h2>



<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p>La società, con 1.300 dipendenti, nel 2021 e nel 2022 ha subito <strong>perdite</strong> nell’ordine di circa <strong>100 milioni di euro all</strong><strong>’</strong><strong>anno</strong>, che sono destinate all’aumento, visto che è un’azienda fortemente energivora.</p>



<p>Per questo è stato pianificato il <strong>fermo della linea del piombo</strong> entro la fine del primo trimestre del 2023; si investe su altri impianti per non fermare la produzione. Da ottobre 2021 era stata attivata la <strong>cassa integrazione per 175 unità</strong> <strong>di personale</strong>, utilizzata in realtà con una media di circa 60 dipendenti. È allo studio una <strong>riconversione</strong> degli impianti di zinco e piombo al fine di produrre nuovi materiali più appetibili sul mercato mondiale, utili alla produzione di batterie di nuova generazione.</p>



<p>La capogruppo <strong>Glencore</strong> ha intenzione di investire, in tempi brevi, su una linea produttiva di <strong>litio</strong>. Lo studio di trasformazione invece sta valutando la possibilità di convertire la linea piombo in un impianto di trasformazione di solfuri di nickel, mentre i reparti di lisciviazione e di solvent extraction verrebbero dedicati a trattare la cosiddetta “<strong>black mass</strong>”, il pastello di riciclo delle batterie di nuova generazione a base di cobalto, manganese e litio. Glencore ha illustrato che il progetto, del tutto in linea con i criteri dell’economia circolare, avrà un consumo energetico pari a un terzo dell’attuale.</p>



<p>I <strong>sindacati</strong> hanno manifestato ferma opposizione alla decisione di fermare la produzione relativa alla linea del piombo ed alla fonderia a San Gavino, in assenza di garanzie sulla riconversione degli impianti. Hanno affermato che la CIGS, di prossima scadenza, non è l’obiettivo che intendono perseguire senza garanzie di prospettive di continuità produttiva e tutela occupazionale. Hanno espresso apprezzamento per il progetto di riconversione.</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<h2 id="h-sideralloys-in-revamping-whirlpool-da-buca-a-sindacati-e-ministero">Sideralloys in revamping, Whirlpool dà buca a sindacati e ministero</h2>



<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p><strong>Sideralloys Italia S</strong><strong>.</strong><strong>p</strong><strong>.</strong><strong>A</strong><strong>.</strong>,<strong> </strong>unico polo industriale nazionale per la produzione di alluminio primario, attualmente è in ristrutturazione generale. Ad oggi sono impiegati <strong>104 dipendenti diretti e circa 260 dell’indotto</strong> per l’attività di revamping in corso. È previsto l’avvio dell’attività di fonderia entro il mese di ottobre 2022, mentre quella relativa alle celle elettrolitiche inizierà a metà del 2023 per andare a regime entro il 2024.</p>



<p>A regime l’impresa impiegherà fino a <strong>1.500 dipendenti</strong> e i soci hanno già effettuato investimenti per un totale di 36 milioni di euro, 6 dei quali sostenuti dal socio Invitalia. Per Invitalia, Roberto Rizzardo ha confermato l’investimento effettuato in misura pari a 6 milioni di euro a titolo di partecipazione al capitale della società.</p>



<p><strong>“Whirlpool Corporation</strong> ha avviato – nel mese di aprile 2022 – una revisione strategica delle proprie attività nella regione Europa, Medio Oriente e Africa. Nell’ambito di questa revisione strategica, tutte le opzioni sono attualmente in corso di valutazione e tutti gli scenari continuano ad essere valutati”. Questo scrive l’azienda, senza presentarsi al tavolo al ministero, con il disappunto dei sindacati. A sorpresa pochi giorni fa Whirlpool ha comunicato agli stessi sindacati la volontà di cedere a due imprese gli asset europei.</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<h2 id="h-softlab-cmc-wartsila-italia-treofan">Softlab, CMC, Wärtsilä Italia, Treofan</h2>



<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p>Per <strong>Softlab</strong> è stato ridotto il numero dei dipendenti in cassa integrazione e avviata una <em>due diligence</em>. Aderiranno al progetto Goal; stanno lavorando alla fibra ottica, e il ministero li tiene costantemente sotto controllo.</p>



<p><strong>CMC Cooperativa Ravenna </strong>ha elaborato due progetti che dovrebbero garantire la salvaguardia dei livelli occupazionali e produttivi, attraverso il coinvolgimento di soggetti industriali e l’intervento di risorse pubbliche a supporto dell’operazione. Al momento, date le caratteristiche delle operazioni in corso, è opportuno mantenere la riservatezza sul nominativo dei soggetti in questione.</p>



<p><strong>W</strong><strong>ärtsilä Italia S.p.A</strong><strong>.</strong><strong> </strong>ha deciso di fermare parte della produzione a Trieste e ha comunicato il <strong>licenziamento di 451 lavoratori</strong>. Il gruppo ha individuato un advisor specializzato in progetti di reindustrializzazione che fornirà il proprio supporto nella ricerca di un operatore per avviare un piano di reindustrializzazione. L’azienda continuerà a portare avanti le attività di ricerca e sviluppo, i servizi di formazione, e proseguirà a investire nella parte dello stabilimento di Trieste che continuerà la propria attività.</p>



<p>Per quanto riguarda <strong>Treofan</strong>,<strong> </strong>dopo una ricerca che ha interessato diversi player nei mesi precedenti è stato individuato un investitore, <strong>HGM</strong>, il quale ha formulato una proposta che prevede il <strong>reimpiego di tutti i lavoratori</strong>. Il Gruppo Jindal contribuirà all’operazione di riconversione industriale con la messa a disposizione dei beni del complesso industriale (capannoni, strumenti software e hardware, eccetera) a un prezzo simbolico, con l’obiettivo di attuare un progetto di reindustrializzazione del sito con la massima tutela occupazionale. HGM, di proprietà della famiglia Sangiovanni, produce cavidotti per la fibra ottica e offre servizi di fornitura a operatori della telefonia. L’azienda occupa <strong>350 dipendenti diretti e 1.000 in tutta Italia</strong>. Il progetto di reindustrializzazione, che verrà presentato a breve, sarà quindi finalizzato alla produzione di servizi per la telecomunicazione.</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<h2 id="h-italtel-qf-s-p-a-ex-gkn-e-acciaierie-italia-ex-ilva">Italtel, QF S.p.A. (ex GKN) e Acciaierie Italia (ex ILVA)</h2>



<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p>Per i 930 lavoratori <strong>Italtel </strong>è in atto un piano di rilancio autofinanziato. Basa la propria attività prevalentemente sugli accordi con Open Fiber, che ha il compito di gestire il passaggio alla fibra di tutta Italia.</p>



<p><strong>QF S</strong><strong>.</strong><strong>p</strong><strong>.</strong><strong>A</strong><strong>.</strong><strong> (ex GKN)</strong>.<strong> </strong>Ad agosto l’azienda, che ha <strong>350 dipendenti</strong> con <strong>80 </strong><strong>appart</strong><strong>enenti</strong><strong> </strong><strong>all</strong><strong>’</strong><strong>indotto</strong>, ha chiesto la <strong>cassa integrazione</strong>, volta a facilitare un progetto di <strong>reindustrializzazione</strong> del sito che prevede l’e-drive quale prodotto/servizio centrale. Limpresa ha comunicato di aver intrapreso, in questi mesi, un percorso volto a creare un joint laboratory a Campi Bisenzio con obiettivi di prospettiva. Ha precisato che, sulla base di tale progetto, la reindustrializzazione sarà realizzata da QF – non dal Consorzio – per la quale è fondamentale la possibilità di ricorrere al sostegno della cassa integrazione.</p>



<p><strong>Acciaierie Italia o ex Ilva</strong>,<strong> </strong>società con <strong>10.605 dipendenti</strong> a oggi sostenuta dai fondi pubblici, sta attendendo un rilancio industriale, ma la situazione si è ulteriormente complicata a causa dell’aumento dei costi delle materie prime, ma soprattutto dell’energia. Il settore dell’acciaio è uno di quelli sui quali pesano più di tutti i rincari energetici.</p>



<div style="height:80px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p class="has-text-align-right"><em>Leggi gli altri articoli a tema <strong><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/crisi-aziendali/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">Crisi aziendali</a></strong>.</em></p>



<div style="height:80px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<div class="is-layout-flow wp-block-group"><div class="wp-block-group__inner-container">
<div class="is-layout-flow wp-block-group"><div class="wp-block-group__inner-container">
<p class="has-text-align-right"><em>Leggi il mensile 116, &#8220;<a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/numero-116/" target="_blank" rel="noreferrer noopener"><strong>Cavalli di battaglia</strong></a>&#8220;, e il reportage &#8220;<a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/reportage/112-reportage-sua-sanita-pnrr/" target="_blank" rel="noreferrer noopener"><strong>Sua Sanità PNRR</strong></a>&#8220;.</em></p>



<hr class="wp-block-separator has-text-color has-black-color has-css-opacity has-black-background-color has-background is-style-wide" />



<p><em>L’articolo che hai appena letto è finito, ma l’attività della redazione SenzaFiltro continua. Abbiamo scelto che i nostri contenuti siano sempre disponibili e gratuiti, perché mai come adesso c’è bisogno che la cultura del lavoro abbia un canale di informazione aperto, accessibile, libero.</em></p>



<p><em>Non cerchiamo abbonati da trattare meglio di altri, né lettori che la pensino come noi. Cerchiamo persone col nostro stesso bisogno di capire che Italia siamo quando parliamo di lavoro.&nbsp;</em></p>



<p class="has-text-align-center"><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/sottoscrivi-sf/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">Sottoscrivi SenzaFiltro</a></p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
</div></div>
</div></div>



<p><em>Photo credits: consulentidellavoro.it</em></p>


Cara Ministra, questo è quanto: lettera a Marina Calderone sulle crisi aziendali italiane

Scuola e lavoro sommerso, oggi l’insegnante è più impiegato che docente

<p><strong>Alberto Prunetti</strong> è uno scrittore dal solido background nella working class, che ha imparato l’inglese pulendo cessi nei centri commerciali britannici e impastando pizze in localacci finto-italiani. L’ha raccontato nel 2018 col libro <strong><em>108 metri</em></strong><em>. <strong>The new working class hero</strong></em>, dopo decine di rifiuti da parte di case editrici eccellenti che contestavano il fatto che il protagonista del libro non evolvesse nel corso delle vicende. Era il secondo episodio di una trilogia iniziata con <em>Amianto. Una storia operaia</em> (Edizioni Alegre) che finisce con <em>Nel girone dei bestemmiatori. Una commedia operaia </em>(Laterza).</p>
<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<h2 id="h-non-e-un-pranzo-di-gala-il-romanzo-scortese-sulla-working-class">&#8220;Non è un pranzo di gala&#8221;, il romanzo scortese sulla working class</h2>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p>“A differenza dei personaggi borghesi tanto amati dagli editor, <strong>i protagonisti delle storie working class non cambiano mai la loro vita</strong>, anzi la merda aumenta da un giorno all’altro. Se sei una donna di classe operaia non subisci alcuna trasformazione positiva; il giorno dopo è sempre peggio. Non sono queste le storie che l’industria culturale vuole pubblicare”, dice Prunetti con lo stile franco e diretto che ritroviamo anche nel nuovo libro <strong><em>Non è un pranzo di gala. Indagine sulla letteratura working class</em></strong> (minimum fax), puntuta disamina dello spazio esiguo che rimane alla voce della classe lavoratrice in un panorama editoriale zeppo di storie di privilegio.</p>
<p>“Nell’immaginario comune la classe lavoratrice non si interessa alla cultura, è protagonista del solito articolo annuale che riferisce come una certa fascia di popolazione italiana non legga libri. Identifichiamo la working class con il classico <strong>operaio con la tuta blu</strong>; in realtà è formata da donne, operai e migranti che lavorano nei comparti delle pulizie, della logistica e della ristorazione, facendo quei lavori <em>dirty, dangerous and demanding</em> nei quali si investe poco, preferendo il lavoro di gente che sposta diapositive da una cartella all’altra. <strong>Le città italiane sarebbero piene di merda se non ci fosse la classe operaia a tenerle pulite</strong>”, dice Prunetti.</p>
<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<h2 id="h-la-classe-operaia-va-in-libreria-narrazioni-e-aberrazioni-nella-letteratura-della-working-class">La classe operaia va in libreria: narrazioni e aberrazioni nella letteratura della working class</h2>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p>In tempi di pandemia si è parlato molto, e a volte a sproposito, di lavoro e di lavoratori, con formule vuote come <strong>great resignation</strong> e <strong>quiet quitting</strong>; si è promossa a gran voce l’adozione dello smart working, rimanete pure nelle vostre case. Appelli e discussioni che hanno <strong>escluso</strong> intere classi di lavoratori, quella <strong>working class</strong> che sta fuori dagli uffici e che la letteratura racconta poco o male, o non racconta proprio.</p>
<p>Senza la voce della working class in letteratura, che cosa ci stiamo perdendo? “Ci perdiamo la voce vera delle persone vere che rappresentano una fetta consistente del nostro Paese. Ci stiamo perdendo la capacità di produrre anche in letteratura un immaginario che sia capace di restituire la dimensione e la profondità, i livelli di <strong>consapevolezza</strong> e di <strong>conflittualità</strong> di una classe sociale che in questo modo sogna le vite degli altri e pensa che la propria non sia importante”, spiega Prunetti, fondatore insieme a Edizioni Alegre della collana Working Class.</p>
<p>La <strong>letteratura operaia</strong> ribolle ed è in fermento, come testimonia il successo di un’autrice dal background working class come <strong>Annie Ernaux</strong>, fresca vincitrice del Premio Nobel per la Letteratura, identificata da Prunetti come una “transfuga di classe”, e pur nella colpevole disattenzione italiana che ha scambiato la potente trilogia working class di Elena Ferrante per una storia di amicizia al femminile (Prunetti sposa in pieno la tesi espressa da Giusi Palomba in un articolo per <em>Valigia Blu</em>). E ancora, il chiacchierato <em>Maid</em> dell’ex donna delle pulizie Stephanie Land non è altro che un “un fottuto bestseller di letteratura working class”, anche se gli occhioni sgranati dell’attrice protagonista Margaret Qualley nella trasposizione tv Netflix hanno aggiunto una patina non necessaria di romanticismo alla vicenda.</p>
<p>“A volte la working class è raccontata in forma romanticizzata o nella versione del bravo ragazzo che ce la fa studiando, il classico stronzo con il cuore d’oro che ottiene il suo riscatto”, conferma Prunetti. “Si tratta di una forma che serve a rendere la classe operaia appetibile agli occhi di chi la guarda dall’alto, con condiscendenza. La trovo una <strong>narrazione offensiva</strong>”.</p>
<p>L’autore sottolinea come la letteratura working class faccia fatica a trovare spazio e voce all’interno di un’industria editoriale nella quale lavorano editor, traduttori e impiegati bennati che possono sfoggiare un capitale di conoscenze e contatti perpetuando il proprio privilegio. Secondo Prunetti, “è necessario che le persone di classe operaia possano accedere al <strong>mondo editoriale</strong>, e per fare questo c’è bisogno che l’industria editoriale paghi. Un’industria che produce profitti e non paga è destinata a trasformare il lavoro in un hobby per privilegiati. <strong>Chi viene da una famiglia ricca può fare carriera</strong>, tutti gli altri sono costretti a trovare altri lavoracci o entrare nelle fila dei working poor”.</p>
<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<h2 id="h-gkn-il-libro-di-prunetti-e-dedicato-alla-lotta-dei-suoi-operai">GKN: il libro di Prunetti è dedicato alla lotta dei suoi operai</h2>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p><em>Non è un pranzo di gala</em> è dedicato agli operai della <strong>GKN di Campi Bisenzio</strong> (Firenze), “perché avete scritto la storia operaia più bella” lottando contro un licenziamento collettivo.</p>
<p>“Sono riusciti a fare in un anno quello che io non sono riuscito a fare in dieci, riportando il tema dell’immaginario operaio al centro del dibattito pubblico, soprattutto in Toscana”, spiega Prunetti. “L’hanno fatto con banchetti, manifestazioni, cortei e blocchi stradali, ma anche lavorando tutti insieme sul piano della cultura con un programma di convergenza culturale, con il teatro, scrivendo un libro (<em>Insorgiamo. Diario collettivo di una lotta operaia (e non solo), Edizioni Alegre</em>, <em>N.d.R.</em>)”.</p>
<p>A che serve scrivere e fare poesia quando muoiono tre lavoratori al giorno, si interroga Prunetti nel libro. “Ti senti inutile, nessuno ti ascolta. D’altra parte, però, dobbiamo continuare a scrivere queste storie e credere all’importanza delle nostre parole, consapevoli di avere davanti a noi <strong>un mondo che fa di tutto per negare l’esistenza degli operai</strong> e che inserisce le tre morti quotidiane in un bilancio come un altro. Faccio mio l’imperativo di Franco Fortini: nulla è sicuro ma tu scrivi. E quindi continuo a scrivere, culo sulla sedia e penna sulla pagina”.</p>
<div style="height:80px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p class="has-text-align-right"><em>Leggi gli altri articoli a tema <strong><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/cultura/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">Cultura</a></strong>.</em></p>
<div style="height:80px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<div class="is-layout-flow wp-block-group">
<div class="wp-block-group__inner-container">
<div class="is-layout-flow wp-block-group">
<div class="wp-block-group__inner-container">
<p class="has-text-align-right"><em>Leggi il mensile 116, &#8220;<a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/numero-116/" target="_blank" rel="noreferrer noopener"><strong>Cavalli di battaglia</strong></a>&#8220;, e il reportage &#8220;<a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/reportage/112-reportage-sua-sanita-pnrr/" target="_blank" rel="noreferrer noopener"><strong>Sua Sanità PNRR</strong></a>&#8220;.</em></p>
<hr class="wp-block-separator has-text-color has-black-color has-css-opacity has-black-background-color has-background is-style-wide" />
<p><em>L’articolo che hai appena letto è finito, ma l’attività della redazione SenzaFiltro continua. Abbiamo scelto che i nostri contenuti siano sempre disponibili e gratuiti, perché mai come adesso c’è bisogno che la cultura del lavoro abbia un canale di informazione aperto, accessibile, libero.</em></p>
<p><em>Non cerchiamo abbonati da trattare meglio di altri, né lettori che la pensino come noi. Cerchiamo persone col nostro stesso bisogno di capire che Italia siamo quando parliamo di lavoro.&nbsp;</em></p>
<p class="has-text-align-center"><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/sottoscrivi-sf/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">Sottoscrivi SenzaFiltro</a></p>
<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
</div>
</div>
</div>
</div>
<p><em>Photo credits: ilpartitocomunista.it</em></p>


#culturadellavoro

#culturadellavoro Archivi

#culturadellavoro - Informazione senza filtro

#librisenzafiltro

#librisenzafiltro Archivi

#librisenzafiltro - Informazione senza filtro

#zonafranca

#zonafranca Archivi

#zonafranca - Informazione senza filtro

Classe operaia e ipocrisia editoriale. Alberto Prunetti, minimum fax: &#8220;La trattano ancora dall&#8217;alto al basso, lo trovo offensivo&#8221;

Intervistiamo Alberto Prunetti, autore del romanzo &#8220;Non è un pranzo di gala&#8221;, nuovo capitolo di una trilogia dedicata alla classe lavoratrice: &#8220;Il mondo fa di tutto per negare l&#8217;esistenza degli operai. Per questo scrivo&#8221;.

Classe operaia e ipocrisia editoriale. Alberto Prunetti, minimum fax: &#8220;La trattano ancora dall&#8217;alto al basso, lo trovo offensivo&#8221; - Informazione senza filtro

https://backend.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2022/10/minimum-fax.png

https://secure.gravatar.com/avatar/332811b9076bd62b716383df86a99179?s=96&d=mm&r=g

seven


<p>Rispetto della vera inclusione, rispetto delle pari opportunità, rispetto per la propria situazione. È un loop doveroso quello che ribadisce la parola rispetto, e lo sa bene chi vede calpestati i propri diritti, come esplicitano forte e chiaro i numerosi studenti e studentesse che fanno parte del gruppo <strong>UNIDAD – Universitari per la Didattica a Distanza Integrata</strong>, progetto attivato da quattro studenti lavoratori del DAMS di Torino.</p>



<p>Al centro dell’attenzione, senza indugi o remore, tuona il tema della tutela del<strong> diritto allo studio</strong>. Un diritto spesso martoriato dalle contraddizioni del contesto italiano, se pensiamo ai casi già raccontati da <em>SenzaFiltro</em> di bambini con disabilità delle scuole elementari esclusi dalla didattica in presenza – opportunità ribadita dallo stesso MIUR nonché loro diritto fondamentale; e allo stesso tempo alle richieste spesso inascoltate o disattese di numerosi <strong>studenti universitari</strong> che chiedono di proseguire con la <strong>didattica a distanza integrata, </strong>senza limitarla alla sola fase di emergenza.</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<h2 id="h-unidad-chi-sono-gli-studenti-che-chiedono-la-didattica-a-distanza-integrata">UNIDAD: chi sono gli studenti che chiedono la didattica a distanza integrata?</h2>



<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p>La pandemia scoccata nel 2020 ha portato a adottare capillarmente la didattica a distanza da parte degli <strong>atenei universitari pubblici</strong>, modalità che prima sembrava appannaggio esclusivo delle università telematiche, fortemente discusse per i costi elitari. Ma elitario può avere una deriva discriminante e non riguarda solo l’aspetto dei costi, bensì anche quello del tempo, oltre che degli impegni, come conferma UNIDAD, il cui gruppo è composto da persone con diverse età e situazioni differenti, guidate da motivi non conciliabili con la presenza quotidiana in aula.</p>



<p>Parliamo di <strong>persone che lavorano</strong> (anche per mantenersi agli studi), che hanno <strong>disabilità </strong>o <strong>patologie </strong>che impediscono loro spostamenti quotidiani, che sono <strong>caregiver </strong>e devono quindi assistere con continuità i famigliari, tra cui anziani, ragazzi o bambini con disturbi o disabilità. Parliamo anche di <strong>genitori con figli piccoli</strong> e non dimentichiamo l’<strong>aspetto economico </strong>visto che viaggiare quotidianamente come pendolari – ma soprattutto prendere in affitto un appartamento in un’altra città – ha un impatto notevole sulle risorse economiche e sul tempo.</p>



<p>Eppure, nonostante non manchino i mezzi per mantenere la didattica a distanza, le risposte concrete da parte di diverse università arranca, come ci spiega <strong>Giulia Brazzale</strong>, studentessa lavoratrice. Lei stessa fa l’insegnante, ed è referente di UNIDAD per il territorio di <strong>Venezia</strong> e in particolare per l’<strong>università Ca’ Foscari</strong>.</p>



<p>“Sono entrata nel gruppo Facebook di UNIDAD nel 2020”, racconta. “Leggendo il post di un ragazzo che frequentava la mia stessa università è partita l’idea di creare un gruppo specifico in modo da unire le forze e inviare le nostre richieste scritte alla rettrice. A giugno 2021 abbiamo raccolto più di seicento firme, mentre la lettera realizzata ad agosto è stata firmata da quasi mille studenti dell’ateneo Ca’ Foscari”.</p>



<p>Esito? “<strong>Non abbiamo mai ottenuto risposta alle lettere</strong>, ma qualcosa si è mosso, credo grazie ad alcuni <strong>confronti diretti</strong> con i docenti in occasione dei quali io e altri studenti, ancora nel 2020, abbiamo espresso sinceramente l’esigenza di mantenere la didattica a distanza integrata, spiegando quanto fosse utile e importante proseguirla per i casi come il nostro. Credo che questi confronti diretti, più che le lettere, abbiano portato la Ca’ Foscari ad annunciare a fine agosto l’attivazione di <strong>servizi personalizzati per particolari categorie </strong>di studenti”.</p>



<p>Un lieto fine apparente, specifica Giulia Brazzale: “Da un lato sembra essere stato raggiunto un buon compromesso, dall’altro <strong>molte cose risultano tuttora vaghe</strong>. Quando infatti non sarà più obbligatorio per i docenti fare lo streaming, che cosa succederà a noi studenti a distanza? Ci troveremo senza niente?”.</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<h2 id="h-l-universita-non-e-netflix-i-luoghi-comuni-degli-universitari-contro-l-inclusivita">“L’università non è Netflix”. I luoghi comuni degli universitari contro l’inclusività</h2>



<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p>Il mancato o parziale riscontro alle istanze di UNIDAD non conosce particolari riferimenti territoriali, <strong>il problema è trasversale </strong>e riguarda diverse zone d’Italia. La contraddizione è servita, di nuovo: da un lato una sempre maggiore <strong>digitalizzazione</strong> che riguarda tanti ambiti e settori del nostro Paese, dall’altro una chiara <strong>ritrosia</strong> nei suoi confronti, dimostrata da una buona fetta del mondo accademico.</p>



<p>Ci sono casi virtuosi di università che riconoscono l’importanza di questa opportunità, altre che glissano o fanno orecchie da mercante. Ma – ci chiediamo – <strong>che</strong> <strong>cosa osteggia</strong> <strong>la didattica a distanza integrata a livello universitario</strong>, visto consentirebbe inclusione alla formazione per tutti, meno disagi di traffico e spostamenti, e più tutela delle risorse economiche, valorizzando al meglio il tempo dedicato allo studio?</p>



<p>“I motivi sono vari e derivano dalle università come dai docenti”, chiosa Giulia Brazzale. “C’è chi è poco portato per la tecnologia, molti invece ci tengono a <strong>ribadire la differenza rispetto alle università online</strong>, e non considerano le problematiche come la nostra”. Emblematica la frase che ci riporta la nostra intervistata: “Un docente ha persino detto che fare veri sacrifici nella vita significa alzarsi alle sei del mattino, prendere il treno e spostarsi per chilometri, perché <strong>frequentare l’università non significa guardare una serie di Netflix</strong>. C’è stato anche chi ha proposto addirittura qualcosa di separato per gli studenti lavoratori”.<strong></strong></p>



<p>I componenti di UNIDAD se la sono dovuta vedere anche con diversi luoghi comuni duri da scardinare: “Ribadiamo che<strong> non vogliamo l’abolizione della lezione in presenza</strong>, ma la tutela di una<strong> modalità ibrida </strong>che consenta la partecipazione di tutti, non togliamo nulla a nessuno – sottolinea Giulia Brazzale –Si tratta di creare un’armonia tra le varie esigenze”.</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<h2 id="h-chi-osteggia-la-dad-gli-affittuari-e-alcuni-studenti-in-presenza-ci-chiamano-studenti-in-pigiama">Chi osteggia la DaD? Gli affittuari e alcuni studenti in presenza: “Ci chiamano studenti in pigiama”</h2>



<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p>C’è anche il dubbio che a storcere parecchio il naso sul mantenimento della modalità a distanza siano in diversi casi gli stessi <strong>enti comunali </strong>e <strong>chi affitta gli appartamenti</strong>, che in questo caso perderebbe occasioni di entrata.</p>



<p>“La nostra università la scorsa estate aveva ad esempio comunicato che a settembre si sarebbe tornati tutti in presenza, e molti si sono affrettati per prendere l’appartamento. La stessa università ha atteso fino all’ultimo per avvisarci che poi sarebbe rimasto lo streaming, sottolineando però che <strong>chi segue da casa non può intervenire, ma solo ascoltare</strong>”.</p>



<p>Non meno importante è il tema dello <strong>spreco delle risorse economiche</strong> investite per la didattica a distanza: “Sono state implementate telecamere, strumentazioni e software appositi per consentire le lezioni da remoto: che cosa facciamo di tutto questo, che ha avuto un costo? <strong>N</strong><strong>on lo utilizziamo e lo buttiamo via?</strong> La modalità ibrida tra presenza e online sarebbe un compromesso di tutela di queste risorse investite”.</p>



<p>Cogliamo infine anche una <strong>ritrosia da parte di alcuni studenti in presenza</strong>, che considerano coloro che seguono le lezioni a distanza come studenti di serie B. “Noi di UNIDAD, soprattutto nel corso dell’estate, abbiamo assistito a una sorta di <strong>campagna mediatica</strong> <strong>contro la didattica a distanza integrata</strong>. Siamo persino stati definiti <strong>studenti in pigiama</strong>, che non c’entra nulla con noi. Ci sono anche stati studenti in presenza che hanno espresso il loro timore rispetto al fatto di mantenere la didattica a distanza integrata perché in questo modo non avrebbero trovato più il motivo, giustificato ai loro genitori, per avere l’appartamento in un’altra città. Un’esperienza sicuramente bella, quella di seguire lezioni ed eventi dal vivo, ma ripeto, non sostenibile per tutti: non deve esserci guerra tra noi”.</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<h2 id="h-gli-studenti-caregiver-rivendicano-diritto-allo-studio-il-tema-riguarda-tutti-puo-succedere-a-chiunque">Gli studenti caregiver rivendicano diritto allo studio: “Il tema riguarda tutti, può succedere a chiunque”</h2>



<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p>I paradossi che abbiamo rintracciato sul tema a partire dalla scorsa estate sono davvero tanti, e includono persino <strong>master e corsi di formazione dedicati al tema della disabilità</strong>, che presentano richiesta di <strong>obbligo di frequenza</strong> anche per le lezioni teoriche. Da una segreteria di queste realtà ci è stato risposto come motivazione: “In presenza si creano migliori relazioni”. E chi è esso stesso <strong>disabile</strong> o <strong>caregiver</strong> e vuole formarsi sul tema per svilupparne un lavoro come fa? Abbiamo ricevuto solo risposte vaghe e confuse.</p>



<p>Un esempio emblematico è rappresentato dalla storia in carne e ossa di <strong>Antonio Demarcus</strong>, classe 1975 e residente in provincia di Sassari. Collabora con UNIDAD a livello nazionale, attivando in prima persona importanti iniziative focalizzate sulla situazione dei caregiver familiari che studiano. Antonio infatti è <strong>lui stesso caregiver</strong>, e assiste la madre che presenta invalidità e forti problematiche di salute. Un’assistenza senza possibilità di stop e che lo ha portato a fare diverse rinunce, senza però chiudere nel cassetto l’obiettivo di laurearsi, come suo diritto.</p>



<p>“Mi mancano due esami per ottenere la laurea in ingegneria ambientale, ma dovrei fare più di 400 chilometri tra andata e ritorno a Cagliari e <strong>non posso assentarmi così tanto</strong>”, racconta. “<strong>Sono arrabbiato</strong>, soprattutto per le risposte assenti o di sole parole date da università e istituzioni, oltre che dall’<strong>indifferenza di molti giornalisti </strong>che non considerano questo tema degno di nota”.</p>



<p>La battaglia di Antonio Demarcus è rappresentata da un corposo lavoro di sensibilizzazione che coinvolge anche un <strong>documento di 13 punti</strong> preparato da lui stesso, oltre a lettere inviate a tutte le università italiane e a diverse istituzioni, tra cui la Presidenza della Repubblica. L’obiettivo è quello di consentire agli studenti e alle studentesse caregiver – che includono anche persone che hanno fratelli o sorelle con disabilità da assistere, e definiti<strong> <em>Siblings</em> </strong>– di vedere rispettato il diritto allo studio.</p>



<p>Tredici punti che riguardano non solo la possibilità della DAD ma anche, ad esempio, aspetti focali come l’<strong>esonero dalla tassazione </strong>per gli studenti caregiver fuori corso, <strong>agevolazioni per acquisto libri </strong>e<strong> software</strong>, <strong>calendarizzazione degli esami</strong>. Alcuni traguardi importanti sono stati raggiunti proprio grazie all’azione di Antonio: “A settembre 2020 l’università di Cagliari è stata la prima a riconoscere l’esonero dalla tassazione per i caregiver e so che all’università di Napoli Federico II stanno cercando di organizzare qualcosa”.</p>



<p>Quello che caldeggia Antonio è un cambiamento reale: “Occorre garantire possibilità di seguire le lezioni e dare esami a distanza a chi è caregiver, avere anche le registrazioni oltre ad agevolazioni a livello di tasse. Trovo umiliante l’indifferenza spesso dimostrata da parte delle istituzioni e dei gruppi universitari, perché questo è un tema che riguarda tutti: potenzialmente <strong>chiunque</strong>, infatti, <strong>può diventare disabile o caregiver</strong>; non si può prevedere. Tutelare la nostra situazione è un dovere”.</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<h2 id="h-alessandra-continenza-prorettrice-univaq-dad-valore-aggiunto-per-l-inclusione-didattica">Alessandra Continenza, prorettrice Univaq: “DaD valore aggiunto per l’inclusione didattica”</h2>



<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p>Ci confrontiamo infine con l’<strong>Università dell’Aquila</strong>, che proprio nel 2020 ha realizzato un dettagliato <strong>questionario</strong> che ha coinvolto il tema della didattica a distanza rilevando importanti riscontri da parte degli studenti. </p>



<p>Ce lo conferma <strong>Alessandra Continenza</strong>, docente e prorettrice delegata alla didattica del dipartimento di Scienze Fisiche e Chimiche: “Consideriamo la didattica a distanza un valore aggiunto che può ritornare utile anche per lo studente che frequenta in presenza, il quale può recuperare attraverso la registrazione una lezione persa”.</p>



<p>L’università in questione ha garantito di poter<strong> mantenere la modalità a distanza</strong> a varie categorie, tra cui <strong>studenti lavoratori</strong>, con <strong>disabilità certificata</strong> o ad esempio con un determinato <strong>ISEE</strong>: “Abbiamo sempre mostrato un’attenzione particolare per chi lavora”, afferma Continenza. “Non dev’esserci conflitto tra le diverse modalità”. E sottolinea: “Occorre ragionare per trovare una regolamentazione sulla questione che coinvolga <strong>tutte le università del</strong> <strong>territorio nazionale</strong>. Da un lato continuiamo a definirci un ateneo in presenza, che si distingue dalle università telematiche con cui non vogliamo essere confuse, considerando anche che ci sono discipline improponibili a distanza: incoraggiamo chi può permetterselo a venire in presenza. Dall’altro intendiamo valorizzare la modalità a distanza per chi ne necessita, rafforzando sempre più l’inclusione didattica”.</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<h2 id="h-il-ruolo-positivo-della-modalita-mista-piu-di-7-000-studenti-coinvolti-con-inclusione-della-lis">Il ruolo positivo della modalità mista: “Più di 7.000 studenti coinvolti, con inclusione della LIS”</h2>



<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p>A confermare l’intento è anche <strong>Francesco Giansanti</strong>, referente di ateneo per tutorato, orientamento e placement: “La didattica a distanza ha avuto un successo inatteso e intendiamo continuare con la <strong>modalità mista</strong>, utilizzando la doppia piattaforma per raggiungere capillarmente gli studenti universitari e delle superiori, in modo da dare loro maggiori possibilità”.</p>



<p>Interfacciandosi con le scuole superiori di secondo grado esplicita: “Con la modalità online sono stati coinvolti nelle nostre iniziative <strong>più di 7.000 studenti delle superiori</strong>. Abbiamo fatto anche open day e tutoraggio e utilizzato in diversi eventi la <strong>LIS</strong> (Lingua dei Segni Italiana). Nel 2020 abbiamo retto molto bene sul fronte dell’occupabilità degli studenti in uscita rispetto ad altri atenei: <strong>questa modalità ha di sicuro avuto un ruolo positivo</strong>”.</p>



<p>Dopo aver ascoltato diverse voci e storie, infine ci chiediamo: tra le esigenze di tanti studenti e studentesse e quelle del mondo universitario italiano ci potrà mai essere un generale e autentico incontro, magari in questo caso senza “debita distanza”?</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p><em>Photo credits: ibolive.unipd.it</em></p>


&#8220;L&#8217;università non è Netflix: fate sacrifici&#8221;. Discriminati gli studenti che richiedono la DaD


<p>Il <strong>mercato italiano dell’auto</strong> nel periodo gennaio-ottobre di quest’anno ha registrato il <strong>-20%</strong> delle immatricolazioni rispetto agli stessi mesi del 2019 (dati ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile).</p>



<p>Secondo le dichiarazioni di <strong>Antonio De Stefani Cosentino</strong>, presidente di Federauto (Federazione Italiana Concessionari Auto), l’attuale situazione mondiale e la pressione sul settore dell’automotive rischiano di compromettere i già delicati equilibri delle reti di vendita, che ancora non sono stati in grado di metabolizzare le pesanti ricadute negative causate dalla pandemia.</p>



<p><strong>Ma quali sono i problemi che vivono oggi le concessionarie</strong>, e quali gli scenari che si aprono per i prossimi mesi?</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<h2 id="h-concessionarie-in-diminuzione-gi-prima-della-pandemia-e-dopo">Concessionarie in diminuzione già prima della pandemia. E dopo?</h2>



<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p>Il mondo delle concessionarie aveva già vissuto una trasformazione <strong>dal 2007 al 2020</strong>, con una <strong>riduzione da 2.785 a 1.294 unità attive</strong> (il 35% in meno rispetto al 2019). Questo soprattutto a causa della chiusura delle realtà più piccole o della loro unione a soggetti di maggiori dimensioni, a cui non è seguito però un aumento dei margini aziendali. Una situazione dovuta, secondo le associazioni di categoria, a uno scenario sempre più complesso, che richiede un maggior impiego di risorse umane e che deve rispondere a sfide nuove, come la richiesta di strutture più digitali.</p>



<p>In questo scenario si è inserita la <strong>pandemia</strong>, prima con le chiusure e poi con i <strong>ritardi nelle consegne</strong> da parte delle case automobilistiche, a causa della crisi della disponibilità dei semiconduttori e dell’aumento dei costi delle materie prime.</p>



<p>A cascata, questo ha generato il <strong>fermo</strong> della maggior parte delle linee, la <strong>concentrazione</strong> dell’impiego delle componenti disponibili <strong>sulle auto di maggior valore</strong> o sui modelli più richiesti (a seconda della strategia delle case costruttrici) e l’<strong>impoverimento delle dotazioni di serie</strong>, a cui si sono sommate difficoltà nell’aftermarket e un contingentamento dei ricambi. Il tutto proprio nel periodo in cui le concessionarie cercavano di far risalire i volumi d’affari, dopo lo stop del 2020.</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<h2 id="h-concessionarie-nuovi-ordini-fermi-come-si-pu-aprire-la-panetteria-se-manca-il-pane">Concessionarie, nuovi ordini fermi: “Come si può aprire la panetteria se manca il pane?”</h2>



<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p><strong>Ferdinando Balzano</strong> della Autocarbonia, concessionaria nel Sud Sardegna, lamenta <strong>ordinativi fermi da settembre 2021</strong>.</p>



<p>“Le stesse case costruttrici non sono in grado di darci dei tempi certi nelle consegne, e noi ci troviamo costretti a rinunciare a degli ordinativi, non potendo indicare una data nel contratto. Al momento stiamo consegnando le auto ordinate nei mesi scorsi, che sono comunque arrivate in ritardo. Se non fosse per quelle, il salone sarebbe vuoto. <strong>Come si può aprire la panetteria se manca il pane?</strong>”, si chiede Balzano.</p>



<p>A mancare però non sono solo le auto nuove, come testimonia Balzano: “Non potendo fare le consegne <strong>non stiamo nemmeno ritirando l’usato</strong> per la permuta. Al momento ci sarebbe soprattutto <strong>richiesta di auto a basso budget</strong>, il cui prezzo però si è alzato sensibilmente perché scarseggia tutto l’usato in generale. È aumentato anche il prezzo delle auto delle flotte aziendali che compriamo e rivendiamo, e che oggi invece non ci sono sul mercato. Stessa cosa per i rientri dai noleggi, che generalmente ritiravamo e rivendevamo. Non potendo sostituire le macchine al cliente <strong>i contratti vengono allungati</strong>, e non c’è disponibilità neanche di queste auto”.</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<h2 id="h-la-crisi-a-cascata-che-colpisce-tutto-l-automotive">La crisi a cascata che colpisce tutto l’automotive</h2>



<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p>Per <strong>Massimo Cocco</strong>, amministratore unico di Automobili Cocco S.r.l. (concessionaria Citroën e Peugeot sempre nel Sud Sardegna, 7 milioni di fatturato annui), si sta fermando un intero meccanismo che riguarda tutto l’automotive.</p>



<p>“La crisi ci colpisce anche sul <strong>lato finanziario</strong>, un problema sostanzialmente nuovo nel mondo delle concessionarie. L’IVA sul prodotto auto è al 22%, e tenendo conto che il costo medio va dai 15 ai 20.000 euro si tratta di una cifra consistente. Come tutti i commercianti, siamo stati abituati fino ad oggi a compensare l’IVA a credito con quella a debito. Quando vendiamo generiamo <strong>IVA </strong><strong>a debito</strong>, ma attualmente (non avendo le fatturazioni delle auto che vorremmo acquistare) non stiamo generando <strong>IVA </strong><strong>a credito</strong> con cui decurtarla. <strong>Al momento stiamo pagando ingenti somme di IVA ogni mese</strong>; si tratta di centinaia di migliaia di euro e noi siamo concessionari medio-piccoli, che operano in un bacino d’utenza di 60.000 persone. Concessionari più grandi si trovano a pagare anche diversi milioni di IVA, dovendo fronteggiare una carenza finanziaria generata da questa mancata compensazione.”</p>



<p>Preoccupa poi il numero di veicoli venduti. “A settembre di quest’anno ci sono stati <strong>50.000 veicoli immatricolati in meno</strong>”, continua Cocco. “Nel nostro caso siamo a un -5%, che per il nostro fatturato influisce moltissimo. Questo è dovuto in parte alla crisi dei semiconduttori e dei ritardi, e poi al conseguente aumento dei prezzi delle auto. A questo, in un’ottica di lungo periodo, si somma il discorso sull’<strong>elettrificazione</strong>. La maggior parte della nostra domanda infatti è orientata ad auto medio-piccole, di basso costo. Lo stesso prodotto, elettrico e non termico, vede una maggiorazione di prezzo anche di 10.000 euro. Questo a mio avviso porterà le persone con minor potere d’acquisto a cambiare le auto con minor frequenza, con il <strong>rischio per noi di perdere la clientela</strong> che sino ad oggi ci ha consentito di fare il nostro valore assoluto”.</p>



<p>In uno scenario di crisi come quello attuale, una tendenza di questo tipo non prospetta un futuro roseo sulle concessionarie, che in questo senso sperano nella ripresa non solo della produzione a pieno regime, ma anche di <strong>incentivi all’acquisto</strong> da parte dello Stato.</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<h2 id="h-roberto-scarabel-asconauto-non-solo-container-e-semiconduttori-cos-perdiamo-credibilit">Roberto Scarabel, AsConAuto: “Non solo container e semiconduttori. Così perdiamo credibilità”</h2>



<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p>“Il primo semestre del 2021 faceva immaginare di poter recuperare i livelli di fatturato del 2019, anche se si sapeva che il tema dei semiconduttori avrebbe portato a un aggravio nei tempi delle consegne”, dichiara <strong>Roberto Scarabel</strong>, vicepresidente vicario di AsConAuto (Associazione Consorzi Concessionari Autoveicoli). E continua: “La difficoltà di non avere le auto da consegnare comporta tante altre problematiche, che si sommano al fatto di <strong>perdere la credibilità</strong> di fronte al cliente. In caso di inadempienza da parte della concessionaria, ad esempio, deve essere restituito anche il doppio della caparra, oppure il deposito cauzionale; <strong>danni che vengono pagati dalla concessionaria</strong>, che ne deve rispondere”.</p>



<p>A tal proposito, la stessa ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) ha chiesto al Governo di <strong>estendere a trecento giorni il tempo tra ordine e consegna della vettura</strong> (per poter usufruire degli Ecobonus), proprio per far fronte a criticità di questo tipo.</p>



<p>Per Scarabel, quindi, sono le concessionarie le realtà che stanno pagando il prezzo più alto in questa crisi dell’automotive; e aggiunge altri pezzi al puzzle delle problematiche elencate. Come per il sopracitato <strong>contingentamento</strong>, che sta riguardando anche i <strong>pezzi di ricambio</strong>, con un impatto (che rischia di essere ancora maggiore) sul lavoro delle officine. Una situazione dovuta in parte <strong>all’aumento inatteso dei prezzi dei container dalla Cina</strong>, il cui costo troppo elevato non può più essere ammortizzato dai ricavi della vendita della merce, e anche a eventi quali il blocco del canale di Suez o del Porto di Yantian.</p>



<p>“Le case di produzione hanno delegato la maggior parte delle produzioni di componenti alla Cina per mantenere delle <strong>marginalità</strong> importanti, dovute non solo all’economicità dei pezzi, ma anche all’applicazione del <strong>sistema Lean Production</strong>, che elimina la necessità di avere dei magazzini. Le fabbriche di automobili oggi sono delle vere e proprio catene di montaggio, che vengono ovviamente bloccate dalla mancanza di pezzi. È semplicistico dare la colpa solo alla Cina, perché <strong>il sistema è stato creato da noi</strong>, e anche se le case automobilistiche stanno lavorando per cambiare questa situazione ci vorrà del tempo”, conclude Scarabel.</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<h2 id="h-in-attesa-dell-autonomia-dalla-cina-a-rischiare-sono-le-concessionarie">In attesa dell’autonomia dalla Cina, a rischiare sono le concessionarie</h2>



<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p>Almeno sul piano dei <strong>semiconduttori</strong> sembra che la situazione si sbloccherà nella seconda metà del 2022, come rassicurano i governi dei Paesi fornitori.</p>



<p>Tuttavia questa è solo parte del problema: l’ANFIA porta infatti la riflessione sull’importanza di ripartire dalla crisi per rafforzare l’impegno nazionale ed europeo sul tema dell’<strong>autonomia dalla Cina nell’automotive</strong>, sia per le materie prime che per i semiconduttori. Si apre quindi un ulteriore scenario, in cui a Europa e Italia viene chiesto di attivarsi per una <strong>reindustrializzazione</strong> (in chiave green) per la produzione di microchip, chimica verde e materie prime fondamentali per la creazione dei prodotti del settore automotive e non solo. Un percorso che non può più attendere, e che deve tenere conto della necessità di aumentare la massa critica dell’industria automobilistica, soprattutto rispetto al suo potere d’acquisto delle componenti e delle materie prime sul mercato.</p>



<p>Nel frattempo le <strong>misure previste </strong>(soprattutto in materia verde) dalla Legge di Bilancio e da quelle del PNRR sono risultate comunque <strong>insoddisfacenti</strong> per le associazioni di categoria. La mancanza di un intervento strutturale e di un piano strategico rischia di pesare ancora di più in questo scenario di crisi post pandemica e transizione produttiva, sia sulle realtà esistenti che sui livelli occupazionali.</p>



<p>A pagare in prima persona intanto sono le <strong>concessionarie</strong>, che, in attesa che la situazione si sblocchi, sperano di arrivare in fondo al tunnel senza essere decimate da un’ulteriore selezione della categoria.</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p><em>Photo credits: ilcrivello.it</em></p>


Concessionarie, fallimento in pronta consegna. Colpa della Cina?

<p>Messi tutti in fila fanno una certa impressione. Elencati uno dopo l’altro, in capitoli dai titoli evocativi, gli <strong>episodi</strong> – recenti, con qualche incursione nella storia – <strong>in cui le donne sono state e continuano a essere dominate</strong>, svilite, oscurate, annientate, intimidite, sfruttate, colpite, bloccate e gabbate dal potere maschile destano qualche turbamento.</p>
<p>Li raccoglie e li racconta<strong> Laura Boldrini</strong>, con la caparbietà che perfino i detrattori sono disposti a riconoscerle, nel suo nuovo libro <strong><em>Questo non è normale. Come porre fine al potere maschile sulle donne</em></strong><em>,</em> pubblicato da Chiarelettere. Un <strong>saggio femminista</strong> in cui l’ex presidente della Camera passa in rassegna tutti gli ambiti in cui, nel nostro Paese, la parità di genere è ancora lontana dall’essere raggiunta e il patriarcato prospera più o meno indisturbato.</p>
<p>Le favole e i modelli stereotipati con cui siamo cresciute; i proverbi sessisti passati di bocca in bocca e di generazione in generazione; le discriminazioni nel mondo del lavoro e dello sport; l’indolenza della società civile, dei media e del mondo della politica, restii a promuovere un cambiamento che non sia solo di facciata: al vaglio di Laura Boldrini passa tutto quello che <em>non è normale</em> in una società che ambisce a definirsi aperta, progressista, inclusiva.</p>
<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<h2 id="h-questione-di-genere-troppi-motivi-per-indignarsi-pochi-per-agire">Questione di genere: troppi motivi per indignarsi, pochi per agire?</h2>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p>Destano qualche turbamento, dicevamo. O forse no, non così tanto, e ci tocca ammettere che alle brutte storie di cronaca nera, alle vicende di ordinario e quotidiano sessismo, ai dati sui femminicidi mai in calo, <strong>ci siamo ormai tuttǝ assuefattǝ</strong>?</p>
<p>Il libro di Laura Boldrini, che pure ha una sua forza e un’innegabile coerenza interna, <strong>rischia di invecchiare molto</strong> presto in tempi in cui ci si indigna ogni tre quarti d’ora, a volte per ragioni sacrosante, altre per futili pretesti che “infiammano il web” producendo al massimo una foto-simbolo e un hashtag dedicato.</p>
<p>Per fare qualche esempio, tra le vicende citate nel libro: chi se lo ricorda più il dibattito innescato dal gran rifiuto di <strong>Rula Jebreal </strong>di partecipare a una puntata di<em> Propaganda Live</em> di ospiti-tutti-maschi? Quali cambiamenti hanno prodotto i tweet furenti in difesa di <strong>Giovanna Botteri</strong>, giornalista della Rai oggetto di <em>body shaming </em>accusata di avere un’immagine troppo dimessa per apparire tutte le sere al TG? Quali conseguenze ha avuto lo sdegno seguito al titolo di una testata giornalistica nazionale <strong><em>Il Nobel al tempo del Covid. Murakami o una donna?</em></strong>, questione tornata appena appena in auge ora che, con l’avvicinarsi dell’elezione del prossimo Presidente della Repubblica, ci sarà occasione di titolare <strong><em>Quirinale: Mario Draghi o una donna?</em></strong></p>
<p>Di fronte a episodi di questo genere e in un clima di perenne caccia allo strepito ci siamo arrabbiate, insultate, (s)battute <strong>per ottenere</strong>… <strong>un bel niente</strong>. Nessuna riflessione seria, iniziativa concreta, proposta di legge. Figuriamoci cambiamenti culturali.</p>
<p>Chissà dove vanno a finire i vecchi motivi di risentimento quando sono sostituiti da nuove e più lucenti occasioni di sdegno. Qualche giorno prima del 25 novembre, Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne, abbiamo scosso la testa in segno di disapprovazione vedendo l’immagine della <strong>ministra Bonetti</strong> che presentava una <strong>mozione contro la violenza di genere</strong> in un’aula della Camera pressoché vuota; oggi (giustamente) siamo tutti dalla parte di <strong>#GretaBeccaglia</strong>, la giornalista sportiva che ha subito molestie in diretta tv, che pure abbiamo finito per ridurre a hashtag perdendo di vista il punto della questione e la possibilità di interrogarci in maniera costruttiva su che cosa sia una molestia (una pacca sul culo lo è).</p>
<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<h2 id="h-perch-leggere-questo-non-normale">Perché leggere <em>Questo non è normale</em></h2>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p>I <strong>faciloni del benaltrismo</strong> (ci sono sempre questioni più importanti di cui occuparsi, chissà quale sarà questo tema supremo in grado di sbaragliare tutti gli altri nella classifica delle cose-importanti-di-cui-parlare) <strong>non diventeranno mai lettori</strong> del libro di Laura Boldrini: d’altra parte non ci sono nemmeno motivi per pensare che l’autrice puntasse a fare opera di conversione nei confronti di questo tipo di pubblico.</p>
<p>Anzi, Boldrini si rivolge in maniera esplicita alle più giovani, le “<strong>figlie di questo Paese</strong>”, che dalla lettura di un libro come questo hanno molto da guadagnare. Per ragazze che a malapena hanno sentito nominare Amalia Ercoli Finzi, la prima donna italiana a laurearsi in ingegneria aerospaziale, che ignorano cosa sia stata la strage del Circeo e ricordano vagamente Tina Lagostena Bassi (forse) solo nella veste di giudice del programma televisivo <em>Forum, </em>il libro può essere utile per mettere a fuoco il contesto in cui stanno crescendo, e che il femminismo non può essere solo una scritta appiccicata sulla maglietta di un brand esclusivo.</p>
<p>Al contrario, per chi parla fluentemente la lingua femminista, <em>Questo non è normale</em> può apparire <strong>un testo scontato, a tratti ridondante</strong>. Se tanto si è scritto e detto sul tema della parità di genere, la visione seppur molto lucida di Laura Boldrini poco aggiunge alle riflessioni magmatiche in corso.</p>
<p><a></a>Da questo punto di vista, appare molto più interessante il <strong>capitolo finale</strong>, intitolato “Mollare gli ormeggi”. È qui che l’autrice si lascia andare, il libro diventa meno<em> cahier de doléances</em> e più proposta viva, invito all’azione. <strong>L’appello</strong> che Laura Boldrini rivolge a tutte le donne – un invito a <strong>unirsi</strong>, oltre le differenze, i punti di vista divergenti, le idee politiche, e ad aprire <strong>una nuova stagione di mobilitazione generale</strong> – è quello che ci vuole in un dibattito che altrimenti rischia di diventare l’ennesima occasione persa.</p>
<p><strong>Più lotta di piazza e meno proteste virtuali</strong>, con la speranza che, almeno stavolta, duri più di un trending topic su Twitter.</p>


Boldrini, che peccato: questo femminismo che parla solo alle donne resta muto

Un capitolo per ogni caso che ha suscitato lo sdegno di massa e riportato l&#8217;attenzione sulla questione di genere. L&#8217;arretratezza italiana sul tema della parità dei sessi al centro del libro &#8220;Questo non è normale&#8221;, di Laura Boldrini, che recensiamo.

Boldrini, che peccato: questo femminismo che parla solo alle donne resta muto - Informazione senza filtro

https://backend.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2021/12/questo-non-e-normale.png


<p><strong>Settore:</strong>&nbsp;vitivinicolo</p>



<h2 id="h-posizione">Posizione</h2>



<p>Il Gruppo Caviro è una realtà conosciuta per essere leader in Italia nel settore vitivinicolo e per aver strutturato un nuovo modello di economia circolare tra le più importanti case history a livello europeo. Quest’anno il Gruppo ha ricevuto il riconoscimento Top Job2020 posizionandosi così tra i migliori datori di lavoro in Italia.</p>



<p>Per il Gruppo Caviro stiamo ricercando un/una Addetto Sviluppo Progetti Packaging; la risorsa avrà la responsabilità di:</p>



<ul><li>Raccogliere le richieste di sviluppo di nuovo packaging, o di restyling dell’esistente, dall’area commerciale e marketing o direttamente dal cliente</li><li>Selezionare i componenti e i materiali di varia natura (cartone, bottiglie e loro formato, imballi secondari e terziari) in base alla tipologia di vini e alla loro lavorazione presso una delle cantine imbottigliatrici del gruppo</li><li>Garantire il rispetto degli standard tecnici, qualitativi e legislativi in vigore</li><li>Garantire la corretta gestione del rapporto coi fornitori (agenzie di comunicazione, fornitori di packaging, tipografie…) e il timing delle forniture rispetto alle tempistiche di ciascuno progetto fino alla messa in produzione del nuovo prodotto</li></ul>



<p></p>



<p><strong>Luogo di lavoro:&nbsp;</strong>Forlì</p>



<h2 id="h-requisiti">Requisiti</h2>



<p><strong>Titoli di studio</strong>: È richiesta una formazione a livello universitario; il possesso della Laurea in Ingegneria Gestionale è considerato un requisito preferenziale.</p>



<p><strong>Caratteristiche ricercate:</strong>&nbsp;Si ricercano candidati con esperienza nel ruolo nel settore vitivinicolo, beverage, alimentare, cosmesi o comunque di prodotti a scaffale.</p>



<p>In alternativa saranno tenuti in considerazione professionisti con esperienza in attività di pianificazione o nel ruolo di Project Manager nel settore dei servizi.</p>



<p>È richiesta un’ottima conoscenza della lingua inglese e competenze avanzate in Excel.</p>



<p><strong>Contratto offerto</strong>: Tempo indeterminato, CCNL Cooperative agricole e loro consorziate.</p>



<p><strong>Per candidarsi: </strong><a href="https://inrecruiting.intervieweb.it/scr/jobs/addetto_sviluppo_progetti_packaging_163174/it/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">cliccare qui</a></p>



<p>I/Le candidati/e potranno inviare la propria risposta rilasciando specifica autorizzazione ai sensi del del Regolamento (UE) 2016/679 sulla protezione dei dati (GDPR). Vedi informativa privacy <a href="http://www.scrconsulenza.it" target="_blank" rel="noreferrer noopener">www.scrconsulenza.it</a> Per informazioni: <a href="http://www.scrconsulenza.it" target="_blank" rel="noreferrer noopener">www.scrconsulenza.it</a> oppure 0544/270701.</p>



<p>Tale ricerca professionale é rivolta ad ambo i sessi (L. 903/77)</p>



<p>Autorizzazione Ministeriale a tempo indeterminato all’esercizio delle attività di ricerca e selezione del personale ai sensi del D.lgs. 276/03 prot. 13/1/0003008/MA004.A003</p>


Addetto/a Sviluppo Progetti Packaging


<p>Nelle ultime settimane, <a href="https://www.reuters.com/world/the-great-reboot/pay-cut-google-employees-who-work-home-could-lose-money-2021-08-10/">un articolo dell&#8217;agenzia di stampa Reuters</a> ha attratto in maniera ossessiva l&#8217;attenzione di alcuni giornali, rimbalzando di testata in testata con articoli condivisi su tutti i social da parte di manager dell&#8217;Ottocento, molto compiaciuti.</p>



<p>Facciamo un passo indietro.<br>Google nel 2021 si calcola abbia risparmiato grazie allo smartworking circa 268 milioni di euro e oltre un miliardo in viaggi e trasferte, motivo per cui, al netto delle traduzioni fatte con la forchetta ed il cucchiaio da alcune testate giornalistiche (La Stampa non più di un mese fa titolava &#8220;<a href="https://www.lastampa.it/tecnologia/news/2021/04/01/news/addio-telelavoro-google-accelera-sul-ritorno-in-ufficio-1.40100523">Google accelera sul ritorno in ufficio</a>&#8221; e naturalmente il <a href="https://www.corriere.it/economia/lavoro/21_aprile_03/google-microsoft-grandi-aziende-richiamano-ufficio-smart-working-solo-autorizzazione-e002548a-9453-11eb-baed-430cc8195593.shtml">Corrierone Nazionale con ennesima bufala</a>), ha decretato un ampliamento dello Smartworking fino al 40% dei dipendenti globali. Quasi la metà.</p>



<p>In concomitanza con questa decisione però pare che l&#8217;azienda di Mountain View abbia messo a punto un&#8217;app (per alcuni &#8220;un algoritmo&#8221;, per altri &#8220;un sistema di valutazione&#8221;) con cui ogni dipendente può ricalcolare il proprio stipendio sulla base del luogo in cui decide di svolgere lo smartworking. <br><br>Di fatto, il più lontano dalla Silicon Valley (l&#8217;articolo fa l&#8217;esempio di un dipendente che vive a Stamford, Connecticut – circa un’ora di treno da New York) potrebbe essere pagato il 15% in meno se scegliesse di lavorare da casa.</p>



<h2 id="h-quanto-guadagna-un-impiegato-e-quanto-costa-affittare-casa-in-silicon-valley">Quanto guadagna un impiegato e quanto costa affittare casa in Silicon Valley?</h2>



<p>Sul blog di <a href="https://www.idealista.it/news/immobiliare/internazionale/2019/02/12/130007-a-san-francisco-non-basta-uno-stipendio-a-sei-cifre-per-laffitto-di-casa">uno dei siti più attivi nel mercato immobiliare</a>, si legge:</p>



<blockquote class="wp-block-quote"><p><em>Lo&nbsp;<strong>stipendio medio iniziale</strong>, per un giovane che inizia la sua esperienza in un’azienda della Silicon Valley, si aggira attorno ai<strong>&nbsp;91.738 dollari</strong>, una cifra di tutto rispetto. In qualsiasi altra parte del mondo, magari. Ma nel&nbsp;<strong>mercato immobiliare più competitivo degli Stati Uniti</strong>&nbsp;le cose non stanno così.<br></em></p><p><em>Tanto che trovare un alloggio a prezzi ragionevoli e accessibili è un’impresa pressoché impossibile. Basti pensare che nella&nbsp;<strong>Bay Area&nbsp;</strong>il&nbsp;<strong>prezzo medio per l’affitto</strong>&nbsp;di un&nbsp;<strong>appartamento con una sola camera da letto</strong>&nbsp;è di&nbsp;<strong>3.360 dollari,</strong>&nbsp;cosicché molti giovani professionisti dell’hi tech spendono gran parte dello stipendio per l’affitto.</em></p></blockquote>



<p>Durante uno dei miei viaggi in Silicon Valley ebbi conferma di questa situazione totalmente fuori controllo parlando con i fratelli Campilongo, due strepitosi &#8220;ragazzi&#8221; Calabresi che in quel di Palo Alto hanno due dei ristoranti più frequentati dai manager delle aziende del posto. Furono proprio loro a raccontarmi della difficoltà prima di tutto di trovare case libere, e secondariamente di un mercato immobiliare completamente impazzito proprio a causa dell&#8217;altissima concentrazione di aziende del new business.</p>



<figure class="wp-block-image size-large"><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2021/08/Terùn.jpg"><img width="1024" height="768" src="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2021/08/Terùn-1024x768.jpg" alt="" class="wp-image-45738" /></a><figcaption>Maico e Franco Campilongo (sulla sinistra), titolari di Terùn, a Palo Alto.</figcaption></figure>



<p>Basterebbe questa informazione per far saltare il banco e rendere privi di interesse tutti gli articoli usciti fino ad oggi, o quantomeno a capovolgere completamente l&#8217;obbiettivo che Corriere della Sera in primis e a seguire il Sole24Ore si sono assegnati nel tentativo di addomesticare &#8211; ancora una volta &#8211; la terribile cultura del lavoro che attanaglia il nostro Paese.</p>



<h2>Partiamo dai dati. Proprio i LORO dati</h2>



<p>Sugli articoli di alcune di queste testate si citano le analisi retributive di <strong>Job Pricing</strong>, che noi di SenzaFiltro conosciamo bene, in quanto essere un partner estremamente serio ed affidabile. </p>



<p>Prendendo come esempio proprio la tabella riportata in uno degli articoli di Repubblica, emerge ciò che <a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/quanto-vale-milano/">Senza Filtro già alcuni mesi fa aveva evidenziato,</a> ovvero che fra uno stipendio medio di Milano ed uno di Bologna c&#8217;è una differenza di circa 3000 euro lordi annui. Lo stesso stipendio rapportato ad un pari livello di Bari, non arriva a 8000 euro lorde annue di differenza. Con le quali in una delle mille città dormitorio che terminano in -ano, -ate o -ese a 20 km dalla &#8220;city&#8221;, ci paghi a stento un bilocale fronte muro.</p>



<figure class="wp-block-image size-large"><a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2021/08/Schermata-2021-08-20-alle-20.26.28.png"><img width="694" height="1024" src="https://www.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2021/08/Schermata-2021-08-20-alle-20.26.28-694x1024.png" alt="" class="wp-image-45741" /></a></figure>



<p>A questo naturalmente va aggiunto un costo della vita che comprenda logistica, spostamenti e necessità basiche di un essere umano minimamente sociale che ha smesso di fare lo studente da più di cinque anni.</p>



<h2>Eh si, ma la qualità della vita&#8230;</h2>



<p>E anche sulla qualità della vita possiamo aprire una bella discussione, dal momento che tutta una serie di luoghi comuni fra cui il titolo di <strong><em>città del lavoro</em></strong>, è stato ampiamente smentito dalla <a href="https://lab24.ilsole24ore.com/qualita-della-vita/classifiche-complete.php#intro">classifica annuale del Sole24Ore</a> che (incredibilmente!) sottolinea una carenza non indifferente per quanto riguarda l&#8217;imprenditoria femminile, il numero di startup, la presenza di impianti sportivi pro capite, l&#8217;investimento in cultura, la qualità della sanità (ma questo poi ci ha pensato il Covid a darne evidenza) e molti altri fattori che definiscono una città &#8220;vivibile&#8221;.<br><br>Ma siccome ne abbiamo già parlato approfonditamente, se davvero vi interessa, <a href="https://www.informazionesenzafiltro.it/quanto-vale-milano/">qui trovate tutti i dati </a>per sostenere una discussione. </p>



<h2>La Great Resignation: Equilibrio Personale vs. Lavoro Schizofrenico</h2>



<p>Un fenomeno, anche questo proveniente dalle grandi Corporate Americane e che ha già iniziato ad attecchire anche nel sistema PMI tutto italiano, che i giornali mainstream fanno finta di non vedere è quello denominato della <strong><a href="https://www.axios.com/resignations-companies-e279fcfc-c8e7-4955-8a9b-47562490ee55.html?utm_source=newsletter&amp;utm_medium=email&amp;utm_campaign=newsletter_axiosam&amp;stream=top">&#8220;Great Resignation&#8221;</a>,</strong> ovvero quei dipendenti che richiamati in ufficio preferiscono dare le dimissioni.<br><br>E&#8217; evidente che un anno di benefici dovuti al tempo e allo stress risparmiato in trasferte e inutili riunioni (scopo unico di certi &#8220;capi&#8221; devoti al Comando e Controllo), il risparmio economico, il benessere fisico e la vicinanza ai propri familiari che per alcuni erano poco più che conviventi, per molti è una conquista da cui non si torna indietro.<br><br><strong>Nel nostro Paese</strong> &#8211; lo dico per competenza &#8211; <strong>il fenomeno acquisisce un aspetto ulteriore</strong>: nei colloqui di selezione la domanda sullo smartworking è diventata una costante con cui i candidati scelgono o meno di accettare una proposta. Motivo per cui le PMI riescono a sottrarre candidati ai loro competitor anche grandi, grossi e multinazionali a parità di stipendio, ma con il benefit del lavoro da remoto.<br><strong><br>Il potere contrattuale delle aziende inizia a incrinarsi se queste non agiscono anche sui processi interni, sulla formazione dei propri capi e sull&#8217;evoluzione del mondo circostante.</strong></p>



<h2>Un panorama imprenditoriale (e giornalistico) deprimente</h2>



<p>Quello che i giornali non dicono, non è poca cosa, ma sarebbe stato sufficiente per non prendere nemmeno in considerazione il tema. Da un punto di vista giuslavoristico <strong>la legge che regola lo smartworking vieta esplicitamente discriminazioni di stipendio e, al contrario, apre a premi di produttività per chi aderisce all&#8217;accordo.<br></strong><br>A questo si aggiunga anche un recente sondaggio di UIL Lombardia in cui il tanto vituperato smartworking (o quel che è stato, perchè non dimentichiamoci che quando non si vuole affrontare un cambiamento, si iniziano a fare questioni di lana caprina: &#8220;definiamo cosa sia smartworking e cosa telelavoro&#8230;&#8221; &#8220;adottiamo il modello ibrido&#8221;), ha invece trovato <a href="https://newsprima.it/top-news/dopo-lo-smart-working-ansia-di-tornare-in-ufficio-per-la-meta-dei-lavoratori/">un consenso pressochè totale</a>. <br><br>Comprendendo dunque <strong>la necessità del Corrierone Nazionale di consolidare un &#8220;modello&#8221; che sta sfuggendo di mano ad una velocità imprevista</strong>, un modello di business cittadino basato proprio e unicamente su quelle trasferte, quelle riunioni, quelle convention, che ora rischia di diventare obsoleto al di là di qualsiasi previsione. E ancor di più comprendiamo il tentativo di difendere e supportare le dichiarazioni di un sindaco non più adeguato a questi tempi, che da #MilanoNonSiFerma fino alle &#8220;grotte dello smartworking&#8221; non ne ha ingarrata più una.</p>



<p>Comprendiamo anche<strong> la fedeltà del Sole24Ore ai suoi industriali</strong>, un caravanserraglio di doppiopetti e cravatte che solo negli ultimi mesi ha dimostrato così poca etica e lungimiranza comparendo a turno sul giornale di riferimento a lamentarsi di personale introvabile, prima dando la colpa al Reddito di Cittadinanza, poi aggrappandosi alla mancanza di volontà, salvo &#8211; fatte le opportune verifiche da parte di qualche giornalista ancora dignitoso &#8211; non solo non trovare alcuna ricerca a loro nome, quanto altrettante testimonianze di ex dipendenti, sindacalisti e semplici candidati che hanno descritto un panorama ben diverso, fatto di mancate tutele e contratti non rispettati.<br><br>Panorama confermato dalle<strong> indagini condotte dal nuovo Direttore dell&#8217;Ispettorato Nazionale del Lavoro</strong> che nei primi dieci giorni di agosto ha controllato decine di aziende fra Prato e Milano <a href="https://www.open.online/2021/08/11/sicurezza-sul-lavoro-prato-milano-100-per-cento-irregolare/">trovando irregolarità contrattuali nel 100% dei casi</a>.<br></p>



<h2>Milano non fare la furba; non sei la Silicon Valley</h2>



<p>Per tornare al punto, ecco il mio personale &#8211; ma credo molto oggettivo &#8211; punto di vista sulla situazione retribuzioni.<br>Milano oggi non paga adeguatamente i suoi impiegati medi. Non è alto lo stipendio di un Bolognese; è giusto.<br>Con 32.000 euro lordi annui di media a Bologna ci vivi decentemente. Forse ce ne vorrebbero altri 8000 per dichiararsi un &#8220;borghese&#8221;.<br>A Milano con 35.000 euro lordi annui, fai la fame.<br><br>Il punto non è pagare meno il dipendente di un&#8217;azienda con sede a Milano che decide di lavorare da Bari.<br>Il punto è pagare almeno tre volte di più un dipendente di qualsiasi altra città a cui si chiede di lavorare in ufficio a Milano.</p>


Retribuzioni: se davvero Milano facesse come Google

<p>E io, al suo posto, cosa avrei fatto?</p>
<p>È la domanda, per nulla banale, che ho avuto in testa per tutta la lettura di <strong><em>La ragazza A</em></strong> di <strong>Abigail Dean</strong>, bestseller internazionale pubblicato in Italia da Einaudi nella traduzione di Manuela Francescon e con l’entusiasmo di un fan eccellente come Niccolò Ammaniti, che nella fascetta di copertina avverte: “Provate a smettere e ditemi se ci riuscite”.</p>
<p>È proprio così: <em>La ragazza A</em> si legge con la stessa <strong>curiosità</strong> con cui si aspettano nuovi dettagli sul caso di cronaca nera del momento, la stessa <strong>morbosità</strong> con cui si guarda alla scena di un incidente stradale appena avvenuto in autostrada. Vorremmo saperne ancora di più sull’infanzia degli orrori passata da Lex, la voce narrante, conosciuta e incasellata come la “ragazza A” dagli agenti di polizia e dagli organi di informazione che si sono tuffati a bomba su una storiaccia come questa; vorremmo capire se si può davvero sopravvivere a un’esperienza del genere e, come Lex, diventare la testimonianza vivente di quello che oggi ci piace tanto chiamare “resilienza”.</p>
<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<h2 id="h-la-ragazza-a-e-la-sua-famiglia-degli-orrori"><em>La ragazza A</em> e la sua famiglia degli orrori</h2>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p>Della numerosa <strong>famiglia Gracie</strong> – Padre, Madre e sei figli – <strong>Lex</strong> è quella che è riuscita a scappare, l’unica che potesse farcela. È riuscita a trovare il momento buono per fuggire in strada e implorare l’aiuto di un passante, a resistere ai soprusi e alle devastanti <strong>angherie</strong> di due genitori per cui si fatica a trovare gli aggettivi.</p>
<p>Raggelante è l’atteggiamento del <strong>Padre</strong> un po’ padrone e un po’ santone, che rifiuta di fare i conti con i suoi fallimenti e riversa secchiate di mediocrità e teorie pseudoreligiose sulla caterva di figli che continua a sfornare il ventre di <strong>Madre</strong>, moglie remissiva e docile che ha la consistenza di un vecchio cencio abbandonato in un cassetto.</p>
<p>A casa Gracie gli orologi e i libri sono vietati (eccetto la Bibbia, naturalmente), le botte frequenti, a scuola non ci si va più e tantomeno in ospedale – chissà che ti fanno. Si passa dal periodo dei Legacci Morbidi al periodo delle Catene, si perde il conto dei giorni, si mangia a stento e ci si lava ancora meno. Si perde progressivamente contatto con la realtà e con il proprio corpo.</p>
<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<h2 id="h-la-controversa-rinascita-della-protagonista">La controversa rinascita della protagonista</h2>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p>Il <strong>racconto in prima persona</strong> di Lex procede a scatti, divisa com’è tra il bisogno di testimoniare gli orrori subiti e la necessità di mostrare ciò che è diventata oggi: una professionista di successo (però drogata di superlavoro), con due amorevoli genitori adottivi che può finalmente chiamare Mamma e Papà (e non Madre e Padre, come chiama per tutto il libro i genitori biologici), e con un rapporto con gli uomini su cui ci sarebbe molto da dire.</p>
<p>Lex è considerata da tutti – e in particolare dalla dottoressa K., la psicoterapeuta che l’ha assistita fin dall’inizio – <strong>un esempio di successo e rinascita</strong>, un caso clinico ben gestito, una sopravvissuta che ora può camminare con le sue gambe.</p>
<p>Lo è davvero? Questa è un’altra domanda che vi tormenterà. Sappiatelo.</p>
<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<h2 id="h-perch-leggere-la-ragazza-a">Perché leggere <em>La ragazza A</em></h2>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p><em>La ragazza A</em> è molto più di un catalogo degli orrori ispirato a svariati fatti di cronaca avvenuti negli Stati Uniti.</p>
<p>L’autrice <strong>Abigail Dean</strong>, avvocata nella squadra legale di Google e scrittrice esordiente, ha dichiarato di aver voluto concentrarsi non tanto sugli <strong>abusi subiti dai fratelli Gracie</strong>, quanto su “ciò che succede quando gli incubi della tua infanzia ti seguono nell’età adulta”.</p>
<p>Che Lex sia riuscita a scappare lo scopriamo subito, così come sappiamo della fine di Padre e della morte in carcere di Madre: non ci resta che scoprire il <strong>ruolo giocato dagli altri fratelli</strong> ai tempi della reclusione forzata, e se oggi possono davvero dirsi al sicuro da tanto dolore.</p>
<p>Eccoci quindi a palpitare per la sorte della bellissima e fragile <strong>Evie</strong>, la sorellina preferita di Lex, da difendere a tutti i costi; ad alzare il sopracciglio davanti ai comportamenti ambigui di <strong>Ethan</strong>, che oggi tiene conferenze su come sopravvivere all’orrore e sembra aver trovato un modo (molto discutibile) per monetizzare le tante brutture del passato; a chiederci che ne sarà di <strong>Gabriel</strong>, il più indifeso, il più manipolato e manipolabile dei figli, forse mai davvero uscito da quella casa; a indignarci per il comportamento di <strong>Delilah</strong>, che dice di aver raggiunto la trascendenza, qualunque cosa significhi, e al processo giustifica, discolpa e addirittura perdona i suoi aguzzini; a rallegrarci per la sorte di <strong>Noah</strong>, che per ragioni anagrafiche non ricorda nulla della sua primissima infanzia e vive nella sua nuova famiglia adottiva ignaro di tutto.</p>
<p>E dunque, io cosa avrei fatto al posto di Lex? Sarei stata l’unica ragazza in grado di fuggire, o avrei accettato passivamente il mio destino come sembra aver fatto Delilah? Avrei trovato un modo per combattere le assurde convinzioni di Padre e dare una scrollata all’assurda remissività di Madre? Comunque la si pensi, c’è il <strong>rischio di sentirsi impotenti</strong> leggendo questo libro: <strong>vale la pena di correrlo</strong>.</p>


Dagli abusi al successo: la figlia prodiga ha fatto carriera

Una famiglia raccapricciante, una figlia che ce l&#8217;ha fatta. La storia che si cela dietro la facciata di una professionista in carriera è un romanzo, che abbiamo recensito: &#8220;La ragazza A&#8221;, di Abigail Dean.

Dagli abusi al successo: la figlia prodiga ha fatto carriera - Informazione senza filtro

https://backend.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2021/08/la-ragazza-a.png


<p><strong><em>Spatriati</em></strong>, l’ultima fatica letteraria di <strong>Mario Desiati</strong>, racconta la storia di un legame speciale tra due anime affini, Claudia e Francesco, ma soprattutto racconta di una generazione (quella dei trenta-quarantenni di oggi) che ha imparato a essere senza per forza definirsi.</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<h2 id="h-spatriati-l-inseguimento-e-la-scoperta-di-se-tra-due-anime-affini"><em>Spatriati</em>, l’inseguimento e la scoperta di sé tra due anime affini</h2>



<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p>Siamo in Puglia, Martina Franca (paese d’origine dello scrittore). <strong>Claudia</strong> entra come una folgorazione nella vita di <strong>Francesco</strong> nell’atrio della scuola media. Lo provoca: lo sai che tua madre e mio padre sono diventati amanti?</p>



<p>Claudia è ribelle e sfrontata; Francesco è schivo, pressato da un lato da una profonda fede cristiana e dall’altro lato dall’incertezza sulla propria identità sessuale. Nelle loro insicurezze e diversità si riconoscono, si sentono per la prima volta accolti senza dover dare un nome alle loro inquietudini.</p>



<p>Dopo la maturità emergono le prime distanze fra i due. <strong>Claudia</strong> sente che il suo destino è andare via da quella provincia gretta e soffocante. Parte: prima Londra, poi Milano e Berlino. Ha fame di esperienze, di libertà, di vita. <strong>È il sole della coppia</strong>, agisce d’impulso senza guardarsi indietro.</p>



<p><strong>Francesco è la luna</strong>. Non agisce, riflette. Vive con rassegnazione gli anni universitari e lavorativi nel suo paese, non trovando mai il coraggio di scavare dentro di sé senza censure e tabù. Lo troverà soltanto in Claudia, quel coraggio, decidendo di seguirla a Berlino, in un gioco simbiotico di separazione e rincorsa in cui finiscono sempre per ritrovarsi.</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<h2 id="h-le-origini-dell-autore-nei-chiaroscuri-della-provincia-pugliese">Le origini dell’autore nei chiaroscuri della provincia pugliese</h2>



<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p>Nella lettura si percepisce la <strong>presenza dell’autore</strong> in tutta la sua ruvida tenerezza. Si coglie il suo vissuto intimo e disperato nel protagonista Francesco Veleno, affamato di vita, ma sempre ancorato alle origini – nel bene e nel male.</p>



<p>Ho molto apprezzato l’autenticità di Desiati, il suo raccontare la <strong>Puglia</strong> con le sue <strong>tradizioni e contraddizioni</strong>. Se ne riconosce ogni singola pietra citata, gli odori, i dialetti, la mentalità dei personaggi e quello che comporta.</p>



<p>Non credo che la vera essenza di <em>Spatriati</em>, nonostante i temi universali che affronta, possa essere realmente compresa da chi non è nato o vissuto in Puglia, e questo diventa il punto di forza e nello stesso tempo di debolezza di tutto il racconto.</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<h2 id="h-una-generazione-di-senza-patria">Una generazione di senza patria</h2>



<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p>La <strong>scrittura</strong> è piacevole ed evocativa, strutturata in brevi capitoli, di facile lettura.</p>



<p>Mario Desiati con <em>Spatriati</em> riesce a descrivere nel profondo le fragilità e complessità di una <strong>generazione</strong> “<strong>interrotta</strong>”: la sua.</p>



<p>Con il termine “<strong>spatriati</strong>” non si fa solo riferimento ai senza patria e a coloro che non hanno avuto paura di cercare lontano da casa il loro posto nel mondo, ma si vuole soprattutto dare al termine un senso più sottile e metaforico, includendo gli <strong>irrisolti</strong>, i <strong>disorientati</strong>, gli <strong>sradicati</strong>. Lo sono anche tutti coloro che hanno provato a cercare sé stessi altrove ma poi ritornano, continuando a vivere con la valigia sempre pronta, accostata sull’uscio della porta.</p>



<p>Ognuno di noi può attribuire una valenza personale a tale parola, ed è per questo che leggere <em>Spatriati</em> mi ha fatto sentire capita, accolta. I personaggi lo sono, spatriati, ma paradossalmente <strong>donano una terra d&#8217;origine</strong> a tutti quelli che, come Francesco e Claudia, sentono di non possederla, e nello squilibrio riescono a trovare <strong>nuovi equilibri</strong>, più veri, più puri. Una patria non geografica che rifiuta categorie e targhette, in particolare nei sentimenti.</p>



<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<h2 id="h-perche-leggere-spatriati">Perché leggere <em>Spatriati</em></h2>



<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>



<p>Consiglio di leggere <em>Spatriati</em> a tutti coloro che sono alla <strong>perenne ricerca del proprio universo</strong>, della propria identità sociale e sessuale, tra turbamenti e l’aspirazione a non volersi accontentare a una realtà imposta e circoscritta.</p>



<p>Un libro in cui ritrovarsi, perché alla fine “eravamo decine di migliaia così, anelavamo alla casualità dell’umido e della pioggia, con la gioia di chi si ritrova nell’unica patria possibile, quella a cui non rispondiamo a nessuno di ciò che siamo. Spatriati”.</p>


Una generazione di apolidi per tornare a casa


<p><strong>Settore</strong>: Concessionarie Auto</p>



<h2 id="h-posizione">Posizione</h2>



<p><strong>Contenuti e contesto lavorativo:&nbsp;</strong>Vernocchi Auto, gruppo di 5 concessionarie auto Peugeot, Land Rover Jaguar e Multimarca usato, ha dato mandato a SCR di selezionare un Responsabile Amministrativo e del CDG.</p>



<p>Il professionista, assieme al suo team, dovrà occuparsi con competenza, puntualità e responsabilità del coordinamento e del controllo delle attività contabili ed amministrative di tutte le filiali, compresa la redazione dei bilanci periodici ed annuali garantendo il rispetto dei principi contabili e della normativa fiscale e presidiando l&#8217;area del controllo di gestione e la relativa reportistica periodica per le case automobilistiche.</p>



<p>Alla risorsa verrà inoltre affidata la responsabilità di gestire i rapporti con il commercialista, nonché di sovrintendere la tesoreria.</p>



<p><strong>Luogo di lavoro:&nbsp;</strong>Rimini</p>



<h2 id="h-requisiti">Requisiti</h2>



<p><strong>Titoli di studio</strong>: Diploma di Ragioneria o Laurea in Economia e Commercio</p>



<p><strong>Caratteristiche ricercate:</strong>&nbsp;Si ricercano professionisti residenti in Romagna o Provincia di Pesaro con almeno 3 anni di esperienza nel ruolo ed abituati ad un confronto costante con il vertice aziendale. Il candidato inoltre deve essere in grado di ottimizzare sistemi di controllo di gestione e coordinare le risorse fungendo da riferimento tecnico competente in materia amministrativo/contabile.</p>



<p><strong>Contratto offerto</strong>: Tempo indeterminato, CCNL del Commercio, livello Primo. Range di RAL previsto 45/55k</p>



<p><strong>Per candidarsi: </strong><a href="https://inrecruiting.intervieweb.it/scr/jobs/responsabile_amministrativo_e_cdg_157223/it/" target="_blank" rel="noreferrer noopener">cliccare qui</a></p>



<p>I/Le candidati/e potranno inviare la propria risposta rilasciando specifica autorizzazione ai sensi del del Regolamento (UE) 2016/679 sulla protezione dei dati (GDPR). Vedi informativa privacy <a href="http://www.scrconsulenza.it" target="_blank" rel="noreferrer noopener">www.scrconsulenza.it</a> Per informazioni: <a href="http://www.scrconsulenza.it" target="_blank" rel="noreferrer noopener">www.scrconsulenza.it</a> oppure 0544/270701.</p>



<p>Tale ricerca professionale é rivolta ad ambo i sessi (L. 903/77)</p>



<p>Autorizzazione Ministeriale a tempo indeterminato all’esercizio delle attività di ricerca e selezione del personale ai sensi del D.lgs. 276/03 prot. 13/1/0003008/MA004.A003</p>


Responsabile amministrativo/a e CDG

<p><strong>Giovanni Spadaccini</strong> non ce la racconta giusta. Dice che questo libro – <strong><em>Compro libri, anche in grandi quantità</em></strong>, pubblicato da Utet – non l’ha mai neppure immaginato, né ha mai desiderato che venisse fuori com’è adesso. Per giunta, ha cominciato a scriverlo di malavoglia. Questione di pudore, ammette l’autore, che <strong>di mestiere vende libri usati</strong> in una piccola libreria di Reggio Emilia e di storie da raccontare ne avrebbe chissà quante. Però il pudore lo frega, e allora di tutte le storie che gli sono capitate a tiro vendendo libri usati, ammaccati, recuperati, cita alcuni dettagli succosi e ne omette altri; dice che è tutto vero o tutto inventato, e non si capisce dove sia la verità. E forse alla fine del libro non ce ne importa neanche più.</p>
<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<h2 id="h-dalla-morte-e-dalla-rabbia-i-fornitori-del-libraio-d-occasione">&#8220;Dalla morte e dalla rabbia&#8221;: i fornitori del libraio d’occasione</h2>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p>Ci fa venire l’acquolina in bocca, Giovanni Spadaccini, e poi ci toglie il piatto da sotto il naso. Ci racconta di <strong>quanto spesso il suo mestiere sia travisato</strong>, mal compreso, forse sottovalutato. Lo scambiano per uno svuota cantine, un traslocatore, un facchino che ti libera di robe inutili, e a volte, quando gira con la moglie Raffaella, un Testimone di Geova.</p>
<p>Giovanni ha piglio ed esperienza, l’occhio allenato per distinguere al primo sguardo una biblioteca di valore dalla collezione di un lettore pigro (diffidate di chi mette un libro ricevuto disgraziatamente in regalo vicino ai volumi desiderati, letti e amati!). <strong>Dove si rifornisce</strong> <strong>un libraio d’occasione come lui?</strong> “Dalla morte e dal dolore, dalla rabbia, dall’inimicizia e dal bisogno di oblio verso una persona, o dalla disperazione e dalla delusione per la vita”, scrive, e basterebbe questo a convincerci che non c’è proprio niente di banale in questa professione.</p>
<p>Alzo la posta: vi siete mai chiesti <strong>che fine faranno i vostri libri </strong>quando, un giorno lontanissimo, non ci sarete più? Avete mai pensato che qualcuno potrebbe svendere le vostre letture pezzo per pezzo, tirando sul prezzo e trattando tutta la questione come una scocciatura come tante altre? Giovanni Spadaccini non sfugge all’interrogativo, riflette sui libri come oggetti intimi e pezzi di vita, dedica un capitoletto alla <strong>biblioteca minima</strong> che sua moglie dovrebbe assolutamente tenere <strong>in caso di sua improvvisa dipartita</strong>.</p>
<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<h2 id="h-il-fascino-dei-libri-usati-da-assumere-con-moderazione">Il fascino dei libri usati (da assumere con moderazione)</h2>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p>La meraviglia di <strong>acquistare un libro usato</strong> sta anche in tutto ciò che si può trovare tra le sue pagine: una dedica scritta a mano, appunti presi a penna che solleticano la fantasia, cartoline e fotografie usate come segnalibro. I <strong>reperti più belli</strong> Giovanni Spadaccini li ha appesi su una parete della sua libreria Libri Risorti, aperta nel giugno 2010 (c’è un bell’inserto fotografico al centro del libro, la foto della parete è sotto la sovraccoperta): il cartoncino di invito a una serata danzante; il foglietto scritto a mano con l’indicazione in francese “sono uscito di prigione, ieri”; una schedina del Totocalcio; balzate fuori a sorpresa da una cassa piena di libri, le cartoline che Elena scriveva a Edmeo, prigioniero di guerra nella Seconda guerra mondiale.</p>
<p>Eppure c’è <strong>chi non si sognerebbe mai di comprare un libro usato</strong>, preferendo le rassicuranti edizioni in serie e le copertine patinate e immacolate: Spadaccini li definisce “<strong>lettori a metà</strong>, lettori per intrattenimento, lettori senza particolari qualità se non quelle puramente tecniche dovute al pollice opponibile e alla retina”.</p>
<p>C’è anche <strong>chi</strong>, al contrario, <strong>sbava solo per i libri antichi</strong>, spiegazzati, smangiucchiati: un particolare feticismo che Spadaccini, contro i suoi interessi, <strong>boccia senza appello</strong>. Perché un libro conduce sempre ad altri libri, i libri si parlano tra di loro, si riscrivono a vicenda, e ogni libro contiene una storia che contiene una storia che contiene una storia. Vogliamo davvero rinunciare a tutto questo?</p>
<div style="height:50px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<h2 id="h-perch-leggere-compro-libri-anche-in-grandi-quantit">Perché leggere <em>Compro libri, anche in grandi quantità</em></h2>
<div style="height:30px" aria-hidden="true" class="wp-block-spacer"></div>
<p>Il lavoro del <strong>libraio d’occasione</strong> ha un fascino senza pari, che Spadaccini restituisce in tutti i suoi aspetti in <strong>capitoli brevi e fulminanti</strong>.</p>
<p>Il guaio è che vorremmo saperne ancora di più su questa professione, che contro ogni pronostico resiste alle false promesse delle diavolerie elettroniche – comodo leggere un e-book, ma chi ci ha mai trovato un biglietto d’amore dentro? – e ai chiari di luna dell’editoria, così come vorremmo <strong>saperne di più sull’autore</strong>: sbirciando in rete scopro che ha un dottorato in Antropologia, una <a href="https://www.facebook.com/ilibririsorti" target="_blank" rel="noreferrer noopener nofollow">pagina Facebook</a> dedicata alla libreria e una bella faccia da libraio che sa il fatto suo (nel libro Spadaccini sostiene che tutti i suoi clienti sono migliori di lui, ma io non ci casco). Di sé dice che ama le note a piè di pagina (anche qui: c’è chi le legge e chi no) e i libri con il margine largo.</p>
<p>Scrive che “<strong>nessun libraio davvero ti salva la vita</strong>, nemmeno volendolo. E non credete a nessuno di loro che osi vendervi una simile consolatoria favoletta. Chi lo fa, mente”, e probabilmente è così, ma io, da brava lettrice, a Giovanni Spadaccini libraio d’occasione, per aver scritto questo libro che non troverete nella sua libreria – perché non ha la licenza per vendere volumi nuovi – sento di essere davvero grata.</p>


L&#8217;occasione fa il libraio, e talvolta anche i libri

Il mestiere di libraio d&#8217;occasione, che rivende libri usati, è ricco di fascino e storie da raccontare. Come ha fatto Giovanni Spadaccini nel suo &#8220;Compro libri, anche in grande quantità&#8221;, che recensiamo.

L&#8217;occasione fa il libraio, e talvolta anche i libri - Informazione senza filtro

https://backend.informazionesenzafiltro.it/wp-content/uploads/2021/07/compro-libri-anche-grande-quantita.png

Claudia Spadoni

Tutti gli articoli