La Silicon Valley è un romanzo del disagio

“Qui non c’è niente per te, ricordi?” di Sarah Rose Etter fa affiorare il lato più trucido del mondo tech, dove l’allure di un lavoro prestigioso non basta a rendere sopportabile un ambiente pieno di lupi e uffici soffocanti, in cui l’idea di darsi fuoco diventa consolante. La nostra recensione

24.11.2024
La copertina di Qui non c'è niente per te, ricordi?, di Sarah Rose Etter

“Questo romanzo è una pugnalata al cuore”. Il commento della scrittrice Carmen Maria Machado, riportato sulla copertina di Qui non c’è niente per te, ricordi? di Sarah Rose Etter (La Nuova Frontiera, 2024) dice il vero. Il libro si apre con un uomo che si dà fuoco e Cassie, la protagonista, che lo osserva: è “una lama conficcata nel cuore”, appunto.

Un lavoro così orrendo da non poter essere descritto

Cassie ha 33 anni e da uno lavora nella Silicon Valley “aspettando che il senso mi si schiuda davanti”. Vive attorniata da credenti che hanno grande fiducia nel capitalismo e paiono ben felici di farsi stritolare dagli ingranaggi di un sistema che li mastica e li sputa, li loda e li butta a terra, li lusinga con un’inclusività farlocca e li costringe a compiere scelte subdole “per tenere il passo del mondo che ti circonda”. È la cultura aziendale, baby.

Cassie vaga per San Francisco accompagnata da un buco nero che le gravita attorno e che minaccia di inghiottirla. È la responsabile marketing di una startup di successo, ma c’è poco da stare allegri: il lavoro è massacrante, l’ambiente così tossico (per quanto abusato questo aggettivo oggi sia) che ci vorrebbe un nuovo lessico per descriverlo.

Le immagini utilizzate da Cassie sono piuttosto evocative: “Gli uffici open space sono una forma di strangolamento”, “l’ufficio è come due mani attorno alla gola e un occhio invisibile che spia, monitora, misura la nostra produttività”. Cassie, ma chi te l’ha fatto fare?

Tutti cattivi uguale nessun cattivo?

In tempi in cui gran parte del mondo tech sembra rivelarsi per quello che è – un covo di cattivoni svalvolati e saccenti, à la Elon Musk – il vero interrogativo da porsi è: chi è il vero cattivo della storia?

Nel romanzo ci sono capi e colleghi che fanno apparire consolante l’idea di potere al limite darsi fuoco, un giorno o l’altro (non sarà mica questo il burnout?); amicizie povere e più che altro di comodo; una città tentacolare che mescola ricchezza, povertà estrema ed emarginazione, gente che defeca per strada e milionari che dormono in roulotte. E poi c’è la famiglia di Cassie, spietata più di tutti gli altri e di tutto il resto, ansiosa di gettare la figlia in mezzo ai lupi per farla uscire capobranco: parliamone, magari all’ora dell’aperitivo.

 

 

 

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