Per tutti questi motivi, Slang-USB (Sindacato Lavoratori Nuova Generazione) e USB Lavoro Privato Coordinamento Cultura hanno deciso di presentare una piattaforma rivendicativa in grado di dare voce alle richieste dei lavoratori e delle lavoratrici atipiche e in appalto del settore cultura.
Questa piattaforma si basa su sei punti essenziali.
1) Le (re)internalizzazioni. “Chiediamo che si inauguri un piano di assunzioni pubbliche di massa che porti alla reinternalizzazione dei servizi culturali, intensificando i concorsi e gli sforzi necessari al raggiungimento di questo obiettivo. Tali assunzioni – e di conseguenza i concorsi – devono riguardare prioritariamente il personale in appalto già impiegato e che ha quindi maturato esperienza e competenza in materia”, si legge nel documento programmatico.
2) L’applicazione del CCNL Federculture. Nella maggior parte dei casi, le cooperative/imprese aggiudicatarie degli appalti pubblici, applicano “contratti poveri” di cui prediligono i livelli inferiori con i trattamenti economici più bassi. Come accade per esempio con il CCNL Multiservizi o addirittura il CCNL Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari, il cui Livello D – piuttosto diffuso tra musei, spazi espositivi, biblioteche e archivi – è stato giudicato anticostituzionale da più tribunali. Esiste però il CCNL Federculture che, oltre a rispecchiare in modo fedele le mansioni e competenze richieste alle diverse figure professionali che operano nel settore culturale, degli spettacoli e degli eventi, prevede salari più dignitosi e, in generale, maggiori diritti e tutele. Per queste ragioni, la piattaforma rivendica il riconoscimento del Federculture quale contratto di settore, in modo che sia indicato come tale nei bandi di gara e che, in base a esso, sia calcolato il budget da stanziare.
3) Aumenti salariali. USB sostiene la necessità di introdurre un salario minimo a 10€ l’ora per legge e, come piattaforma confederale, rivendica aumenti di almeno 300€ al mese in busta paga per ogni lavoratrice e lavoratore del Paese. “Di conseguenza, rivendichiamo anche che i profitti delle cooperative siano redistribuiti sotto forma di aumenti salariali al personale dipendente”, si legge sul documento.
4) Lotta al part time involontario. Poiché abbondano i contratti da 15 o 20 ore ed esistono casi in cui le ore di straordinario non vengono conteggiate né pagate, la piattaforma chiede che l’orario da contratto corrisponda alle ore lavorate e che gli straordinari vengano riconosciuti e pagati.
5) Stop al lavoro autonomo finto e coatto. Per quel che riguarda il lavoro autonomo, spesso le partite IVA e le ritenute d’acconto mascherano lavoro dipendente, ma senza le garanzie e le tutele che lo contraddistinguono, con conseguente impoverimento, precarizzazione e frammentazione del lavoro. “Abbiamo già avviato alcune cause a riguardo e continuiamo a batterci per il riconoscimento del lavoro subordinato in tutti i rapporti di collaborazione autonoma che non sono davvero tali”, scrive il sindacato.
6) Non è volontariato, è lavoro. Nel nostro Paese è ancora molto diffusa l’idea che lavorare nel settore artistico-culturale rappresenti più una passione o un hobby che un lavoro vero e proprio. Questo pregiudizio ha portato a giustificare un utilizzo sempre più massiccio e intensivo del volontariato, soprattutto per la realizzazione di mostre, festival e grandi eventi (come denuncia, ad esempio, il movimento Biennalocene riguardo alla Biennale di Venezia). La piattaforma sottolinea, invece, che “il tempo prestato alle attività culturali, specie quelle che creano profitto per chi le gestisce o le organizza, è lavoro e come tale va trattato e retribuito”.