Da queste premesse si è arrivati alla quinta assemblea pubblica, svoltasi all’interno di Spin Time, a cui hanno preso parte oltre trecento persone tra addetti ai lavori, maestranze, attivisti/e, e semplici cittadini.
I presenti si sono alternati per tre ore al microfono con interventi di circa tre minuti l’uno, portando ciascuno la propria visione, proposta o rabbia per la situazione pietosa in cui versa il Teatro di Roma e il settore culturale nell’insieme. C’è chi ha parlato addirittura di “disastro culturale”, istituendo un paragone di forte impatto con il “disastro climatico” con cui l’umanità si sta trovando a fare i conti in questi ultimi anni.
La riunione è partita dal casus belli (la nomina di De Fusco), per poi arrivare a riflessioni e proposte di carattere più generale, nazionale. Tra le altre cose, si è fatto riferimento all’eventualità delle dimissioni dell’assessore Gotor, alla lettera aperta firmata da oltre settecento artisti e artiste contro l’“accordicchio” tra Comune e Regione-ministero della Cultura, all’evasività del presidente della fondazione TdR Francesco Siciliano, che ha dato la sua disponibilità ai manifestanti solo a partire dalla primavera; tutto questo passando per la richiesta di trasparenza avanzata alle Istituzioni rispetto a tutte le vertenze presentate, alla questione del lavoro precario, alla mancanza di spazi e di finanziamenti per realtà giovani e indipendenti fino all’evocazione di esperimenti passati, come l’occupazione del Teatro Valle, che durò tre anni (dal 2011 al 2014) e che produsse numerose scintille e visioni lungimiranti sul futuro del teatro.
Oltre a questo sono emerse vicende recenti del mondo culturale romano, che presentano diverse similitudini con quanto accaduto con la Fondazione TdR. Per esempio le proteste, tra agosto e settembre 2023, degli studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma contro il Governo, che ha voluto imporre i membri del Comitato Scientifico, e l’affidamento diretto dei fondi al Cinema Troisi da parte del Comune, a dimostrazione che i bandi pubblici non sono l’unica via di accesso ai fondi per la cultura, quando il Campidoglio lo ritiene necessario.
Diversi anche gli spunti e le provocazioni lanciati durante l’assemblea, come quella dell’attrice Silvia Calderoni, che vorrebbe chiedere al Comune “un’assessorato all’immaginario”, o quella di un’attrice del Teatro del Lido di Ostia, situato nella periferia romana, che rappresenta un esempio di gestione plurale della direzione artistica, eletta da ben 38 associazioni diverse del territorio.
Un’altra delle questioni emerse durante l’incontro è quella dell’inadeguatezza della classe politica: “In Campidoglio ci siamo trovate a interloquire con rappresentanti politici che non hanno saputo rispondere alle nostre domande. Le risposte ricevute sono state evasive e inconsistenti, a riprova del fatto che le Istituzioni pubbliche non sono in grado di intercettare le nostre esigenze, in qualità di protagonisti della vita culturale della città”, ha detto Lorenza di Campo Innocente, uno dei collettivi che prende parte alla mobilitazione.
“L’incontro con il Comune non è stata una nostra sconfitta”, ha aggiunto Marta Di Maio, membro del collettivo Autorganizzati spettacolo Roma e RSA (Rappresentanza Sindacale Aziendale) del Teatro di Roma per le CLAP (Camere del Lavoro Autonomo e Precario), “bensì una sconfitta del Comune, che non comprende la nostra modalità di porci e il nostro linguaggio, ma è bravissimo a fare accordi e accordicchi che passano sopra le nostre teste. Nel frattempo non dobbiamo stare fermi, ma costruire altro che si deve muovere nel dialogo assembleare, provando a immaginarci azioni che tengano vivo l’interesse da parte della cittadinanza”.
“Ci fa schifo il modo in cui si discute di politica, di cultura e di politiche culturali in ambiti come quello politico e istituzionale”, rincara la dose Christian Raimo, che si è fatto portavoce di questa comunità, “mentre la qualità degli interventi in tutte e cinque le assemblee che abbiamo organizzato fino a oggi è stata altissima. Al di là del nome De Fusco, il problema è il sistema, la spartizione di nomine e di poltrone.”