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Ricollocazione, al Sud i tassi più alti. A suon di precariato
Secondo il rapporto Sistan 2022 sono soprattutto gli extracomunitari a trovare un’altra occupazione dopo averla persa. Ma i posti stabili e qualificati sono appannaggio degli italiani che vivono al Nord
L’ANPAL, l’Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro, ha reso noti i dati relativi alla ricollocazione dei lavoratori che hanno perso il posto. Ne viene fuori che il 60,2% di chi si ritrova senza lavoro riesce a ricollocarsi nel giro di un anno.
Visto così, il bicchiere appare mezzo pieno. Peccato che questi stessi dati ci dicano anche che per la maggior parte, si tratta di lavori precari, e che per converso quasi il 40% di costoro – circa 4,5 milioni di persone – resta a spasso per un periodo superiore ai dodici mesi.
La situazione è stata fotografata dal Rapporto Sistan 2022 – La domanda di lavoro per bacino dei Centri per l’Impiego, che ha rilevato i tassi di ricollocazione tra il 1° luglio 2016 e il 30 giugno 2022. Il quadro che ne emerge è molto variegato, ma conforme alle dinamiche del mercato del lavoro in Italia.
A registrare il tasso di ricollocazione più elevato sono gli extracomunitari col 63,3%, valore sovrapponibile a quello dei lavoratori con scarse competenze, che riescono a ricollocarsi nel 63,2% dei casi. Viceversa, gli italiani sono quelli che in percentuale più alta riescono a trovare una nuova occupazione permanente (18,3%), così come chi ha elevate competenze (28,7%). Questi ultimi trovano lavoro in tempi strettissimi: 60,9 giorni contro i 93 della media nazionale (anche se, neanche a dirlo, le donne ce ne impiegano quasi 100) e anche chi trova un lavoro a tempo indeterminato lo fa entro tre mesi; in media, 55 giorni.
Al Nord i lavori più qualificati, al Sud i più alti tassi di reimpiego
Per concludere con i dati numerici, uno sguardo alla geografia e ai settori occupazionali, che segnano anch’essi marcate differenze.
In termini di tassi di reimpiego, le percentuali più elevate le troviamo in Puglia (66,4%) e Basilicata (65,4%) e in quelle aree in cui è preponderante il lavoro stagionale, specialmente nel settore agricolo e nel turismo (proprio quelli che, in queste settimane, stanno chiedendo a gran voce al Governo di intervenire adeguando alle loro esigenze produttive il Decreto flussi), oltre che negli alberghi e nei ristoranti.
Viceversa, il lavoro permanente si trova con più facilità nelle Regioni ad alta industrializzazione, che richiedono quindi anche un grado di competenza maggiore: Veneto, dove il tasso di ricollocazione è del 19,5%, e Lombardia, al 22,8%. E anche in questo caso, a una maggiore qualificazione professionale corrisponde una contrazione dei tempi di ricerca: in Lombardia ci vogliono 75 giorni per trovare un nuovo impiego, dato molto inferiore alla media nazionale e due terzi in meno di quanto si impieghi in Calabria (125 giorni).
Ultima osservazione di natura geografica: è nel Nord-Ovest, soprattutto ancora in Lombardia, che si registrano le quote maggiori di lavoratori che vedono migliorare la propria condizione professionale.
Insomma, il quadro è dicotomico. La fotografia dei volumi mette in primo piano il Sud, i lavoratori extracomunitari e con scarse competenze. L’istantanea della qualità del lavoro, invece, disegna un’umanità e una geografia rovesciate nelle caratteristiche e nelle possibilità di reimpiego.
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