Per concludere con i dati numerici, uno sguardo alla geografia e ai settori occupazionali, che segnano anch’essi marcate differenze.
In termini di tassi di reimpiego, le percentuali più elevate le troviamo in Puglia (66,4%) e Basilicata (65,4%) e in quelle aree in cui è preponderante il lavoro stagionale, specialmente nel settore agricolo e nel turismo (proprio quelli che, in queste settimane, stanno chiedendo a gran voce al Governo di intervenire adeguando alle loro esigenze produttive il Decreto flussi), oltre che negli alberghi e nei ristoranti.
Viceversa, il lavoro permanente si trova con più facilità nelle Regioni ad alta industrializzazione, che richiedono quindi anche un grado di competenza maggiore: Veneto, dove il tasso di ricollocazione è del 19,5%, e Lombardia, al 22,8%. E anche in questo caso, a una maggiore qualificazione professionale corrisponde una contrazione dei tempi di ricerca: in Lombardia ci vogliono 75 giorni per trovare un nuovo impiego, dato molto inferiore alla media nazionale e due terzi in meno di quanto si impieghi in Calabria (125 giorni).
Ultima osservazione di natura geografica: è nel Nord-Ovest, soprattutto ancora in Lombardia, che si registrano le quote maggiori di lavoratori che vedono migliorare la propria condizione professionale.
Insomma, il quadro è dicotomico. La fotografia dei volumi mette in primo piano il Sud, i lavoratori extracomunitari e con scarse competenze. L’istantanea della qualità del lavoro, invece, disegna un’umanità e una geografia rovesciate nelle caratteristiche e nelle possibilità di reimpiego.