eCommerce e Internazionalizzazione: il tessile innovativo campano

Sono recenti le parole di Maurizio Barracco, presidente del Banco di Napoli, quelle che definiscono il settore Moda come uno dei principali asset della Campania. “La sua storia imprenditoriale ci ricorda che il nostro territorio è ricco di realtà positive che vanno sostenute per favorire la ripresa reale e duratura dell’economia territoriale”, afferma durante un convegno che ha […]

Sono recenti le parole di Maurizio Barracco, presidente del Banco di Napoli, quelle che definiscono il settore Moda come uno dei principali asset della Campania. “La sua storia imprenditoriale ci ricorda che il nostro territorio è ricco di realtà positive che vanno sostenute per favorire la ripresa reale e duratura dell’economia territoriale”, afferma durante un convegno che ha affrontato il tema dell’innovazione e della crescita della filiera in tutte le sue principali componenti produttive e distributive, e per il quale “qualità della produzione e capacità di competere sul mercato globale sono condizioni fondamentali per lo sviluppo del settore”.
Per convincersene basta guardare i dati dell’Osservatorio Nazionale dei Distretti Italiani che mette in evidenza quanto pesi il settore manifatturiero e tessile italiano per l’economia del Paese, in particolar modo quello che nasce e si sviluppa nel Mezzogiorno e che una posizione di rilievo in ambito nazionale, con fatturato delle imprese pari a 6,6 miliardi di euro,  2,2 miliardi di export e circa 20mila imprese coinvolte.

Il Distretto Produttivo Tessile-Abbigliamento della Campania in relazione alla filiera italiana

La manifattura costituisce una quota rilevante dell’intero settore Tessile Abbigliamento Calzaturiero europeo essendo il principale produttore e generatore di fatturato (36,4%), di valore aggiunto (35,3%) e di occupazione (24,2%).
In termini di fatturato l’Italia vale più dei quattro principali stati europei della filiera messi insieme: 78,5 miliardi contro i 68,4 miliardi di Germania, Francia, Spagna e Regno Unito. All’interno di questa panoramica, i distretti industriali rappresentano il 45,6% in termini di addetti dell’intero sistema e le relative esportazioni si mantengono su valori elevati anche grazie all’importante contributo delle imprese del settore del Mezzogiorno, del distretto pugliese e di quello campano, che sono prevalentemente terziste e lavorano come subfornitori di imprese del centro-nord

Senza di esse, nella classifica mondiale dell’export, l’Italia passerebbe dal secondo al quarto posto, inoltre una componente rilevante di questa produzione è made in Campania, regione in cui questo settore è fortemente radicato e dove alcuni indicatori sono più elevati della media nazionale, sia per Fatturato (10,5%), per Export (12,4%) che per occupati (16,2%).
Le imprese che hanno costituito una rete d’imprese nel sud del settore Abbigliamento Moda sono 67, pari al 17% del dato nazionale; i distretti invece sono 9 su 42 e quello di San Giuseppe Vesuviano, a Napoli, si configura come il più grande del Mezzogiorno.

Fonte: La mappa dei distretti industriali del Sistema Moda, elaborazione SRM su 7° Rapporto Intesa Sanpaolo “Economia e finanza dei distretti industriali”.

Ma dov’è, materialmente, il manifatturiero campano? Oltre a San Giuseppe Vesuviano, la realtà economica della Campania alla base del distretto comprende anche Solofra e Grumo Nevano, Aversa, Sant’Agata dei Goti, Casapulla, San Marco dei Cavoti, Torre del Greco e Marcianise: questi luoghi sono in rete tra di loro in maniera integrata, infatti la produzione di abbigliamento, calzature e borse include realtà imprenditoriali, imprese commerciali e di servizi che svolgono attività strumentali alla filiera stessa.

Il distretto tessile vesuviano

Dal Rapporto Osiris-dtv, Osservatorio sull’innovazione e la ricerca per l’industria e i servizi per il distretto tessile vesuviano emerge un distretto a due velocità diviso fra imprese che producono un forte sforzo innovativo in termini di risorse economiche e una parte più tradizionale impegnata maggiormente nella sola introduzione di prodotti sul mercato, ma con un minore sforzo creativo.
La capacità innovativa di una parte delle imprese del Distretto è confermata da circa il 36% di imprese che ha depositato brevetti, marchi, diritti di autore ed altre forme di proprietà intellettuale negli ultimi dieci anni.
La logica di filiera nel Distretto è evidente dallo sforzo verso l’internazionalizzazione, documentato dall’aumento di progetti in questa direzione, un obiettivo importante che le imprese del Distretto di San Giuseppe Vesuviano stanno mirando a raggiungere negli ultimi anni. Ne sono un esempio l’interesse di estendere gli affari del made in Campania fino in Russia, la scelta di portare 24 aziende del distretto all’expo cinese della moda, o la capacità di penetrare una bolla, quella delle startup, e di sfidare la concorrenza nell’ecommerce attraverso progetti digitali che mettano in evidenza i nostri brand.

I problemi di un ecosistema vincente tra internazionalizzazione e tecnologia

La fotografia è chiara: c’è un grande distretto, in Campania, che suda a tirare il carro verso la ripresa con queste sue imprese e che fa del Sud Italia non una zavorra per l’economia del Paese,  ma vera e propria leva della produzione.
Ma, insieme alle virtù, anche i problemi per il pieno soddisfacimento dei fabbisogni di servizi e di accompagnamento che le aziende hanno in quest’area sono molto superiori alla media, perché la loro risoluzione risulta di vitale importanza per sviluppare pienamente la logica di Distretto industriale. Mancano consulenza organizzativa, di marketing, incubazione, assistenza su finanziamenti, formazione, ricerca di partnership e networking e, non di minore importanza, l’esigenza di un collegamento con il mondo dell’università e della ricerca e nuovi processi di internazionalizzazione.

Ma se lo spirito per crescere c’è, e si trova nella capacità di innovare e rinnovarsi, in questa terra manca ancora superare l’individualismo tipico della cultura del Sud: il rilancio dei distretti nelle regioni meridionali passa anche attraverso l’affermazione di nuovi leader, capaci di far leva sul know-how produttivo locale e di creare marchi noti sui mercati. Per non parlare dei noti problemi della contraffazione e del lavoro sommerso, che sposta la dialettica del discorso da imprenditoriale a politica.

[Credits immagine: Accademia della moda di Napoli]

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