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Editoriale 40. Cattivissimi Noi
Prendete un cartoncino, una t-shirt grigia e una mela. Sulla carta stampateci il vostro credo aziendale e sulla maglia due cerchi concentrici a contenere i nomi di tutti i vostri punti vendita in giro per il mondo. Incartate il tutto e consegnatelo ai vostri dipendenti, la mela ce la mette Apple col suo logo. Tim […]
Prendete un cartoncino, una t-shirt grigia e una mela. Sulla carta stampateci il vostro credo aziendale e sulla maglia due cerchi concentrici a contenere i nomi di tutti i vostri punti vendita in giro per il mondo. Incartate il tutto e consegnatelo ai vostri dipendenti, la mela ce la mette Apple col suo logo. Tim Cook si è mosso così, quest’anno, per fare gli auguri di Natale ai suoi: come sempre, sui media e sul web c’è chi ha gridato troppo facile con quello che guadagna quel colosso, chi ha ribattuto questa essenzialità ci piace. Del resto, da quando tutto finisce nel pubblico qualunquismo, al caval donato si guarda non soltanto in bocca ma pure in tasca.
Dalla sede Legoland di Billund, in Danimarca, sono partite invece le scatole “50 Years on Track” realizzate in esclusiva per i dipendenti dello storico mondo a mattoncini: un set di 1141 pezzi che ricostruisce la storia dei treni dal 1966 ad oggi. Come ogni anno, molti di questi regali a tiratura limitatissima finiranno in vendita su eBay strappando offerte da collezionismo per i cultori dei Lego. E cosa diranno a questo punto i polemici dei big? Stavolta il regalo non fa una piega ma i dipendenti ci lucrano sopra.
Non manca mai nemmeno Ikea tra i virtuosi del Natale: il colosso di Ingvar Kamprad già ai primi di dicembre aveva staccato un assegno di 108 milioni di euro per i dipendenti del gruppo in Italia, circa 900 euro a persona finalizzati alle loro future pensioni. Un programma di fedeltà a cui Ikea tiene molto, promosso tre anni fa e che non si sostiene autonomamente se il gruppo non raggiunge gli obiettivi prefissati. Insomma un regalo da conquistarsi, niente di dovuto.
Il lavoro, visto dalle aziende, trova strade diverse per dire grazie a chi gli genera utili tenendo in piedi nell’ombra la baracca. Al tempo stesso serve però onestà e impegno nel ricevere.
Quando il calendario gira le pagine su dicembre, anche sull’informazione cala quella patina di leggerezza che vira al dolciastro ma non è impossibile uscire dalla bolla natalizia e raccontare i cattivi, basta solo non identificarli come tali per mera opposizione ai buoni. I cattivi lo sono per scelta ogni volta che avrebbero la libertà di comportarsi diversamente o di ispirarsi ad altri valori.
Anche gli ipocriti lo sono per scelta: mi chiedo se tutti coloro che si lamentano di avere colleghi o capi o collaboratori eticamente pessimi siano gli stessi che ingrassano il pubblico delle serie tv rinomate per i loro personaggi cinici, egoisti, aguzzini, spregiudicati, colpevoli. E non valga la scusa che tanto il cinema e la televisione non sono reali e che ci servono a sfogare la creatività; è proprio il contrario: il cinema e la televisione si specchiano dentro di noi e ci rimandano chi siamo con un velo di cipria che opacizza i difetti. La cattiveria può affascinare soltanto se si è davvero molto confusi dentro.
Non è che per caso usiamo due pesi e due misure o che, andando più a fondo, vogliamo essere trattati da buoni pur facendo noi per primi i cattivi? Quasi stride all’orecchio l’utilizzo del buono-cattivo per gente ormai adulta e nel pieno della propria vita professionale e sociale, come se le categorie morali servissero più ai bambini che a noi per capire come si sta al mondo. Ci sbagliamo di grosso a pensarla così. Non è un caso che molta editoria nata per i piccoli – dai libri al cinema – riscuota sempre più il fascino dei grandi e che, al tempo stesso, si generi sempre più mercato per i contenuti nozionistici riadattati sui ragazzi, filosofia e scienza su tutti.
Prendiamo in prestito l’antica Grecia perché esercitarsi su ragionamenti bizzarri o apparentemente irreali giova sempre al pensiero. Paradosso è tutto ciò che contraddice un’opinione comune o che contrasta con un’esperienza quotidiana. Celebre, in filosofia, è il paradosso del mentitore che la tradizione attribuisce a Epimenide di Creta che formulò così l’antinomia: “I cretesi sono bugiardi”. Spiegarlo è razionalmente impossibile e contraddirlo altrettanto difficile, basta un attimo per mettersi all’angolo da soli.
Non so quanti imprenditori, manager, consulenti o dipendenti abbiano la voglia e la forza di ragionare per paradossi utili ad interrogarsi sul proprio lavoro. Ne varrebbe la pena perché è nel diverso da noi che capiamo chi siamo.
Per questo Natale non regalate e non regalatevi niente di nuovo. Piuttosto prendete o porgete uno specchio e, immaginando di essere Epimenide di Creta, guardatevi in faccia mentre ripetete che i cretesi sono bugiardi. Quello che vedrete è esattamente quello che vedono gli altri quando parlate con loro o prendete una posizione.
Anche non essere credibili o coerenti sfiora il profilo della bassezza. Essere cattivi ha tante facce a cui solitamente non pensiamo e chissà quale sarà la nostra che non vediamo mai, quella che nemmeno pensavamo di avere.
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