Editoriale 76 – Puglie parallele

Un santo non si nega a nessuno in un’Italia piena di chiese e parrocchie. A grattare il marketing con gli occhi al cielo ci prova anche la Puglia, che due settimane fa si è presentata alla Borsa Internazionale del Turismo con lo slogan “Il Salento santo & trasgressivo” anche se per farsi notare non c’era così […]

Un santo non si nega a nessuno in un’Italia piena di chiese e parrocchie.

A grattare il marketing con gli occhi al cielo ci prova anche la Puglia, che due settimane fa si è presentata alla Borsa Internazionale del Turismo con lo slogan “Il Salento santo & trasgressivo” anche se per farsi notare non c’era così bisogno di ricorrere al poter peccare sulle spiagge della movida e diventare santi alle Tavole di San Giuseppe (citando articoli apparsi sui media dopo la conferenza stampa di presentazione della prossima stagione).

È un dato di fatto che i mesi caldi italiani si facciano concorrenza spietata sulle migliaia di chilometri a sabbia e scogliere ma è altrettanto vero che la Puglia avrebbe potuto da tempo fare gol e non l’ha fatto. Se dello stivale ti è toccata la base, dovresti ringraziare e partire dal tacco perché da lì tutto passa e senza di te non starebbe in piedi nulla. 

La questione è un’altra: da che parti guardi il Sud e da che parte il Sud guarda se stesso.

Nel comune parlare, il Sud è tanto lontano dal Nord, troppo lontano. A dire il vero anche il Nord è tanto lontano dal Sud, troppo lontano, ma ce lo ricordiamo solo nei mesi estivi quando di colpo abbiamo bisogno dei trulli, l’ombra sincera, il mare pulito e la pace rinnegata durante l’anno come fosse la peste. Poco corretto, responsabili tutti.

Il Sud è un bacino immenso, un serbatoio generoso, e la Puglia lo è più di ogni altra terra a meridione. Lo sanno bene i lombardi quanto cuore pugliese batta dalle loro parti e non è un caso se l’Ambrogino d’Oro 2017 – su proposta della Consigliera comunale Lega Nord Laura Molteno – è andato all’Associazione Regionale Pugliesi di Milano. Del resto lo confermano i numeri dei residenti che Milano è la terza città pugliese dopo Bari e Taranto.

Raccontati e riletti in retrospettiva, sembra che gli anni Ottanta italiani – quelli in cui il mondo non sapeva niente del web e se ne stava bello tranquillo dietro le proprie tende – siano stati anche quelli degli utili al Sud e delle perdite al Nord. Lo stesso Adriano Olivetti, attraverso società affiliate su cui però non mise mai nero su bianco una firma di paternità, a quel tempo dragava e assumeva a Bari: durò non pochi anni, complici evidentemente regimi fiscali agevolati, basso costo del lavoro e alto livello di competenze.

Trent’anni fa lo stivale sembrava quasi capovolto e, chissà, magari era dal basso che si sarebbe potuto infilare il piede giusto dell’economia.

Più d’uno racconta che in quegli anni lavorare lì dentro era meglio che lavorare in banca e allora scatta, inevitabile, la liturgia dolorosa del Sud che guarda in alto per farsi salvare – ieri come oggi – e in alto vuol dire Nord, politica locale e nazionale, logiche di assistenzialismo, fondi europei da succhiare finché la cassa è piena e, quando il foraggio finisce, finiscono pure le aziende e avanti col prossimo bando a tempo, dentro un circolo perverso.

La Puglia suda e non dipende dal caldo. Gronda da anni, la Puglia, per la fatica di chi non se ne è voluto andare con la scusa del lavoro che manca ed è rimasto contro i veterani della politica che provano instancabili a poggiare il cappello sopra i progetti dei privati che funzionano pur sapendo che è una bugia. Persino i bambini sanno essere più onesti anche quando muoiono dalla voglia di vincere la partita. 

Una politica bulimica e al tempo stesso in ritardo; un tessuto d’impresa che di quel mondo si lamenta ma che non ha ancora staccato il cordone.
Nella regione italiana in cui da anni si lotta per destagionalizzare il turismo, sarebbe da farselo spiegare dalla politica come si riesce con tanto successo a stare in campagna elettorale tutto l’anno.

La Puglia vista da fuori è una groviera che non si immagina, in un’alternanza di vuoti e di pieni ancora incapaci di compensarsi. Quanti sanno dei distretti che il mondo le invidia quando si parla di meccatronica, digitale e aerospaziale? Forse anche le stelle si vedono meglio dalla Puglia.

La riscossa è perfezionista ma invisibile, è di poche aree, è locale, miniaturale e ridotta nel dettaglio anche se servirebbe estesa: intanto si punta al contagio felice, a perfezionare competenze, si cercano giovani esperti digitali senza trovarli (a volte se li rubano piuttosto che formarli), si lavora in silenzio, si diventa lentamente credibili agli occhi dell’Italia visto che il resto del mondo già lo sa. Si sgomita anche qui ma è un fatto privato, qui passano le banche venete per i sistemi bancomat ed è lo stesso identico Veneto che rifiuta candidati eccellenti perché terroni. 

Il Sud che guarda se stesso è ancora troppo miope: abituato a piegarsi al potere più vicino per barattare un sostegno, l’elasticità per tendersi un po’ oltre l’ha forse persa. Mai sovrautilizzare la messa a fuoco da vicino anche perché miopi si diventa e ci si resta e i buoni accorgimenti pratici possono solo rallentare il decorso. La Puglia si imbelletta di polemiche quando acqua e sapone potrebbe già sedurre. Più che a velocità diverse, la Puglia è parallela a se stessa e rischia di non incontrarsi mai. Continua a presentarsi col freno a mano tirato da una parte e le briglie sciolte verso le galassie dall’altra, lentezza e accelerazione, disoccupazione e profili altissimi, inerzia e intraprendenza, poca forza di sistema e genialità del singolo.

Delle due l’una, appena possibile. A meno che non ci mettano una mano i Santi e i patroni ad accelerare il miracolo; per ora si sale sui carri allegorici, col cappello dell’Ilva in cima a tutti, e allora sì che la Puglia svetta alla stessa altezza del Nord senza che nessuno abbia niente da ridire perché tanto il Carnevale è uno scherzo. Ma la Puglia, finalmente, pare abbia più voglia di scherzare.

 

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