A dieci anni dall’apertura del primo account social della pubblica amministrazione dove lavoro, provo a fare una riflessione su quanto è avvenuto dopo di ciò. Lavoro per il più grande ente locale di Roma e vedevo come altre Amministrazioni pubbliche si misurassero con il mondo dei social media. I primi accout aprivano con scopi e finalità […]
Erotico e pornografico web ai tempi del referendum 2.0
Era l’11 gennaio 2016, poco meno di un anno fa, e a seguito di un video di Matteo Renzi su Repubblica.it “ Il Sole 24 ore ” titolava: “Se perdo il referendum lascio la politica”. Al contrattacco Matteo Salvini tuonava dalle sue pagine web: “Mandiamo a casa Renzi con il referendum”. Una giravolta e Renzi fa […]
Era l’11 gennaio 2016, poco meno di un anno fa, e a seguito di un video di Matteo Renzi su Repubblica.it “ Il Sole 24 ore ” titolava: “Se perdo il referendum lascio la politica”.
Al contrattacco Matteo Salvini tuonava dalle sue pagine web: “Mandiamo a casa Renzi con il referendum”. Una giravolta e Renzi fa un passetto indietro, comunica che non darà le sue dimissioni in caso di vittoria del No, ma ormai tutte le campagne di comunicazione on line ed off line dei competitor politici spostano l’asse del messaggio comunicativo dai quesiti referendari alla posizione politica del Presidente del Consiglio.
Il dado è tratto. Da quel momento e fino al 4 dicembre il web è stata la piattaforma che ha visto sciorinare a colpi di hashtag e sponsorizzazioni, videochat ed infografiche, tutta la comunicazione politica, soprattutto quella a favore del Sì che ha lavorato incessantemente con una roboante programmazione nel tentativo di spostare il focus senza trarne, però, gli esiti sperati.
Questo è il risultato della politica nel tempo 2.0 oppure è sempre stato così? Quanto il web ha influito nel tenere viva la memoria di quella dichiarazione? Me lo sono chiesta diverse volte, soprattutto scorrendo la sequela dei commenti sulle pagine dei social network e mi sono resa conto che i meccanismi utilizzati da chi ha strutturato la comunicazione probabilmente sono stati carenti di quel lessico necessario alla comprensione primaria e di quell’analisi grammaticale e logica che ogni web media strategist compie quando deve portare a casa un risultato di consenso o di consolidamento della reputation.
Le campagne attraverso il web – e non solo – non hanno saputo essere medicamentose nei confronti di una dichiarazione primaria che, per buona parte degli italiani, ha avuto enorme peso.
Provo, sottovoce, ad analizzarne i motivi:
- La programmazione: il web intero è parso tutto tempestato di spot elettorali. Programmare i canali, i tempi e le dosi (q.b. è sempre quella giusta) consente di non invertire la rotta della percezione. L’effetto spam, in questa specifica situazione, ha sollevato l’obiezione di un maldestro tentativo di convalida dei personalismi.
- Gli stereotipi: la semplificazione non è sempre la strategia migliore per conquistare il target. La comunicazione in questo referendum è parsa fin troppo semplicistica e piena di luoghi comuni, tanto da non essere presa sufficientemente sul serio e da sortire l’effetto di un accanimento all’inverso.
- I contenuti: La comunicazione attraverso il web è stata soprattutto tesa a profetizzare gli effetti nefasti del No, piuttosto che evidenziare i benefici dell’accettazione della proposta del Governo. La scienza della comunicazione ci insegna che questo è un errore. Non si vende un dentifricio dichiarando che quello del competitor ti rovina il sorriso.
Lo storytelling di questa campagna non ha tenuto conto di uno degli elementi fondamentali: l’empatia. L’utente medio italiano non si è sentito coinvolto nel beneficio che la riforma provava a sostenere, il focus sui buoni propositi per il Paese è stato interpretato come una bugia, la call to action non ha funzionato.
Il web 2.0 si basa sul paradigma del peer to peer preso in prestito dall’informatica; significa che in una rete di computer i nodi non svolgono il ruolo fisso di client o server, ma sono paritari e possono scambiarsi i ruoli. In senso comunicativo-relazionale, peer to peer mette in luce una relazione in cui enunciatore ed enunciatario sono alla pari e possono scambiarsi ruolo continuamente. In realtà è un bluff perché il web e i social non consentono questo in maniera reale: l’utente non guadagna in alcun modo potere. La frustrazione del cattivissimo web sadomaso legato alla comunicazione sconnessa ha fatto in modo che questo risultato referendario fosse una sorta di rivincita nei confronti della malapolitica del Paese e, quindi, l’internet è stato davvero uno strumento di autodistruzione.
La comunicazione politica ha visto negli ultimi dieci anni esempi di “umanizzazione” che sono stati capaci di compiere rivoluzioni nella percezione: si pensi alla case history di Obama: il risultato delle produzioni video nella campagna 2008 fu di 110.000.000 visualizzazioni (110 milioni, un numero impressionante oggi come allora) che, sommato al coinvolgimento ottenuto su tutti i social network, portò al voto il 65% degli americani (percentuale mai raggiunta dalle elezioni del 1908) e alla Casa Bianca il primo cittadino afroamericano della storia.
Un vero esempio di uso strategico e funzionale agli scopi di advertising con la costruzione della sintassi comunicativa impeccabile: distanza pedagogica, ammiccamento e complicità.
Ogni piattaforma digitale porta con se’ un bagaglio sottovuoto di enunciati: la sostanza è saperli comprendere e saperli usare, perché la comunicazione è una scienza che custodisce nelle sue intersezioni dei grandissimi bug che possono essere colmati in maniera sostanziale esclusivamente dall’affidabilità delle intenzioni, dalla ricerca creativa, dall’analisi impeccabile del mondo intorno.
Se è vero che la seduzione è un tema fondamentale in ogni processo di comunicazione, il web talvolta sa essere erotico nel modo sbagliato: nel paradigma della percezione, gli istinti che riesce a muovere riescono a diventare primitivi. L’erotico si trasforma in pornografico e tutta l’oscenità si manifesta nel suo uso a scopo di lucro senza strumenti efficaci, con il vizio assoluto di apparire invece di essere, nella mancanza di contenuti nel contenitore.
Il web come strumento di comunicazione di massa in questa campagna referendaria (e non solo) è mancato di uno degli aspetti fondamentali: l’ascolto, step necessario che custodisce i segreti per offrire soluzioni adeguate ai propri clienti.
Ergo, nel tempo dei leoni da tastiera servono gladiatori molto accorti, altrimenti i leoni fanno “gnam”.
(Photo credits: cristinaguggeri.weebly.com)
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