Gianluca Orazi, Zanichelli: “Parole in tournée come rockstar”

Se non vi è mai capitato in prima persona, fidatevi di psicologi e psichiatri che lo confermano: quando sogniamo oggetti o persone fuori misura rispetto alle dimensioni reali, l’inconscio ci sta dicendo di guardare proprio lì. Quasi sempre è il segnale definitivo, è la spia interiore che avvisa di tutti i segnali finora trascurati: ci […]

Se non vi è mai capitato in prima persona, fidatevi di psicologi e psichiatri che lo confermano: quando sogniamo oggetti o persone fuori misura rispetto alle dimensioni reali, l’inconscio ci sta dicendo di guardare proprio lì. Quasi sempre è il segnale definitivo, è la spia interiore che avvisa di tutti i segnali finora trascurati: ci sta dicendo che non c’è più molto tempo per prendere coscienza.

Chiamiamolo pure ultimatum.

A me è venuto in mente lo stesso processo quando mesi fa uscì la notizia del Dizionario gigante Zingarelli 2020 piazzato nel cuore di alcune città italiane per richiamare l’attenzione sulle parole italiane da salvare. Lo spazio urbano è stato chiamato ironicamente Area Z _ Zona a lessico illimitato.

3126 parole da salvare in tutto. Parole che non se la passano bene.

 

Il viaggio si è appena chiuso a Palermo, il 7 novembre. Ha toccato nel frattempo Milano, Torino, Bologna, Firenze, Bari. Sono mancati però nomi come Roma, Venezia e Napoli solo per rimarcare alcuni grandi classici. Gianluca Orazi è il Direttore Marketing e Comunicazione di Zanichelli e la mente indiscussa di un cambio di passo dentro la storica casa editrice bolognese. Cercando di carpirgli qualche anticipazione sul possibile seguito del progetto per i prossimi mesi, ammetto che è abile a sviare ma si intuisce che non finisce qui. “Io sono già oltre questo progetto, me lo immaginavo così un anno fa e ormai si è compiuto al meglio. È già tempo di cambiare, ho bisogno di rinnovare continuamente gli stimoli”.

Mi piace dire che hai saputo mettere le gambe alle parole.

“L’iniziativa in effetti nasce da una mia idea che era quella di far emergere dal vocabolario le parole a rischio creando una struttura imponente, gradevole e bella da vedere: il dizionario gigante nasce così, con il valore aggiunto di essere interattivo perché senza questo dettaglio l’idea avrebbe perso parte della sua forza. Una volta scelta la parola, le persone potevano postarla sui propri canali social – “un uso didattico e culturale anche dei social network”, aggiunge, e se ne coglie il tono di voce che sottintende un parere – e farla rivivere anche in rete. Lo abbiamo fatto per unire la cultura a una dimensione pop e per intercettare un pubblico che fosse il più eterogeneo possibile. L’idea del tour è stata la nostra seconda buona idea, chiaramente non potevamo toccare tutte le città italiane per cui il viaggio va considerato simbolico. Abbiamo immaginato le parole come fossero vere e proprie rockstar in tournée. Il tour di solito è riservato a personaggi famosi che riempiono stadi e teatri e stavolta è toccato a un cimelio della cultura italiana come il dizionario. Se lo avessimo fatto sostare anche un mese o due nella stessa città non avrebbe avuto lo stesso effetto”.

Avete messo buona creatività dentro il progetto ma ora si tratta di misurarla. 

La risposta da parte dei media è stata altissima e non è scontato per un progetto culturale. Poi la vera misurazione possiamo farla anche attraverso l’hashtag #paroledasalvare su Twitter e Instagram, posso assicurare che il risultato è sorprendente. Moltissimi Comuni ci hanno contattato per chiedere se fosse possibile aggiungerli alla lista delle città itineranti e già solo questo è un bel traguardo.

Archivio Zanichelli

Le scuole come l’hanno presa?

Zanichelli è un editore fortemente connotato sui libri scolastici per cui ci aspettavamo questo entusiasmo da parte loro. Ci hanno lavorato in classe e a casa con tutte le parole di salvare, ci hanno scritto, contattato e ringraziato. Diciamo che questo loro riscontro spontaneo ha chiuso un po’ il cerchio dell’editore che opera sì nel campo della consultazione ma soprattutto in ambito scolastico.

Il dizionario è ancora un mondo ancorato al mondo delle scuole o con gli anni si è ritagliato altro?

Per fortuna ha saputo anche uscire dal recinto, non sono pochi – come verrebbe da pensare – gli italiani che hanno in casa un dizionario pur non facendo gli insegnanti e pur non essendo studenti.

Quanto costa oggi?

Tra i 67 euro e gli 84, dipende dalle versioni e dalle dotazioni che ha.

Tu sei un quarantenne cresciuto anagraficamente negli anni del marketing e del consumo. Ti ha aiutato questa radice per ricercare un canale di contatto originale con il pubblico? 

Le intuizioni vanno prese per buone così come sono ed è valso anche per me, credo a prescindere  dalla mia formazione e dall’età. Io ad esempio non sarei certamente adatto per lavorare in un’azienda automobilistica. L’incontro con Zanichelli è stato felice fin da subito, pensa che sono partito facendo tutt’altro.

Raccontaci.

Gestivo le grandi catene librarie per conto dell’editore, tenevo i rapporti con Feltrinelli, Giunti, Mondadori e tutti gli altri. Stavo spesso in viaggio e di fondo anche quello era un lavoro di marketing. Poi mi sono venute un po’ di idee tra cui le “definizioni d’autore”, far scrivere cioè i significati di alcune parole nello Zingarelli 2020 da personaggi famosi come Mina, Valentino Rossi, Michele Serra, Andrea Camilleri per citare i primi che mi vengono in mente. Quindi non solo il termine lessicografico ma anche l’interpretazione personale e autorevole di chi abbiamo coinvolto. Lo racconto per far capire che di buoni progetti ne abbiamo messi in campo diversi e tutti passo passo perché la comunicazione non è mai un processo immediato. 

Dammi la tua “definizione d’autore” di comunicazione, impossibile non chiedertela.

Ci vuole tempo, pazienza, ingegno. Devi poi indovinare i progetti e non è facile. Credo che quella di Zanichelli possa essere vista come una comunicazione d’avanguardia nel senso che siamo risusciti per certi versi a fare in modo che gli altri parlassero di noi, e in modo positivo, senza dover ricorrere a testimonial o investimenti onerosi. Tu parti dall’idea buona, la persegui, cerchi di fare in modo che il giornalista ci faccia un pezzo sopra e ne sia soddisfatto, che i giovani si avvicinino al display del dizionario gigante e postino la lingua italiana da salvare sui propri canali social, che le scuole ci lavorino spontaneamente, che i cittadini comuni si imbattano nella notizia e se ne innamorino. Questa è una comunicazione che funziona in modo naturale.

Paolo Di Stefano, in un suo editoriale sul Corriere della Sera, ha descritto l’operazione di Zanichelli sottolineandone il “valore civile e sociale” e direi che non è poco, soprattutto perché non è stato un contenuto indotto (ndr; Gianluca Orazi non ha mai mandato il comunicato stampa a Di Stefano).

Il pensiero prima delle parole, il pensiero che precede le parole. Tu come lo scrivi un comunicato stampa?

Le parole negli anni sono state trattate molto male, sono state usate poco, ed è stato questo a farmi ispirare l’urgenza di ragionare sul progetto del dizionario gigante con quelle da salvare. Io prima di scrivere testi lavoro in effetti sulle idee e sulla loro risposta ad una mancanza sociale più che ad un bisogno. 

Zanichelli si è mai occupato del linguaggio usato nel mondo del lavoro?

Non è il nostro campo ma posso dirti cosa penso io. A livello di marketing si fa una gran fatica a decifrare quello che si legge e si ascolta in giro, spesso il mondo del lavoro parla abbarbicandosi in modo esasperato agli inglesismi o ai tecnicismi. Si sporca il contenuto usando parole che non ci rappresentano; in questo senso credo che il nostro progetto abbia spessore perché usa l’italiano per salvare l’italiano.

Ma alla fine chi le monitora, in Zanichelli, queste parole in disuso?

Ogni anno monitoriamo la lingua dai media ai social network, dalle persone comuni alla comunicazione istituzionale, e mettiamo un fiorellino sulle parole che iniziano il declino e in parallelo editiamo i neologismi. Dobbiamo essere sempre sensibili per far entrare nello Zingarelli il termometro della lingua, inglesismi compresi. Faccio l’esempio di selfie: come potremmo escluderlo? Non è un giudizio di valore, il nostro, ma di ampiezza nell’utilizzo.

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