Il Lato A di Maurizio Zordan

Scarica il podcast della puntata. Maurizio Zordan è il presidente e Amministratore Delegato dell’omonimo gruppo, un’eccellenza veneta che opera nel mondo del lusso. È nato a Valdagno, dove ancora oggi ha sede l’azienda: Maurizio è molto legato al suo territorio. Discendente di quattro generazioni di carpentieri, suo papà era un falegname che nel dopoguerra acquisì a Valdagno […]

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Maurizio Zordan è il presidente e Amministratore Delegato dell’omonimo gruppo, un’eccellenza veneta che opera nel mondo del lusso. È nato a Valdagno, dove ancora oggi ha sede l’azienda: Maurizio è molto legato al suo territorio. Discendente di quattro generazioni di carpentieri, suo papà era un falegname che nel dopoguerra acquisì a Valdagno la “Società Anonima Falegnami“, gettando di fatto le basi dell’attuale gruppo.

Come la sua azienda, anche la storia musicale di Maurizio parte da lontano. Come per molti nati negli anni Sessanta, tutto è cominciato da un mangiadischi blu — e dai dischi di una zia appassionata della musica del Clan Celentano. Maurizio aveva poco meno di dieci anni, ma ascoltandoli senza sosta aveva praticamente imprato a memoria il repertorio del molleggiato, e già allora — forse ancora inconsapevolmente — la sua attenzione era rivolta al messaggio contenuto nei testi. Nel suo pezzo preferito, Il Ragazzo della Via Gluck, avrebbe infatti ritrovato in futuro i temi legati alle radici, al territorio e all’ambiente.

La sua cultura musicale si è ampliata verso la fine degli anni Settanta, quando si trovava al liceo in piena contestazione, in un clima politico e sociale che riflette il momento difficile per il Paese. In quel periodo a Valdagno Radio Cento Fiori trasmetteva musica molto impegnata che era impossibile definire leggera, se si considera che i brani più orecchiabili erano quelli di Guccini. La canzone simbolo di quel movimento è per Maurizio il brano più celebre di Claudio Lolli, Borghesia, che riusciva a raccontare anche con ironia quel preciso momento storico: Sei contenta se un ladro muore / o se si arresta una puttana / se la parrocchia del Sacro Cuore / acquista una nuova campana. Erano gli anni in cui Maurizio era in piena contestazione del padre e del modello genitoriale, contestazione che oggi lui stesso vive a parti invertite per un’ironica legge del contrappasso.

Furono alcune vacanze a Roma in compagnia del cugino di qualche anno più grande ad allargare i suoi orizzonti musicali, con i cantautori come Lucio Battisti e Lucio Dalla. Quando ascoltò il concerto di Dalla in una Festa dell’Unità capì subito che quel modo di raccontare e di cantare sarebbe da quel momento rimasto per sempre tra i suoi preferiti. Sono tanti i brani che lo legano a momenti speciali, ma l’apice artistico fu toccato qualche anno dopo durante il tour con Francesco De Gregori. Se alle feste del liceo si iniziavano ad ascoltare grandi band come Eagles e Supertramp, per motivi prevalentemente legati a una scarsa padronanza dell’inglese Maurizio rimase legato al panorama italiano. In altre lingue, infatti, non era in grado di cogliere il messaggio nei testi che per lui era fondamentale per apprezzare l’artista.

Quando però è arrivato all’università il suo inglese è migliorato, ed è stata la musica americana ad avvicinarsi a lui quasi per caso. Per guadagnare qualche soldo si trovava a fare il servizio d’ordine in un concerto all’Arena di Verona. Non aveva idea di stare assistendo a un concerto che sarebbe diventato epico: Bob Dylan e Carlos Santana. L’arena cantava Blowing in the Wind come un’unica voce potentissima, e fu proprio in quegli istanti che per la prima volta Maurizio realizzò la forza che può avere la musica sulle persone. Da allora ha iniziato a essere incuriosito dalle novità, ed era proprio il periodo giusto: si stavano affacciando alla ribalta mondiale band che sarebbero diventate storiche, come i Clash o i Cure di Close To Me.

Durante l’università arrivò il momento del servizio militare, la mitica cartolina precetto; ma Maurizio scelse il servizio civile e lavorò per un anno presso il Centro Mazziano di Studi e Ricerche di Verona. Si faceva un po’ di tutto, e in quell’anno fu ristrutturata la bellissima sala cinema. Dopo qualche mese di pennello e ramazza potè godersi le numerose proiezioni: Almodovar era il vero protagonista del cartellone, ma i film musicali trovavano il loro spazio nella programmazione. Proprio in quel periodo usciva Stop Making Sense, il film dei Talkin’ Heads che da subito lo affascinarono per la loro modalità di raccontare le contraddizioni come fa magistralmente David Byrne in Once in a Life Time, una canzone che lui definisce destabilizzante. Ormai la musica non aveva più barriere nè confini, e negli ultimi anni di università c’era il tempo di scatenarsi alle feste con i Blues Brothers. Poi sarebbe stato tempo di entrare nel mondo del lavoro.

 

Il Lato B in azienda

La sua storia musicale così impegnata si riflette anche nel suo modo di concepire il lavoro e di essere imprenditore. Perché profitto e impegno sociale non sono necessariamente in antitesi, ma anzi l’impresa è uno strumento potente che deve creare valore e cultura. È coerente anche il brano che sceglie per raccontare la sua visione del lavoro, Imagine di John Lennon: è un testo politico al 100%, che parla di abbattimento delle frontiere, di sogni e di amore universale. E le barriere non si addicono al business di un gruppo che lavora in tutto il mondo, né soprattutto alla sua idea di azienda. Si ricorda sempre che prima di diventare imprenditore è stato un dipendente, anche se non ama il termine né l’immagine che offre (in inglese il dependant è il familiare a carico), e questo a volte lo aiuta a vedere le cose da una prospettiva diversa.

Il viaggio musicale nelle aziende continua.

 

 

Credits:

Snooky Records Studio by Marzio Francone

Unsplash.com. Saxophone by A. J. O’Reilly  

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