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Il primo capo non si scorda mai
“Il primo furto non si scorda mai” cantava l’ergastolano attraverso l’indimenticabile voce di Enzo Jannacci. Sarà pur vero che, come ogni prima volta, anche questa possa essere indimenticabile, allo stesso modo di tutti quegli episodi della nostra vita che lasciano un segno indelebile che ricorderemo per sempre: il primo amore – anche se potrebbe sembrare […]
“Il primo furto non si scorda mai” cantava l’ergastolano attraverso l’indimenticabile voce di Enzo Jannacci. Sarà pur vero che, come ogni prima volta, anche questa possa essere indimenticabile, allo stesso modo di tutti quegli episodi della nostra vita che lasciano un segno indelebile che ricorderemo per sempre: il primo amore – anche se potrebbe sembrare troppo banale -, il primo giorno di scuola, il primo giorno di lavoro.
A questa sorta di elenco delle grandi emozioni manca però un elemento fondamentale: il primo capo che, se siamo stati fortunati, ricorderemo per sempre come si ricorda il proprio padre, primo riferimento dell’universo maschile, colui che ispirerà il nostro modo di essere e al quale, volenti o nolenti, si ispireranno le scelte più importanti della nostra vita.
Qualche tempo fa un amico e collega mi raccontava che ancora oggi a Natale telefona al suo vecchio capo, ormai ultraottantenne e al quale dà ancora rigorosamente del Lei, perché sostiene che è impossibile non continuare ad avere lo stesso tipo di rispettosa amicizia verso chi ti ha insegnato a vivere il lavoro nel modo più giusto e
proficuo, trasmettendone i valori e il rispetto degli stessi.
Perché il vero capo insegna soprattutto ad utilizzare il buon senso, a non lasciarsi mai sopraffare dalla burocrazia dimenticando l’umanità necessaria a gestire al meglio qualunque situazione, ad avere sempre il coraggio della verità, a difendere e battersi per i propri collaboratori, pur pronto alla critica ed alla reprimenda quando necessaria, capace di alzare sempre l’asticella degli obiettivi da raggiungere. E’ il capo che, specie quando saremo cresciuti e avremo spiccato il volo, sarà ricordato e rispettato nella stessa maniera, se non di più.
Il vero capo infatti è una sorta di padre professionale che, proprio come un genitore, ha la possibilità e la responsabilità di orientare le scelte dei suoi collaboratori contribuendo a tracciare il loro percorso professionale e ad influenzare le loro scelte future. Proprio per questo è un ruolo estremamente difficile, che a volte è vissuto con colpevole leggerezza o con inconsapevolezza dell’importanza.
Ma anche e soprattutto nelle piccole cose troviamo i segnali di una contaminazione affettuosa: mi capita ancora oggi di entrare in ufficio, togliere la giacca e, dopo aver salutato colleghi e collaboratori, avviarmi verso il mio ufficio arrotolando le maniche della camicia dicendo tra me e me “dai, è ora di aprire il negozio”. Lui è stato un bravo capo e io non l’ho mai dimenticato.
Un punto di vista diverso mi fu offerto qualche tempo da un altro collega che mi confidò che se durante il suo praticantato in uno studio legale avesse avuto un dominus diverso, probabilmente oggi sarebbe un avvocato. Per lo stesso motivo invece, grazie all’incontro con un responsabile che ha saputo trasmettergli i giusti valori e, come si diceva una volta, gli ha insegnato il mestiere, oggi è un affermato direttore HR, che sente il peso di dover essere lo stesso punto di riferimento e la stessa guida per i suoi collaboratori.
Muovendo i primi passi nel mondo del lavoro tutti dovrebbero avere la stessa fortuna di quando sono venuti al mondo: avere un papà che ti compra le figurine dei calciatori e che ti fa dare i primi calci al pallone, che ti riprende quando sbagli ma che ti insegna ad andare in bici senza rotelle e che c’è sempre quando cadi.
E’ quel capo che ti insegna che il tuo lavoro non è vendere o comprare e nemmeno creare o trasformare prodotti, perché quello che si vende è la propria faccia e la propria credibilità: ci deve sempre essere un uomo dietro al ruolo scritto sulla porta.
E’ il capo che ti esorta a decidere, a fare quello che ritieni giusto, che ti invita a non aver paura di sbagliare, e ti spinge a difendere le tue idee ed essere curioso e a non accontentarti mai di quello che sai o credi di sapere.
Quando hai un capo così il resto non spaventa perché hai già assorbito quella dose di buon senso che limita gli sbagli e che, probabilmente per fortuna, non li può impedire del tutto.
Ma le persone vere sbagliano e non hanno paura di ammetterlo.
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