Il re delle pause

Ti sembrerà curioso ma vorremmo che ci parlassi delle pause televisive, inventate da te un sabato sera di tanti anni fa. Come sono nate? “Quali pause? Le mie? Evidentemente la pausa è parte di me. Del mio modo di vedere la vita. Io sono nato in pausa… E ciò mi agevola nell’individuare il grande vuoto […]

Ti sembrerà curioso ma vorremmo che ci parlassi delle pause televisive, inventate da te un sabato sera di tanti anni fa. Come sono nate?

“Quali pause? Le mie? Evidentemente la pausa è parte di me. Del mio modo di vedere la vita. Io sono nato in pausa… E ciò mi agevola nell’individuare il grande vuoto che dal piccolo schermo si propaga gioioso sulla tristezza dei popoli che vorrebbero capire, ma non possono. Perché la pausa non c’é”.

Già, è vero, mi sa che hai ragione tu anche questa volta, nell’epoca in cui viviamo di pause ce ne sono ben poche. È tutto così frenetico e immediato. Evidentemente la dimensione del tempo è cambiata. A cosa è dovuto secondo te?

“L’assenza delle pause è frutto dell’assurda velocità con la quale l’uomo cerca di venderti qualunque cosa e la prima fra tutte é il limite del suo tempo che, non essendo mai abbastanza, é sovraccarico di parole sputate a mitraglia senza un attimo di respiro. Per cui non solo viene a mancare l’immancabile spazio che, nel frenetico turbinìo di sillabe avrebbe più l’aria di una tregua-armata che di una pausa. Ma soprattutto, per quanto di corsa si possa andare, sparisce la possibilità di riflettere su ciò che incomprensibilmente hai appena ascoltato. E così a furia di non capire le cose che nascondevano i politici quando parlavano in televisione, o i conduttori che per dar ritmo alla trasmissione troncavano e continuano a troncare anche il parlare di quei pochi che si fanno capire, anni fa presi l’inconsueta decisione di puntare tutto su l’unica cosa che “l’economia globalizzata” non doveva annientare: la pausa. Dando luogo così al suo trionfale ingresso in quel “Fantastico” che dopo di allora, proprio grazie alla pausa e per onorarla, non fu mai più fatto…”.

Foto di famiglia: Bruno Perini, con la chitarra, aa nonna Giuditta, madre di Adriano Celentano e Adriano.
Foto di famiglia: Bruno Perini, con la chitarra, la nonna Giuditta, madre di Adriano Celentano e Adriano.

A parlare dei suoi silenzi e della sua idea di pausa, forse il lettore lo avrà capito, è Adriano Celentano, (casualmente mio zio da parte di madre), l’inventore delle clamorose pause televisive che a partire dal Fantastico del 1987 sconvolse il modo di fare televisione, rompendo radicalmente una consuetudine e un modo di comunicare che vietava tassativamente ad attori, presentatori tv, comparse, i silenzi o le pause. A un intervento o a un discorso ne doveva seguire immediatamente un altro senza soluzione di continuità e quando non c’erano parole interveniva la musica o comunque un rumore. Mai il silenzio, mai una pausa, mai un momento di riflessione. Questo fino ad allora.

Poi un giorno di quel lontano 1987 zio Adriano, senza avvertire i funzionari Rai e i poveri e inconsapevoli parenti che si raggruppavano davanti al televisore per vedere cosa combinava il più famoso della famiglia, si presentò davanti al piccolo schermo e guardando la telecamera in primo piano, cadde in un silenzio assordante di oltre un minuto. Sguardo severo, volto tirato, mimica facciale crucciata. Tutto ciò davanti a circa 12 milioni di telespettatori che attoniti come non lo erano mai stati, attendevano che il re degli ignoranti rompesse il silenzio e dicesse loro qualcosa di più rassicurante della lunga pausa.

Da quel momento le pause diventarono parte integrante della comunicazione. Silenzio eloquente. Tanto da scomodare sociologi e semiologi a studiare il significato filosofico e linguistico delle pause televisive che lo zio avrebbe proposto nei suoi show. Quel giorno io non ero nello studio ma mi hanno raccontato dei i volti dei dirigenti Rai investiti dall’imprevedibile silenzio dello zio in apertura di trasmissione. In famiglia eravamo sconvolti. Mia madre, sorella di Adriano, quando capì che il silenzio si prolungava oltre misura, mi guardò angosciata e mi chiese se secondo me Adriano avesse un malore. Io dopo qualche attimo di scetticismo le risposi che il suo folle fratello stava benissimo, con quel silenzio provocatorio stava proponendo un modo diverso di comunicare. Stavamo assistendo alla nascita del monologo in tv, fatto di pause e parole, che lo zio avrebbe utilizzato negli anni successivi ogni volta che compariva sul piccolo schermo.

 

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