La business netiquette la dettano le vecchie segretarie

In un mondo che corre sempre più veloce, tutti ci ritroviamo a gestire una proficua convivenza tra generazioni, soprattutto in ambito lavorativo: baby boomers, millennials, generazioni X e Z. Sembra semplice, ma oggi non è così scontato che ventenni e sessantenni sappiano comprendersi, dialogare e lavorare insieme, e conoscano anche la business netiquette: un mix […]

In un mondo che corre sempre più veloce, tutti ci ritroviamo a gestire una proficua convivenza tra generazioni, soprattutto in ambito lavorativo: baby boomers, millennials, generazioni X e Z.

Sembra semplice, ma oggi non è così scontato che ventenni e sessantenni sappiano comprendersi, dialogare e lavorare insieme, e conoscano anche la business netiquette: un mix tra le vecchie “buone maniere” da applicare alla digital economy, e non solo; in sintesi quell’insieme di principi che insegnano ad affrontare nel miglior modo possibile le molteplici situazioni lavorative.

Talvolta la preparazione e la professionalità non sono sufficienti per eccellere negli affari: è importante conoscere e applicare anche il galateo, dal “ma come ti vesti?” di Carla Gozzi (che si può tradurre con l’importanza di una buona prima impressione) alla conoscenza delle regole di buona educazione e comunicazione, verbale e non verbale.

Le aziende, oggi, non sono più al sicuro da situazioni critiche e per alcuni versi paradossali. Forse un tempo le “segretarie” avevano più competenze specifiche, come dattilografia, stenografia, precisione e organizzazione, e meno competenze globali di business e management, ma avevano sicuramente la cultura e l’educazione del savoir faire di una buona “padrona di casa”, che oggi è lasciata un po’ al caso da molte delle nuove assistenti (ma non da tutte).

Colpa del mondo globalizzato, che ha perso un po’ di vista le buone maniere, il modo di porsi e vestirsi a seconda delle occasioni, l’attenzione al corretto linguaggio del corpo. E la lista sarebbe ancora lunga.

 

Il vademecum dell’assistente perfetto passa dalla business netiquette

In questo articolo parleremo di netiquette, un termine che unisce il vocabolo inglese network (rete) e quello francese étiquette (buona educazione).

La regola numero uno da tener presente è, prima di tutto: “Non inviare ad altri quello che tu non vorresti ricevere”. Partendo da questo presupposto credo che si potrebbero evitare molte gaffe e moltissimi problemi e incidenti diplomatici irrimediabili.

Poi occorre ricordarsi che verba volant, scripta manent. Per questo la community Secretary.it ha stilato un vademecum base per l’assistente impeccabile:

  • Puntualità;
  • rispettare le formalità;
  • sorriso;
  • salutare tutti;
  • abbigliamento appropriato;
  • dimenticare lo smartphone;
  • lasciare la vita privata fuori dalla porta;
  • dimostrarsi disponibile;
  • memorizzare i nomi.

Inoltre la conoscenza del galateo professionale può essere di grande aiuto, per esempio, al momento della presentazione della propria candidatura, nel sapere come comportarsi durante le riunioni, nell’avere il dress code adeguato per una cena di affari, nel sapere come scrivere una mail o nelle regole per usare le chat di gruppo.

Alcune regole da tener sempre e comunque in considerazione sono, ad esempio:

  • Le regole di comunicazione scritta e verbale: come si risponde al telefono, come si scrive una mail/incipit, capacità di sintesi, regole sul rispondere a tutti in modo indiscriminato, invio di allegati, e altro ancora.
  • L’uso appropriato dei caratteri, l’ortografia, la punteggiatura, fino al come comportarsi in rete (e oggi, quindi anche come utilizzare lo smartphone, anche in orario extra lavorativo, e soprattutto sui social).
  • L’uso della voce, la postura. Se assisto un personaggio importante, austero e riservato, dovrei riflettere in qualche modo la sua autorevolezza e anche il suo stile manageriale: nei modi, nei toni, nella postura e anche nel dress code, che merita sicuramente un capitolo a parte.
  • La multiculturalità e l’empatia. Oggi sempre più occorre sapersi relazionare a tutti i livelli (dal custode all’autista, dal magazziniere all’amministratore delegato, passando per capi di Stato, delegazioni politiche, personalità importanti), sempre con attenzione ai gesti, parole o atteggiamenti che, a seconda dei contesti e delle culture, possono risultare sgarbati o offensivi. Uno dei fattori di successo nel mio ruolo di personal assistant, quando ho iniziato questo lavoro trent’anni fa, era proprio la conoscenza perfetta di quattro lingue e l’avere origini straniere: quando dialogavo con un francese era ben diverso che incontrare una delegazione russa o di arabi.

 

Dimmi come ti vesti e capirò per chi lavori

Molte aziende importanti, dalle multinazionali alle società considerate delle istituzioni sul mercato nazionale e internazionale, sono dovute ricorrere a regole ferree e discriminanti distilein ingresso (cioè al momento dell’assunzione) per evitare di ritrovarsi con brutte sorprese nascoste o inaspettate dei dipendenti.

Qualche esempio?

  • Il divieto assoluto di avere tatuaggi in qualsiasi parte del corpo, a maggior ragione se “visibili”, pena la non assunzione o il licenziamento in tronco;
  • il divieto di utilizzare scarpe aperte, sandali, infradito o qualsiasi altro accessorio che lasci scoperti piedi e caviglie;
  • il divieto di utilizzo di gonne o vestiti sopra il ginocchio per le donne, bermuda e pantaloni corti per gli uomini;
  • il divieto assoluto di presentarsi senza calze o l’utilizzo dei famosi “fantasmini” (per uomini e donne) in qualsiasi periodo dell’anno.

Questo ci fa capire che, per quanto viviamo nel Paese più riconosciuto e competente in fatto di stile ed eleganza, siamo costretti a fare i conti con l’educazione e l’etichetta che si esige nel mondo del lavoro, per lo meno in alcuni settori (istituzioni, banche, finanza, studi legali), con qualche eccezione in mondi meno formali e più disinvolti su regole d’abbigliamento rigide come la moda, la pubblicità, l’arte e la new economy.

Avere un dress code adeguato significa sapere come:

  1. Osservare la cultura aziendale. Se già forse durante il colloquio o dopo i primi giorni lavorativi ci siamo fatti un’idea generale dello stile dell’azienda e del manager per il/la quale lavoriamo, sarà bene tenere a mente le linee guida generali anche in fatto di abbigliamento. Mai troppo casual, mai troppo elegante. Ovvio che uno studio legale o una banca d’affari internazionale hanno uno stile e codici di comunicazione diversi dall’azienda tech della Sylicon Valley. Questo anche per le cene d’affari e i viaggi di rappresentanza. Meglio prediligerei toni scuri o non troppo accesi. Indossare jeans solo per il «casual friday». Tacco? Mai sotto i 5 centimetri mai sopra gli 8. Sandali vietati. Calze un must come già detto.
  2. Prediligere il comfort e puntare a qualche tocco personale. L’abito migliore per me è comunque quello nel quale “ci si sente a proprio agio”. E i dettagli che fanno la differenza. Io amo personalizzare il mio look con borse, accessori, scarpe, gioielli non vistosi (tengo sempre la mano destra che uso per scrivere libera) e in sintonia con la situazione e il contesto, senza mai improvvisarmi “fashion blogger”!
  3. Essere sempre ben curati; è la cosa più importante. Abiti stirati, scarpe pulite, mani e capelli in ordine e un trucco leggero sono le regole base. La stessa cura e ordine dovrà avere la scrivania. Siamo persone precise, organizzate, puntuali e di fiducia? L’efficacia e l’efficienza sono uno stato fisico e mentale. Ecco, questo è lo stile delle segretarie al quale mi ricollego oggi: persone autorevole ed efficaci, con una business etiquette impeccabile, con ottime doti comunicative, capaci di sostituirsi al capo quando non c’è, ma pronte a diventare invisibili durante gli incontri riservati.

E poi una cosa che non passerà mai di moda: tanto buonsenso.

Il nostro mantra? Niente può essere lasciato al caso, oggi più di ieri. Perché con la sua prima stretta di mano, telefonata o mail l’assistente è il biglietto da visita del capo, e quindi dell’azienda. La reputazione del capo, dunque, passa anche attraverso l’immagine della sua assistente.

Foto di copertina by wikimedia.org

 

CONDIVIDI

Leggi anche

La tecnologia salverà il PIL

La sigla CCCP o S.S.S.R., sta per Sojuz Sovietskich Socialističeskich Respublik (Сою́з Сове́тских Социалисти́ческих Респу́блик), in russo Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (U.R.S.S.) che comprendeva diversi Paesi che si trovano ad Est rispetto alla nostra Italia. Cosa hanno in comune alcuni dei Paesi che appartenevano a questo “blocco” o che ne erano “stati satelliti” oltre all’ubicazione geografica? Potremmo rispondere in tanti […]

Startuppers

La sala era gremita. C’erano tutti. Si iniziò con un ritardo di mezz’ora e a chi lo fece notare gli risposero “Ritardo accademico”. E giù a ridere. E tutti a tuittare #ritardoaccademico. L’introduzione di quaranta minuti del professor Tromboni sulla flessibilità motivata fu accolto da cinquanta post, sedici “mi piace”, otto retweet, quaranta fette di […]