Nella Silicon Valley è quasi impossibile trovare delle lenti a contatto: è solo un particolare dell’inaspettata antropologia di uno dei luoghi più noti e idealizzati al mondo. Recensiamo “Steve Jobs non abita più qui”, di Michele Masneri.
L’emergenza sanitaria spiegata dal medico del paziente 1
Il COVID-19 visto dalle corsie degli ospedali: una crisi prima di tutto umana, che ha colpito medici e operatori sanitari. La recensione di “Un medico”, di Raffaele Bruno e Fabio Vitale.
“Ognuno di noi all’alba di questo inferno condivideva in reparto sacrifici e difficoltà, anche private, a conciliare il lavoro e una vita sempre più lontana dalle famiglie. Oggi siamo stanchi. Abbiamo tutti lo stesso sguardo, le stesse occhiaie, gli stessi segni delle mascherine sul volto. È come se avessimo stretto un patto tacito tra di noi: quelle poche energie che ci restano dedichiamole ai nostri pazienti, avremo tempo per pensare alle nostre vite.”
Aprile. Nel pieno dell’emergenza COVID-19, così, in poche righe, il dottor Raffaele Bruno (direttore della clinica di Malattie Infettive della fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia) tratteggia i contenuti del libro scritto con Fabio Vitale, giornalista e volto di Sky TG24.
Un medico: il COVID-19 raccontato da chi l’ha curato fin dai primi giorni
Un medico – La storia del dottore che ha curato il paziente 1 (HarperCollins) in realtà è un racconto corale, di squadra, come spesso il dottor Bruno chiama il suo gruppo di colleghi medici, infermieri, operatori e volontari. Pubblicato il 19 novembre 2020, ripercorre la fase dei primi, isolati casi di pazienti positivi, per poi proiettare il lettore nell’emergenza più totale, anche con esempi pratici: “Fino a qualche giorno fa il centralino del 112 riusciva a rispondere in 45 secondi, oggi ci vogliono quattordici minuti”.
È un diario, ma la narrazione in prima persona sembra sfumare, e trasforma le giornate del protagonista in quelle di tutti coloro che hanno lottato contro il virus per salvare più pazienti possibili.
Dopo il paziente 1, Mattia Maestri di Codogno, l’alternarsi di guariti e morti scandisce una quotidianità dura in cui il lato umano emerge su quello scientifico e terapeutico, che viene comunque descritto in maniera comprensibile a tutti. Il racconto di Bruno e Vitale fa capire finalmente le difficoltà organizzative di strutture anche all’avanguardia, come il Policlinico San Matteo, trovatesi impreparate perché senza armi con cui combattere un nemico spietato.
Il luogo di lavoro che diventa casa, confessionale e rifugio dal mondo esterno; un mondo distante e spesso non al corrente del fatto che le difficoltà vanno oltre quelle della lotta a un virus terribile e sconosciuto. Come il fastidio del paziente a indossare il casco C-PAP, che gli consente di respirare, o la richiesta di ricevere un sorriso da parte di un malato. Episodi non romanzati e che sono stati la prassi per settimane, per mesi.
Un racconto del lato umano della medicina
La politica non entra in corsia, ma è lasciata dagli autori come promemoria. Un corsivo all’inizio di ogni capitolo a ricordare il provvedimento adottato quel giorno, che da quel momento ha influenzato le vite dei cittadini. Non c’è cenno di interlocuzione fra i medici, seppur dirigenti o professori universitari come Raffaele Bruno, e la politica. I momenti di condivisione ci sono e sono quelli con i colleghi di altre nazioni, per confrontarsi su protocolli, terapie e morale da sostenere.
Eppure la tendenza ad attribuire ai medici le responsabilità delle restrizioni e le susseguenti difficoltà economiche c’è. Viene rappresentata dal dottor Bruno nella fugace discussione con un passante, che finisce quasi per inveire contro di lui, presunto colpevole del lockdown, della crisi economica, di tutti i mali.
In che modo un medico “in trincea” potrebbe avere il tempo di influenzare scelte esclusivamente politiche? La risposta migliore a questa errata convinzione Bruno la dà raccontando la sua giornata piena di speranze, privazioni, tentativi di tirarsi su, e disperazione. Nonostante ciò si pente di aver dimenticato, solo per poche ma interminabili ore, di telefonare a Valentina, la moglie di Mattia, che aspettava puntualmente le 18:00 per avere notizie del marito. Non aveva trovato il tempo. Valentina aveva temuto il peggio; il dottore non ha più dimenticato di fare quella telefonata. Il lato umano, appunto: valore aggiunto alla preparazione medica, che è prerogativa essenziale e necessaria. Come il senso del dovere, che traspare sempre nelle 150 scorrevoli pagine del libro.
Se la citazione che apre questa recensione è la spina dorsale, l’ultima è il cuore di questa pubblicazione. Pura speranza nei giovani: “Penso che noi e i nostri figli saremo fortunati se a prendersi cura di noi saranno medici così appassionati. I dottori di domani sono certo conserveranno la memoria di questi tempi, dei nostri sacrifici. Un esempio che spero vada oltre gli insegnamenti universitari, siamo tutti dentro una pagina di storia condivisa che non va dimenticata”.
Perché leggere Un medico
Trovare il modo corretto di entrare in un reparto COVID senza cadere nella retorica delle storie struggenti è un esercizio difficile, di questi tempi, ma questo libro ci riesce. Senza tecnicismi medici eccessivi, racconta le persone, malati e medici, famigliari degli uni e degli altri.
La sofferenza e la privazione degli affetti fanno emergere l’impegno e la fatica del lavoro di una squadra consapevole di immergersi ogni giorno in turnazioni senza fine, con generosità. La stessa degli autori, che devolveranno i proventi del libro in beneficenza alle famiglie degli operatori sanitari deceduti a causa del COVID-19.
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