Lo smart working è sempre più legge

Esecuzione di una prestazione lavorativa anche per un solo giorno a settimana attraverso l’uso di strumenti informatici adeguati, retribuzione non inferiore a quella dei colleghi che svolgono il lavoro in azienda e garanzia contro gli infortuni grazie a un accordo con INAIL. La Legge di Stabilità 2016 ha definito in nove articoli caratteristiche e requisiti […]

Esecuzione di una prestazione lavorativa anche per un solo giorno a settimana attraverso l’uso di strumenti informatici adeguati, retribuzione non inferiore a quella dei colleghi che svolgono il lavoro in azienda e garanzia contro gli infortuni grazie a un accordo con INAIL.

La Legge di Stabilità 2016 ha definito in nove articoli caratteristiche e requisiti dello smart working o «lavoro agile». Un risultato che arriva dopo una serie di proposte di legge che da tempo puntano a «formalizzare» a livello legislativo un tipo di attività lavorativa la cui regolamentazione era fino a questo momento legata alle singole aziende.
Senza dubbio incentivare il «lavoro agile» è un fattore positivo per chi aspira a conciliare lavoro e vita personale e punta a una maggiore flessibilità. Tuttavia allo smart working sono legati anche alcuni rischi, che il dibattito legato alla Legge di Stabilità ha riportato in primo piano.

Abbiamo provato a individuarli con la community di piano C, uno dei primi spazi di coworking in Italia che da tempo si occupa del «lavoro agile» nei suoi diversi aspetti. «Una delle prime criticità da tenere in considerazione è la mancanza di paletti legata all’eccesso di lavoro: siccome è possibile lavorare anywhere&anytime il management può dare per scontato che tu risponda sempre e comunque in tempo reale alle richieste. Allo stesso tempo un lavoratore svincolato da un cartellino da timbrare può non cessare mai di lavorare per raggiungere il proprio obiettivo», spiegano. Altra problematica da non sottovalutare potrebbe essere l’isolamento, anche rispetto alle dinamiche aziendali: «se chi aderisce allo smart working è al momento una piccola parte del personale, tutti gli altri dipendenti continuano a essere presenti in azienda e chi effettua il “lavoro agile” potrebbe essere più assente rispetto alle dinamiche aziendali e rischia di essere mortificato nei suoi percorsi di crescita».

Va anche detto che non si tratta di problemi insormontabili: una gestione corretta di obiettivi e tempistiche,  ad esempio, può ovviare alla questione dell’eccesso di lavoro.
Già dall’introduzione del telelavoro, poi, sono stati fissati degli standard per garantire sicurezza e benessere psico-fisico del lavoratore, basti pensare ai requisiti che una postazione deve rispettare in termini di ergonomia e conformità degli impianti elettrici.

Per Alessia Mosca, europarlamentare e promotrice di una proposta di legge sullo smart working, non si parla tanto di rischi quanto di «possibili conseguenze assolutamente arginabili o evitabili attraverso una regolazione adeguata. La prima che viene in mente è la possibile estraniazione del lavoratore dal contesto aziendale, pericoloso sia per l’azienda in termini di coordinamento delle risorse umane sia per il lavoratore stesso in termini di possibilità di carriera. Per questo motivo nella nostra proposta avevamo pensato di prevedere un massimo del 50 per cento del tempo di lavoro totale, per la richiesta di smart working».

Proprio la scorsa settimana Alessia Mosca ha partecipato a Milano a un panel dedicato allo smart working nell’ambito di un evento da lei promosso, dal quale sono emerse importanti evidenze, tra cui, spiega, «la necessità di cambiare la narrazione, spogliando questo strumento della sua accezione di genere e raccontandolo per quello che in realtà è, un’esigenza di tutti, uomini e donne indistintamente, per costruire vite più sostenibili».
Le disposizioni contenute nella Legge di Stabilità sono state apprezzate dall’europarlamentare: «il disegno di legge riprende sostanzialmente in toto la nostra proposta di gennaio, quindi non posso che appoggiarlo ed esserne contenta».

Sul tema rischi correlati allo smart working e tutela del benessere psicofisico dei lavoratori all’estero già da qualche anno sono state trovate delle soluzioni.
Nel 2013 ad esempio in Francia il ministero per i Diritti delle Donne e l’Osservatorio per la genitorialità nelle imprese hanno sottoscritto insieme a sedici imprese la «Carta per l’equilibrio dei diritti della vita», un elenco di regole mirate e evitare lo stress da eccesso di lavoro e conciliare i tempi professionali e della vita privata. «Preservare orari di lavoro ragionevoli» e «non cedere all’istantaneità dei messaggi email», alcune delle disposizioni presenti nella Carta.

Quanto al nostro Paese, la Mosca aggiunge: «so che molte aziende, per il momento soprattutto multinazionali, stanno affrontando questo percorso. Non stupisce: i dati sullo stress da lavoro sono impressionanti e dovrebbero farci riflettere sulla società che abbiamo costruito e sulla sua sostenibilità. Dobbiamo riappropriarci del nostro tempo, cominciando da un uso della tecnologia che risponda a questa necessità. Dobbiamo imparare a utilizzarla e a pensarla a nostro favore».

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