“Non guardarmi, non ti sento!” (See No Evil, Hear No Evil) è un film statunitense del 1989 con Gene Wilder, Richard Pryor, diretto da Arthur Hiller. Due edicolanti, uno sordo e l’altro cieco, sono gli unici testimoni di un delitto. Non sono in grado di dire niente, ma la polizia e gli autori del delitto non ci credono ed ecco che la coppia, per uscire dalla paradossale situazione in cui si trova, deve colmare uno il senso mancante dell’altro.
Questo film può rappresentare alla perfezione il rapporto che, oggi più che mai, si deve instaurare tra cliente e fornitore dove uno deve sopperire alle mancanze dell’altro perché entrambi risultino vincenti e scelti dal cliente finale. Nel mercato odierno e futuro, nevrotico ed imprevedibile, la collaborazione è un elemento di forte generazione del valore. Persino la ricerca scientifica sta scoprendo nuovi modelli sull’evoluzionismo basati non solo sulla competizione ma anche sulla cooperazione (interessanti su questo tema sono le ricerche e le pubblicazioni fatte da Martin Nowark).
Anche a livello giuridico si è lavorato su questo fronte per incentivare la collaborazione tra imprese stipulando “il contratto di rete” (introdotto nell’ordinamento giuridico italiano nel 2009 e che permette di realizzare raggruppamenti di imprese per la collaborazione reciproca) che ha ottenuto ad oggi risultati poco incoraggianti in quanto utilizzato solo dallo 0,001% delle imprese italiane con più di 2 dipendenti (vi hanno aderito circa 15.000 aziende su un totale di circa 1.900.000 imprese, fonte CGIA Mestre e Contratti di rete Registro Imprese).
Da molti anni, inoltre, si parla ormai di “innovative” strategie di acquisto che propongono modelli di analisi e di integrazione di clienti e fornitori che rimangono solo ottimi schemi sui libri senza avere evidenze pratiche.
Questo perché sui libri funziona tutto ma nella realtà poi prevalgono questi modi di pensare: “si deve spendere il meno possibile”, “bisogna farsi fare lo sconto”, “a casa mia comando io e non voglio interferenze dall’esterno”, “abbiamo sempre fatto così”, “va bene condividere ma quello che è mio rimane mio”, “qualcuno mi vuole fregare”, “il fornitore deve obbedire altrimenti lo cambio” e così via.
Un altro elemento che rallenta la collaborazione è che bisogna mettersi in discussione prima a livello interno aziendale, in un secondo momento verso il fornitore. Bisogna padroneggiare bene i propri processi, quali sono le attività che generano valore e quelle che non lo generano, conoscere bene le esigenze del cliente e sapere come soddisfarle. Ecco che quindi l’integrazione con il fornitore è l’ultimo passaggio di un lungo percorso che l’azienda deve aver fatto internamente, un percorso di integrazione tra funzioni, processi e procedure, obiettivi e persone.
Gli esempi di successo comunque non mancano. In prima persona ho avuto la possibilità di conoscere importanti aziende che operano nel mondo della moda, della fotografia e nell’agricoltura, che hanno intrapreso percorsi di integrazione cliente-fornitore raggiungendo risultati concreti e di soddisfazione reciproca. Questi risultati si possono misurare con indicatori numerici oggettivi quali minore tempo di risposta al mercato, maggiore qualità e minori costi di gestione totali. Per raggiungere questi risultati si deve per forza cambiare punto di vista passando dal costo di acquisto (prezzo di acquisto) al costo di utilizzo (acquisto, qualità, gestione logistica, controlli, stoccaggio, picking, handling e scorte). Cose tutt’altro che banali perché innanzitutto bisogna essere capaci di misurarsi.
Le aziende che vincono sono quelle che hanno cambiato la logica da vendere un prodotto a vendere un servizio fino a vendere la soddisfazione di un fabbisogno. Le realtà che in futuro rimarranno e diventeranno leader saranno quelle che cambieranno il concetto di economia di scala, non più nel produrre pezzi ma nell’apprendere e cambiare più velocemente. Questo si può fare solo se si considerano molteplici punti di vista, compresi quelli di chi viene prima o dopo all’interno della catena di fornitura.
La ricetta magica su come intraprendere percorsi di integrazione non esiste, altrimenti basterebbe seguire le istruzioni o fare copia incolla dei casi di successo. La differenza la fanno quindi le persone che operano in questi processi e l’onestà intellettuale che ci mettono nel dialogare con i propri fornitori e clienti.
A volte basta solo mettersi in un proattivo atteggiamento di ascolto e chiedere “come posso fare per metterti nelle migliori condizioni di lavorare in modo da vincere entrambi?”.
Ecco che quindi il titolo del nostro film, quello dove noi abbiamo il ruolo di attori e regista, passa da “Non guardarmi, non ti sento!” a “Guardami, ti ascolto!”.