Non tutti i mali vengono per nuocere: ANMIL e Regione Marche ripensano la sicurezza sul lavoro

Nasce la figura del testimonial formatore: si tratta di infortunati sul lavoro che formano altri professionisti sulla sicurezza grazie a un progetto di ANMIL, per ora riconosciuto solo nelle Marche. Ne parlano Sergio Mustica di IRFA e Giuseppe Diamanti di ANMIL.

I colori del mondo per Mirco Loretoni si sono spenti il 26 aprile 2012. Aveva solo 26 anni ed era operaio del piccolo Comune di Castelsantangelo sul Nera (Macerata) quando è stato vittima di un incidente sul lavoro che gli ha fatto perdere la vista. Licenziato dal Comune in cui lavorava, oggi è uno dei primi “testimonial formatori della sicurezza” riconosciuto dalla Regione Marche tra i quindici che hanno concluso il percorso di formazione di ANMIL. Ora Mirco sta ultimando un altro corso e potrà diventare anche RSPP (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione), lavorando come consulente e facendo formazione per enti, aziende, scuole.

Presto queste figure saranno duecento a livello nazionale. Per l’Italia sono una novità assoluta. Il testimonial formatore per la sicurezza-RSPP rimette al centro della prevenzione contro le morti e le malattie professionali sul lavoro coloro che in passato hanno subito incidenti e sono stati formati appositamente con corsi tenuti dall’ANMIL (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro) tramite l’ente di formazione IRFA, finanziati dallo Stato sia per cambiare la cultura della prevenzione in aziende private ed enti pubblici, sia per dare una nuova opportunità di lavoro a chi l’ha persa a causa di gravi infortuni o malattie professionali invalidanti.

Spiega Mirco Loretoni: “La nostra figura non è il classico formatore della sicurezza, noi siamo testimonial-formatori. Ad oggi questo ruolo è riconosciuto solo nella Regione Marche, ma si spera di svilupparlo anche in Italia e nel resto d’Europa. È la prima volta che si fa, in Italia: si tratta di un corso di 108 ore e tratta diverse materie; non solo la materia della sicurezza sul lavoro, ma anche la psicologia, perché si deve raccontare e rievocare l’incidente, mettersi a nudo di fronte ad altre persone e tirare fuori ciò che da anni si è messo da parte. Si deve dunque fare un lavoro psicologico per migliorare e tirare fuori la propria testimonianza”.

“All’inizio per qualcuno – è successo anche a me – parlare dell’incidente è davvero difficile, quindi dalla psicologia viene un aiuto per riuscirci. Noi vorremmo andare nelle scuole per fare in modo che un alunno esca dal quinto superiore con la formazione base per andare a lavorare il giorno dopo, trovando la formula con gli istituti e gli enti preposti a inserire la materia della sicurezza.”

Gli invalidi sul lavoro diventano testimonial formatori

Il valore aggiunto di questo approccio è il fatto che il testimonial racconta la sua esperienza personale, spiega il giovane formatore: “Questo corso è nato con l’intenzione di portare la testimonianza della persona invalida sul lavoro, come nel mio caso, a tante altre persone: chi sta in azienda, nelle scuole, negli enti pubblici, in modo da capire proprio che rispettare le normative, usare i presidi di protezione individuale, avere attenzione per un macchinario e per un tipo di lavorazione, magari può aiutare a evitare un infortunio sul lavoro”.

“La Regione Marche insieme all’ANMIL ha sposato questa iniziativa formando quindici persone, inserendo la parte formativa della sicurezza relativa al decreto 81 del 2008, aggiungendo la testimonianza vera e propria dell’incidente subito. Oltre ai soliti corsi dove si parla di normativa e basta, in cui la gente perde attenzione, qui ascoltano una testimonianza vera. Io ho perso la vista, altri colleghi hanno riportato danni in altre parti del corpo, quindi fa la differenza. È difficile che le persone non siano prese dal racconto di come è accaduto l’incidente: una volta che usciranno da quella stanza, una volta terminata la lezione, il giorno dopo, quando andranno a fare qualsiasi lavoro, un minimo di attenzione in più ce la metteranno. Non devono aver paura; se c’è un macchinario o una situazione di lavoro dove c’è il rischio che qualcuno si possa far male, devono segnalarlo”.

L’attuale formazione sulla sicurezza praticata nelle aziende va rivista, secondo Mirco Loretoni: “Si pensa a lavorare, a svolgere le ore di formazione obbligatorie, è una linea generica. Poi ogni lavorazione presenta un rischio che va da basso a medio alto; lì andranno applicate altre ore specifiche in base al rischio dell’azienda, ente pubblico, industria, o ufficio. Anche in un semplice ufficio c’è il rischio di malattie professionali, come per la postura. Sono tante le cose di cui tenere in conto”.

Sergio Mustica, IRFA: “La formazione sulla sicurezza non funziona. Ecco come l’abbiamo ripensata”

A tracciare un bilancio di come sta andando è Sergio Mustica, presidente dell’IRFA: “È un progetto che sta andando molto bene, abbiamo in formazione altri settanta testimonial. Abbiamo iniziato nelle Marche con quindici persone, l’anno prossimo arriveremo a duecento a livello nazionale. Sul tema della sicurezza collaboreremo molto con le scuole, perché la sicurezza è vista come un tema burocratico non reale; gli istituti professionali fanno corsi di otto e dodici ore di slide e gli alunni non sviluppano nessun sapere, se non il formalismo di aver passato otto ore inutili”.

“Abbiamo introdotto un’azione differente per sviluppare una prospettiva: il saper essere della sicurezza non solo informativa, e su ciò abbiamo costruito percorsi didattici per le scuole, per materie curricolari, al fine di trovare connessioni dell’idea stessa di prevenzione nelle singole materie. Fattore chiave di questo progetto è la testimonianza di chi si è trovato vittima di un incidente oppure di una malattia professionale sul lavoro. La testimonianza specifica attua un aspetto di coinvolgimento emotivo del discente, attiva un interesse che i ragazzi inizialmente non hanno, e si riesce a farli riflettere e a entrare in una logica di approfondimento del tema”.

Il problema di fondo, secondo Mustica è che il tema della sicurezza è centrale nella vita degli esseri umani e che spesso non c’è una corretta percezione dei fenomeni: “È nella natura dell’essere umano compiere analisi del pericolo e dei rischi, è una cosa molto naturale che la burocrazia reso indigeribile. Al corso di testimonial formatori della sicurezza, si è aggiunto quello ulteriore che rende gli infortunati sul lavoro consulenti operativi che hanno una nuova opportunità professionale per portare la cultura della sicurezza ad attività pubbliche e privati. Si aggiunge la qualificazione del testimone, per docenti di formazione sulla sicurezza con la caratteristica di avere alle spalle un incidente sul lavoro o una malattia professionale, per utilizzare la loro esperienza di vita come rafforzamento della formazione obbligatoria sulla sicurezza”.

“Non serve svolgere formazione in cui non si apprende nulla e firmare un foglio, ma si devono connettere formazione e apprendimento. Un dato completamente sottovalutato – rileva Mustica – sono gli incidenti domestici. Ci sono in Italia 22 morti al giorno, con 12.000 infortuni ogni anno dentro casa. Non c’è una percezione dei rischi. La casa, ritenuta il luogo più sicuro, è invece pericolosissima. Quando facciamo formazione si compie un’azione verso la cultura delle sicurezze intese al plurale; i comportamenti messi in atto sono gli stessi, è il luogo che cambia.”

“Dobbiamo cercare di far uscire dal politicamente corretto il tema della sicurezza sul lavoro. C’è una cecità della società dei media, che cercano solo certe condizioni per parlare e creare interesse. Quello che stiamo facendo è creare posti di lavoro trovando utilità nella disabilità. Per i formatori siamo gli unici a cercare di fare una cosa diversa uscendo dal politicamente corretto. Si fa formazione con slide di 12 ore, con persone che non sanno nulla di didattica. La sicurezza non è una materia, ma è trasversale. La nostra società è nata sulla sicurezza, la gente crede che per togliersi dalle responsabilità basta delegare il problema. La sicurezza è un valore sociale collettivo connesso all’ educazione civica”.

Il progetto di ANMIL e Marche: formatori sulla sicurezza disabili finanziati dallo Stato

Regione Marche e ANMIL per attuare il percorso formativo dei testimonial per la sicurezza hanno firmato un protocollo d’intesa nel 2019, finanziato dall’ente regionale con 50.000 euro. A seguire per l’ANMIL il progetto è il consigliere nazionale Giuseppe Diamanti: “La scuola della testimonianza sta dando ottimi risultati. Abbiamo iniziato ad andare nelle scuole con tre ore di formazione per le classi quarte e quinte degli istituti superiori con un risultato eccezionale: i ragazzi spengono il cellulare per ascoltare, questo è il feedback più bello che i giovani ci possono dare. Anche una multinazionale in Toscana ha chiesto il nostro intervento per svolgere formazione”.

“Non vogliamo spaventare, ma solo sensibilizzare i lavoratori. Il nostro obiettivo è far capire che quando ci si fa male cambia la vita, e la testimonianza della parte tecnica di un infortunio include il racconto di come è cambiata la vita dopo l’incidente. Chi viene dopo è solo l’ANMIL, tanti si dimenticano gli orfani e le famiglie. La formazione viene pagata dallo Stato, programmata all’inizio dell’anno, e siamo rimborsati per quanto abbiamo lavorato.”

Stiamo cercando di far cambiare idea ai politici sulla prevenzione, che significa essenzialmente avvertire prima chi fa qualcosa riguardo i rischi a cui va incontro. Questo è il passaggio in cui crediamo. È ora di finirla: la formazione deve essere una cosa concreta, per aprire quella parte di cervello offuscata dall’esperienza. Infatti la maggior parte degli infortuni avviene tra i giovani o chi ha già tantissima esperienza, è difficile cambiare le abitudini che derivano dalla mancanza di formazione iniziale”.

In copertina: conferenza stampa in Regione Marche per la consegna di 15 attestati di “Testimonial Formatore della Sicurezza”.

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