Reddito di cittadinanza o povertà di lusso?

Abdul Azaam parla bene italiano. Alla fine di una breve conversazione imbastita casualmente in una pasticceria milanese di via Melchiorre Gioia, dove mi capita talvolta di fare colazione, il giovane africano, 30 anni, si lascia andare a qualche battuta sul tema della povertà. Originario della Libia, laureato in legge nel suo Paese, è fuggito dal […]

Abdul Azaam parla bene italiano. Alla fine di una breve conversazione imbastita casualmente in una pasticceria milanese di via Melchiorre Gioia, dove mi capita talvolta di fare colazione, il giovane africano, 30 anni, si lascia andare a qualche battuta sul tema della povertà. Originario della Libia, laureato in legge nel suo Paese, è fuggito dal caos libico che gli impediva di mettere a frutto i suoi studi e fa il badante presso una ricca famiglia milanese. Mi chiede di non fotografarlo, e mi consiglia di non fotografare neppure quel giovanissimo africano che ogni giorno, fuori dalla pasticceria, spera di racimolare qualche euro per tirare sera.

“Lui sta sicuramente molto peggio di me. Credo che abbia un permesso umanitario in scadenza. E con il vostro decreto sicurezza, che prevede l’abrogazione dei permessi umanitari a partire da quest’anno, penso che debba lasciare il centro di accoglienza e rimpatriare in Nigeria, dove la situazione è pessima e la povertà di cui parlavamo è a livelli impensabili per voi occidentali. Chissà se davvero tornerà nell’inferno della Nigeria; ne dubito.”

“A proposito, leggo sui giornali che anche voi dovete affrontare il tema della povertà. Se vi può consolare, la vostra povertà assoluta è del tutto relativa se paragonata alla drammatica situazione che vive il continente africano. In Paesi come lo Zimbabwe, la Liberia, la Nigeria, il Burundi, i dati ufficiali ci dicono che sotto la povertà assoluta che colpisce milioni di persone c’è la morte per fame e la guerra.”

Prima di lasciarci, sapendo che faccio il giornalista, mi fa una domanda a bruciapelo: “A proposito di povertà. Lei ha capito perché il reddito di cittadinanza che dovrebbe andare ai poveri viene dato soltanto agli emigranti che risiedono regolarmente in Italia da dieci anni?”.

Non gli so rispondere con prontezza. Gli spiego che il motto del nuovo governo, e in particolare del Ministro degli Interni Matteo Salvini, è “prima gli italiani”. Abdul arriccia il naso, e forse non gli si può dar torto. Tra i dati che vengono forniti dall’Istat, quello relativo agli stranieri è eloquente: quasi il 30% di tutte le famiglie che vivono in povertà assoluta nel nostro Paese – oltre una su quattro – non è italiano. Si tratta del 31% del totale, il che vuol dire che circa un povero su tre in Italia è straniero.

Saranno pure emigranti ma sempre poveri sono. Non le pare?”, mi chiede Abdul prima di congedarsi.

 

La povertà di lusso dell’Occidente e il reddito di cittadinanza

La breve conversazione con Abdul Azaam ci riporta alla “nostrapovertà, assailussuosa”, come dice il giovane libico, se paragonata alla tragedia africana.

Proprio in questi giorni è partito il farraginoso meccanismo del reddito di cittadinanza, che dovrebbe dare sussistenza non a 6,5 milioni di poveri, come si prevedeva all’inizio, ma in una prima fase a circa 3 milioni di persone catalogate nella categoria della povertà assoluta e relativa. Il primo giorno i neopoveri si sono presentati in massa agli sportelli delle poste e delle agenzie del lavoro, ma ingorghi non ce ne sono stati. E allora, in attesa di sapere se questa nuova forma di sussidio decollerà, vale la pena riprendere qualche cifra sulla povertà in Italia per capire meglio il fenomeno che abbiamo sotto i nostri occhi.

Intanto c’è da dire che la povertà assoluta e relativa in Italia è in crescita dal 2005. Ma è dal 2007 a oggi che il numero dei poveri è aumentato del 182%. Secondo la Caritas: “Il disagio è esteso a più soggetti, soprattutto tra i giovani. Esiste uno ‘zoccolo duro’ di disagio che assume connotati molto simili a quelli esistenti prima della crisi economica del 2007-2008, con la sola differenza che oggi il fenomeno è sicuramente esteso a più soggetti. Tra gli individui in povertà assoluta i/le minorenni sono 1.208.000 (il 12,1% del totale) e i/le giovani nella fascia 18-34 anni sono 1.112.000 (il 10,4%): oggi quasi un povero su due minore o giovane”.

Soltanto gli ultimi governi si sono occupati del fenomeno, prima con il Rei e poi con il reddito di cittadinanza. In passato la povertà nei Paesi ricchi veniva considerata un fenomeno endemico e marginale; poi la crisi del 2008 ci ha aperto gli occhi, e nel rapporto Istat del giugno 2018 ci si è accorti che la povertà assoluta in Italia non riguarda soltanto quei clochard che nelle grandi città e nelle periferie ci capita di vedere sotto i portici o nelle lunghe file davanti alle mense. La povertà assoluta, nel 2017 (ultimo dato rilevato nel rapporto 2018), ha toccato la triste cifra dei 5.058.000 vittime. Le famiglie in povertà assoluta sono 1.778.000, con una crescita che va dal 6,3% del 2016 al 6,9% del 2017.

 

La crisi e l’aumento della povertà

Dunque un’accelerazione piuttosto impressionante. Un altro dato allarmante che ci viene da Eurostat è che l’Italia detiene il primato del numero dei poveri in Europa. Seguono Romania e Francia. Insomma, siamo messi malissimo in quanto a disuguaglianze sociali. Del resto il tema delle disuguaglianze riguarda l’intero pianeta: basta dare uno sguardo alla classifica Forbes sul numero di miliardari nel mondo e in Italia. È vero, anche i ricchi piangono: confrontando la classifica dell’anno precedente ci sono soltanto 2.153 miliardari, 55 in meno rispetto al 2018. Di questi, 994 sono più “poveri” dello scorso anno.

Anche in Italia il numero dei miliardari è diminuito da 43 a 35. Il patrimonio totale è diminuito da 170,1 miliardi alla misera cifra di 139,1 miliardi. Giovanni Ferrero è il più ricco con 22,4 miliardi di dollari, mentre la donna più ricca d’Italia è la signora Massimiliana Landini Aleotti, proprietaria della Menarini, con un patrimonio di 7,4 miliardi. Se si confronta il Pil di un paese povero africano e quello di uno qualsiasi dei ricchi segnalati da Forbes si capisce di che cosa stiamo parlando. Forse una redistribuzione del reddito non guasterebbe, per attutire la piaga della diseguaglianza e della povertà.

 

 

 

Photo by John Moeses Bauan on Unsplash; Largo di Torre Argentina, Roma.

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