Internet pullula di piattaforme utilizzate per il regifting.
Ci sono quelle più grandi e note, come eBay e Subito, che permettono di vendere e comperare merce di qualunque tipo, da privati o aziende, nuova o usata. O quelle più recenti, come Wallapop, il cui punto di forza è l’utilizzo della geolocalizzazione come dato principale per mettere in contatto venditore e acquirente ed effettuare baratti o piccole compravendite dal vivo. O, ancora, quelle specializzate in un tipo specifico di articoli, dall’abbigliamento agli accessori ai libri: è il caso di Vinted, dove se si ha un po’ di fiuto per gli affari si possono trovare outfit costosi a poco prezzo, e di Vestiaire Collective, piattaforma che lavora solo con le grandi griffe e punta al riciclo di articoli di lusso; ma anche di Acciobooks, piazza virtuale che permette lo scambio di libri al solo costo delle spese di spedizione. Sul principio dello scambio e non della compravendita si basa anche l’italiana Swappyverse, che riproduce in digitale i vecchi party o ritrovi tra vicini per lo scambio di oggetti.
E poi c’è Facebook, dove oltre al marketplace che permette la compravendita di articoli di ogni tipo si possono trovare anche gruppi nati apposta per offrire gratis i beni più disparati, come “Te lo regalo se lo vieni a prendere”.
Insomma, che si scelga di affidarsi alle moderne piattaforme online o che si opti per forme più tradizionali di scambio, che cosa ci racconta di noi, del nostro Paese e della nostra economia il destino dei regali di Natale?
Che siamo sempre più attenti a sprecare il meno possibile, non solo per una maggiore coscienza economica ed ecologica, ma soprattutto per necessità: se un dono non ci piace è sempre più improbabile che lo chiudiamo in un cassetto, ma cerchiamo di guadagnarci qualcosa, perché in tempi di magra anche quei pochi euro recuperati possono fare la differenza. L’aspetto positivo è che forse, entrando nell’ottica di un’economia circolare, iniziamo a dare più valore alle cose, a buttare via di meno, a valutare che recuperare e ridonare quell’oggetto per noi brutto, inutile, sgradito, può fare del bene all’ambiente e riequilibrare un sistema di produzione e consumo sempre più fuori controllo.
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