Scaricare una app è solo il primo gesto

In quasi tutti i settori – per non dire tutti – ci sono “ondate” di trend di mercato guidate più da una contestuale “moda del momento” che non da un processo naturale di evoluzione e innovazione. Si diffonde, si “viralizza” un prodotto, un’idea, una soluzione che satura lo spazio occupabile nella società, nel mercato, nel […]

In quasi tutti i settori – per non dire tutti – ci sono “ondate” di trend di mercato guidate più da una contestuale “moda del momento” che non da un processo naturale di evoluzione e innovazione.

Si diffonde, si “viralizza” un prodotto, un’idea, una soluzione che satura lo spazio occupabile nella società, nel mercato, nel contesto in cui può proliferare. A scapito di un ragionamento critico complessivo e funzionale.

Questo si vede a maggior ragione nel digital con un “tempo di viralizzazione” sempre più breve, a cui segue un corrispondente sempre più breve “disinnamoramento per lo strumento”.

I cicli di vita, le mode, le app

Tra i tanti argomenti digital che hanno vissuto questo ciclo di vita, vale la pena soffermarsi su un paio: le app mobile per gli smartphone e i sistemi ChatBot che vanno diffondendosi proprio in questi mesi.

A partire dal 2008 l’ “App Economy” è letteralmente esplosa. La famosa rivista Wired ad agosto 2010 era arrivata a titolare “Il Web è Morto”, prefigurando un mondo di sole app che avrebbero dominato il mercato digital. Negli anni successivi, è stata una rincorsa a costruire app mobile da parte di tutte le realtà, con un’economia di filiera in fibrillazione costante. Ancora oggi, i programmatori con esperienza su iOS e Android sono figure molto ricercate dalle aziende.

E’ successo così che siamo arrivati molto rapidamente ad una fase di maturità del mercato: oltre 4.2 milioni di applicazioni sugli unici due grandi store presenti in Occidente al momento (iTunes App Store e Google Play Store). Così tante che, dopo una prima fase dove Apple e Google sembrava facessero a gara a chi poteva ostentare un numero di app pià elevato, è iniziato ora un processo di ridimensionamento, con i due grandi player che rimuovono in autonomia le app non più aggiornate dagli sviluppatori.

Nel frattempo nel mercato è emerso a tratti un senso di malcontento generale: “le app non servono”, “non abbiamo avuto ritorni dalle app”, “gli utenti non le utilizzano” e via di questo passo.

Il vero, fondamentale tema è che, come in quasi tutti i trend a rapida viralizzazione di cui parlavamo all’inizio, raramente ci si approccia in modo strategico al prodotto e alla sua utilità. E men che meno alle modalità per tracciare il ritorno d’investimento.

Il successo si misura. Dal ROI ai Chatbot.

Ancora oggi è possibile trovare numerose aziende di primo piano che, a livello di metriche di analisi del successo di una mobile app, non vanno oltre il concetto di “download”. Eppure scaricare una app è proprio solo il punto di partenza necessario, prima di arrivare ad una qualche analisi sul ritorno di investimento. Senza voler andare troppo a fondo, è utile sapere che esistono almeno 25 metriche di misurazione, che possono tornare utili per valutare il ROI di una applicazione mobile. La stragrande maggioranza di questi KPI sono totalmente sconosciuti al mercato, e a livello consulenziale è interessante la reazione delle aziende quando vengono messe di fronte all’evidenza che, in effetti, un’analisi dettagliata di cosa poteva essere fatto e come non è mai stata fatta.

Ecco, in modo analogo, ora la sensazione è che tutto questo si stia per ripresentare con il fenomeno dei ChatBOT. Stiamo parlando di sistemi di interazione con l’utenza (clienti finali, prospect) basati su una chat che può essere erogata su piattaforme di terzi (Facebook Messenger e Telegram, per citare due tra le più importanti) o su sistemi proprietari (la chat interna a un sito internet).

Le aspettative del mercato su questa nuova modalità di interazione sono elevatissime, portate oltre misura da una narrazione digitale che ci racconta di interfacce in grado di fare riconoscimento semantico del linguaggio (Natural Language Processing) e autoapprendimento costante sui bacini di competenza del cliente (Machine learning e apprendimento su reti neurali).

In realtà la stragrande maggioranza dei sistemi di ChatBOT ora presenti sul mercato è a un livello assolutamente introduttivo,e offre opportunità limitate ad una struttura di conversazione molto guidata e perlopiù vincolata.

Lo spunto di riflessione è quindi proprio in questo senso. Al netto delle tecnologie, è necessario un approccio strategico, procedurale e operativo che tenga conto di numerosi fattori:

  • analisi sul reale obiettivo (PERCHE’ voglio realizzare questo prodotto?)
  • identificazione dei GOAL / KPI (COME misurerò il successo dell’iniziativa?)
  • product design (QUAL E’ il target e che esperienza d’uso dovrà sperimentare?)
  • sviluppo tecnologico (IN CHE AMBIENTE e con che tecnologie sarà sviluppato?)
  • pubblicazione (DOVE e CON CHE MODALITA’ verrà distribuito e promosso per raggiungere l’utenza?)
  • fidelizzazione (COME ingaggio gli utenti per abbattere il tasso di abbandono e massimizzare l’attivazione e il ritorno d’investimento?)

Come fidelizzare gli utenti? Le app e i ChatBot propongono strumenti diversi

Sono assolutamente certo che sia le mobile app che i ChatBot non abbiano ancora espresso il loro potenziale reale. Il focus è evitare che si ripeta, per l’ennesima volta, la storia di una novità tecnologica vissuta come “salvifica”, quando di fatto la tecnologia è un po’ il “frontend finale”. Per ciascuna tecnologia e per ciascun prodotto c’è un giusto percorso di analisi, costruzione e implementazione che necessariamente deve essere fatto in tutte le sue parti, in modo funzionale ai reali obiettivi preposti.

Non è stata una app a salvare la vostra azienda. Non sarà il ChatBOT, se l’approccio è il medesimo.

Se vogliamo usare metodo, strategia e marketing analitico, allora val la pena valutare se una delle due proposizioni può fare al caso vostro, e in che modo. E misurarne il successo.

 

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