Silicon Summer Jamboree

Siamo abituati a individuare le imprese di successo dalla loro capacità di guardare al futuro. Quella che sto per raccontare è invece la descrizione di come funziona un’organizzazione che ha trovato il suo successo nella capacità di guardare al passato con attenzione e amore. In un caffè dallo stile e dal nome molto americano a […]

Siamo abituati a individuare le imprese di successo dalla loro capacità di guardare al futuro. Quella che sto per raccontare è invece la descrizione di come funziona un’organizzazione che ha trovato il suo successo nella capacità di guardare al passato con attenzione e amore.

In un caffè dallo stile e dal nome molto americano a Senigallia, infatti, ho incontrato Angelo Diliberto e Alessandro Piccinini, organizzatori (anche se il termine convince poco anche me, oltre che loro) di una manifestazione che nel giro di qualche anno ha acquisito una notorietà decisamente elevata: il Summer Jamboree, festival della musica e della cultura americana degli anni Quaranta e Cinquanta.

 

La nascita del Summer Jamboree raccontata dai suoi organizzatori

Quello che mi colpisce fin dall’inizio (conosco Angelo da tempo ed è così da sempre) è un particolare. Avete presente tutte quelle cose che si dicono sul fatto che sarebbe bene crederci nelle imprese, che i risultati si portano a casa solo quando ci si immerge completamente e ci si immedesima con i valori dell’impresa, e tutte le altre storie sull’adesione personale al proprio progetto? Ecco, tutto questo Angelo lo rappresenta a vista: la sua è una dimostrazione pratica e istantanea del fatto che ciò che ha creato con la sua impresa fa parte della sua vita. Lui è l’ideatore del festival della musica e della cultura americana degli anni Quaranta e Cinquanta, e veste letteralmente i panni di quella cultura: pantaloni larghi su scarpe vintage, giubbotto di pelle corto tipo aviatore dell’epoca, capelli con sfumatura alta e brillantina (rigorosamente made in USA). Non è una maschera o una messinscena, Angelo si trova a suo agio così perché è ciò che promuove ormai da una vita, con passione, tenacia e forse un pizzico di follia.

Quando gli chiedo come sia nata l’idea del Summer Jamboree, la risposta è quasi scontata: “Nasce da una mia grande passione per questo genere musicale. Mi sono detto: se questo lifestyle, questa cultura di un mondo splendido degli anni Quaranta e Cinquanta, mi entusiasma così tanto, chissà quanto potrebbe piacere ad altre persone! Da lì è nata l’idea di proporre all’amministrazione comunale una festa di un giorno dedicata a questa musica e questa cultura. E così domenica 20 agosto del 2000, nel giardino della scuola Pascoli, nasce il Summer Jamboree”. Passione pura, nessuna idea di creare un business, almeno a quel tempo. Però un grande desiderio: condividere con altri la sua passione, trovare uno spazio pubblico per mostrarla. Il Summer Jamboree, per questo e per altri motivi, è un’impresa particolare.

Alessandro, che dei due è quello non immerso nell’America del secolo scorso e guarda a prospettive future e nuovi sviluppi, quando gli chiedo se quella che hanno è un’impresa turistica o qualcosa di diverso mi risponde che loro si sentono in qualche modo un’impresa culturale che ha degli effetti clamorosi sul settore turistico. Specifica: “Non siamo un’impresa turistica per definizione, non facciamo incoming, booking o accoglienza; potremmo rientrare nella categoria delle imprese di intrattenimento (showbusiness, direbbero gli americani), ma in realtà noi siamo molto concentrati sull’offerta di un contenuto culturale originale, distintivo e coinvolgente. Nel farlo preserviamo un valore talmente alto e attrattivo che diventa una leva turistica di un certo livello”. Qualcosa è più chiaro, almeno a me che sono venuto qui a scoprire che cosa fa assomigliare a un’impresa l’organizzazione di un festival: Angelo mi ha spiegato a suo modo il “perché” e Alessandro il “come”; da una parte il core business e dall’altro la strategia.

Aggiungono: “Ovviamente la passione, la perseveranza unita alla competenza e l’amore per quello che stai facendo rappresentano dei volani potenti, ma da soli non bastano. È necessario portare consapevolezza in ogni scelta e in ogni progetto che mettiamo in campo. Vogliamo offrire massima qualità in ogni istante e in ogni contesto del festival, dal momento che più di ogni altra cosa ciò che proponiamo è una esperienza. Una delle cose che condividiamo spesso con tutto il gruppo di lavoro è che la qualità di fruizione del festival non passa soltanto attraverso il ‘mainstream’ della programmazione costituito dai grandi concerti e show principali, ma anche attraverso ogni altro fattore esperienziale connesso allo stesso: dalla qualità delle materie prime che chiediamo vengano utilizzate nei punti food & beverage, al modo con cui le stesse vengono proposte al pubblico, per arrivare a ogni singola interazione che avviene all’interno dell’esperienza ‘Summer Jamboree’”.

 

Il Summer Jamboree come la Silicon Valley

Il Summer Jamboree nato con queste premesse oggi è un festival che nella passata edizione (estate 2018) ha registrato una media di 35/40.000 presenze giornaliere con un programma musicale di 42 concerti distribuiti su 5 palchi per 10 giorni, nel pieno dell’estate senigalliese. Si tratta, di fatto, di uno dei festival più importanti al mondo per questo settore, sicuramente il maggiore in Europa.

Ora non vorrei esagerare, ma secondo me in questa progressione e in altre caratteristiche la storia del Summer Jamboree ha qualcosa in comune anche con quella delle imprese di successo della Silicon Valley, fatta eccezione evidentemente per la parte finanziaria. Vi spiego perché con un’argomentazione che parte da una mia esperienza personale.

Ho la fortuna di girare un po’ l’Italia e l’estero; da qualche tempo quando dico che vengo da Senigallia, una delle spiagge più conosciute dell’Adriatico (nota come spiaggia di velluto), molti reagiscono con frasi tipo “ah! Dove c’è il Summer Jamboree!”. Poi, quando parlo con chi conosce il Summer Jamboree e Senigallia, sento dire che il bello di questo festival è che non si tratta solo di una serie di concerti, ma è qualcosa di più profondo; è una città che si trasforma, commesse e negozianti che si vestono con abiti a tema quando lavorano, gente che si adopera perché le cose funzionino, disponibilità e sorrisi. Chiedo ad Angelo e Alessandro come si spiegano questa cosa e se questo è uno dei fattori di successo: “L’ondata di amore e di felicità per essere parte del Summer Jamboree, che ci arriva dal pubblico, dagli amici, dagli artisti, dai collaboratori, ci offre la possibilità di confrontarci ogni volta con noi stessi cercando sempre di migliorare superando i nostri limiti. Siamo molto uniti e molto esigenti con noi stessi e abbiamo una crew straordinaria di collaboratori e di partner; siamo tutti accomunati dal medesimo obiettivo: dare il meglio, sempre”.

Perché ho citato la Silicon Valley? Se interpellate un esperto di economia vi dirà che uno dei fattori che maggiormente alimenta il successo di quella zona è il territorio, la capacità di muoversi in sinergia con il contesto. Qui a me pare avvenga la stessa cosa. Il risultato finale è corale, non solo di chi organizza o dello staff che ci lavora, ma di un contesto più ampio che è stato coinvolto, prima di tutto in maniera emozionale più che utilitaristica. Alessandro mi spiega: “Che la cartellonistica stradale di ingresso in città riporti ora la dicitura ‘Summer Jamboree Town’ o che sia partita la gara delle vetrine dei negozi a tema e altri fatti simili, non è quasi mai merito nostro. Non c’è qualcuno di noi che ha fatto la richiesta, sono cose nate dal basso, per iniziativa di qualcuno con il coordinamento di strutture e organizzazioni locali”.

 

Si chiama forza del brand, mi verrebbe da dire: quando la proposizione di valore è forte, il resto è conseguenza. “Proprio così” spiega Alessandro “una delle conseguenze del nostro investimento di passione, ma anche di progetti, iniziative e nuove attività che aggiungiamo nella continua ricerca di qualcosa che ci faccia uscire dalla nostra ‘tranquillità’, è anche il forte legame che abbiamo con questa città. Un legame che però non costringe nessuna delle due parti a perdere la sua identità; in termini di marketing potremmo parlare di co-branding tra Senigallia e il Summer Jamboree”.

I testimonial di questo processo sono prima di tutto le persone, soprattutto quelle che lavorano nel team di quei giorni, e più in generale chiunque collabori all’iniziativa sotto l’etichetta Summer Jamboree: “Chi lavora insieme a noi sa che in quel momento rappresenta tutto l’insieme, è un tassello fondamentale del bagaglio delle emozioni ed esperienze che il pubblico si porterà a casa”.

Qualcuno, come per esempio chi sta finendo di sorseggiare il caffè davanti a me, direbbe invece che questa è la magia del rock ‘n roll, perché, come sta scritto sul retro del suo biglietto da visita, “rock and roll belongs to everyone, rock and roll is everywhere, rock and roll is a state of soul”.

 

Photo credit Record Hop in spiaggia e orchestra: Guido Calamosca

 

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