Umanesimo digitale alle porte

Non si tratta solo di trasformazione digitale. Le conseguenze dell’evoluzione tecnologica di questi ultimi anni sono molto più importanti e spostano il focus dell’evoluzione professionale verso una dimensione fortemente umanistica. Finiti i tempi del “pelo sullo stomaco” e delle performance verticali, le professionalità del futuro coniugheranno tecnologie, creatività, multiculturalità, etica e resilienza al servizio di business […]

Non si tratta solo di trasformazione digitale. Le conseguenze dell’evoluzione tecnologica di questi ultimi anni sono molto più importanti e spostano il focus dell’evoluzione professionale verso una dimensione fortemente umanistica.
Finiti i tempi del “pelo sullo stomaco” e delle performance verticali, le professionalità del futuro coniugheranno tecnologie, creatività, multiculturalità, etica e resilienza al servizio di business focalizzati sul benessere collettivo. Insomma un nuovo umanesimo manageriale e digitale è — si spera — alle porte e porterà con se’ nuovi posti di lavoro.

Sharing economy ed evoluzione digitale e, più in generale, il fenomeno di digitalizzazione del mondo — in crescita esponenziale — hanno creato negli ultimi anni un’onda d’urto senza precedenti.

Gli esempi più noti di questa tendenza dirompente sono Uber e Lyft o Airbnb che hanno cambiato in modo radicale rispettivamente il destino dei taxi service e il business dell’hospitality, ma in realtà ci sono migliaia di aziende più piccole che hanno trasformato completamente alcuni business tradizionali.

La digitalizzazione del mondo ha favorito la rapida evoluzione del “flash commerce”, cioè la disintermediazione degli scambi e commerci, e della peer to peer o sharing economy.
Nei prossimi anni ne vedremo delle belle in diversi settori, dalla finanza, al mondo retail, ai business in ambito sanitario e altri ancora. Per poi arrivare al momento in cui in ogni dispositivo, in ogni capo di abbigliamento e in ognuno di noi ci sarà un sensore integrato. Allora Internet, per come lo conosciamo oggi, non esisterà più. A quel punto tutto sarà connesso e la connettività diventerà l’ossigeno della nostra società. A quanto pare capiremo, o meglio vedremo davvero, cosa questo può significare solo tra il 2020 e il 2025.

Quel che è certo è che se le aziende vogliono andare avanti devono pensare seriamente alle conseguenze della digitalizzazione del mondo rispetto al loro contesto di riferimento. Quelli che pensano che questo tema non si applichi al loro settore o azienda, saranno duramente colpiti dalla realtà. Ma per fortuna la trasformazione digitale ha conquistato il suo posto nella lista delle priorità in molte Italiane nonostante il digital divide che relega il nostro bel paese nel “fanalino di coda” d’Europa.

La trasformazione umana come risultato della trasformazione digitale

Succede però che a causa dell’urgenza e dell’importanza della digitalizzazione, alcuni di noi hanno dimenticato una parte del loro successo che è almeno altrettanto importante: la componente umana.

Le aziende digitalmente evolute tendono ad attribuire i loro attuali successi agli investimenti in area tech. In realtà se queste società investissero solo nella componente digitale nei prossimi cinque anni, e non abbastanza in quella umana rischierebbero, nella migliore delle ipotesi, di perdere in competitività.
La digitalizzazione farà si che tra il 50%  – 70% dei lavori di oggi non esisterà più nel giro dieci anni. In altre parole: uno degli effetti più “clamorosi” della digitalizzazione delle imprese sarà la trasformazione radicale del ruolo delle persone nelle aziende. Le tecnologie sostituiranno l’uomo in diversi processi ma non necessariamente ruberanno posti di lavoro.

La maggior parte delle persone tende a pensare che se un lavoro è fatto da un robot, c’è una persona che non ha più un lavoro. In realtà dobbiamo fare tutti uno sforzo e provare a comprendere che invece nuovi posti di lavoro emergeranno e saranno lavori che oggi non conosciamo.

Se ci pensate solo nove anni fa nessuno di noi aveva sentito parlare della parola “app” e ora, il mercato della telefonia mobile vale 3.300 miliardi di dollari. Oggi, nel mondo, milioni di persone guadagnano soldi grazie all’industria delle app e 10 anni fa non sapevano nemmeno cosa fossero. Ecco nei prossimi anni di fenomeni simili ne nasceranno un bel po’.

Per le aziende, questo significa non solo dover pensare all’evoluzione del ruolo della componente digitale, ma anche l’evoluzione del ruolo delle persone. Sarà interessante usare il digitale e tutti i suoi punti di forza nei rapporti con i clienti del futuro ma sarà altrettanto fondamentale impiegare persone con capacità evolute e adeguate ai tempi.

Digitale e umano sono complementari

Le aziende sono passate dall’avere a disposizione pochissime informazioni tracciabili ad una sovrabbondanza di dati disponibili. L’esplosione del fenomeno dei “big data” sta generando una completa rivoluzione nei processi di marketing & sales delle industrie.

Tutti gli osservatori concordano che l’abbondanza di Big Data coesiste con la profonda scarsità di data scientist, la figura professionale emergente e preziosa che unisce “le competenze di informatico, statistico e narratore per estrarre le pepite d’oro nascoste sotto montagne di dati”; il mestiere che The Economist definisce “the sexiest job of the 21st century” — Luca De Biase

La componente digitale è ottima per automatizzare, personalizzare ed ottimizzare ma negli scenari ormai prossimi saranno fondamentali, perché necessarie e complementari: competenze matematiche e logiche, capacità di analisi, competenze e capacità di lavoro interdisciplinare, problem solving, creatività, comunicazione empatica e doti narrative ( storytelling), cultura cosmopolita e abilità nella costruzione di relazioni personali (l’arte del networking) soprattutto cross-culturali.
Tutte queste competenze prevalentemente comportamentali – umane saranno il key success factor delle Social & digital enterprise del terzo millennio.

Doppia priorità

Per concludere: la maggior parte delle imprese oggi si trova di fronte a una doppia sfida: cavalcare l’onda della trasformazione digitale e, allo stesso tempo, cambiare la dimensione umana dell’azienda. Le aziende consapevoli di questa doppia trasformazione investiranno da ora e per i prossimi cinque anni in entrambe le direzioni.

Immaginiamo che i progressi nel digitale siano così grandi che tra 5- 7 anni la maggior parte delle imprese raggiunga un livello di digitalizzazione ‘abbastanza buono’. Se raggiungiamo il momento in cui il digitale diventa una commodity quale sarà l’elemento di differenziazione più importante, allora?
Sarà la dimensione umana. Del resto se il risultato dell’evoluzione digitale è la trasformazione umana l’unico obiettivo possibile è l’umanizzazione del digitale.

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