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Vedi Napoli
“Ho pensato che dopo un viaggio così lungo foste troppo stanchi per mettervi a cucinare” ci disse – porgendoci una teglia di lasagne – la portinaia del palazzo al nostro arrivo quando, nel 1971, con i miei genitori ci trasferimmo nella città in cui mettemmo definitivamente le radici. Il lavoro a Napoli è un tema complesso […]
“Ho pensato che dopo un viaggio così lungo foste troppo stanchi per mettervi a cucinare” ci disse – porgendoci una teglia di lasagne – la portinaia del palazzo al nostro arrivo quando, nel 1971, con i miei genitori ci trasferimmo nella città in cui mettemmo definitivamente le radici.
Il lavoro a Napoli è un tema complesso proprio come questa città che ha un passato di dominazioni e intrusioni straniere che hanno segnato ferite profonde e, nonostante tutto e contrariamente a qualsiasi logica umana, ha invece reso questo popolo fra i più aperti e accoglienti nei confronti del prossimo.
Dimenticate pizze, mandolini, vesuvi, pini marittimi, Maradona, contrabbandieri e gli scugnizzi. Napoli, non è (più) un luogo comune.
Questo numero di SenzaFiltro potevamo chiamarlo “osserva”, “visita”, “vivi”, “compra”, “viaggia”, “degusta” “impara” Napoli. Abbiamo utilizzato invece un aforisma classico che da sempre appartiene a questa città: “Vedi Napoli” (e poi muori, si dice, pare attribuitole da Goethe, rimasto estasiato dal calore e dalla bellezza di questi luoghi). D’altronde, questa città con i filosofi è sempre andata a braccetto: Giordano Bruno, Benedetto Croce, Giambattista Vico e, se vogliamo, anche Luciano de Crescenzo sono fra quanti hanno contribuito a raccontare l’anima di Napoli.
E forse è proprio grazie alla filosofia, a questo amore per la parola e per il pensiero, a questa profonda umanità che caratterizza i Napoletani, che è riuscita nel corso dei secoli a fare da bilancino con quell’ennesimo luogo comune dell’arte di arrangiarsi che è invece urgenza di vita.
Questa volta vorremmo davvero che Napoli fosse “vista”, spogliandosi dagli occhiali della presunzione e dai preconcetti secolari e iniziando a guardarla come una città vera – forse più di tante altre – dove il lavoro da sempre ha un’accezione unica nel suo genere che confina con un senso di dignità personale che non è pari a nessuno. Proviamo a sollevare quel velo che abbiamo scelto come immagine di copertina di questo numero: il Cristo velato che negli ultimi anni è diventato il simbolo di una città riscoperta nei valori, nelle attività turistiche, nell’orgoglio cittadino.
Partiamo da Napoli per raccontare questo viaggio nel mondo del lavoro che toccherà 8 città e regioni diverse, proprio per quel senso di rivalsa sui luoghi comuni che vedono il “business” concentrato solo in alcune aree del nostro Paese, spesso supportato da grandi eventi che concentrano l’attenzione mediatica e attirano capitali creando una narrazione scorretta e ampliando la frattura fra due Italie sempre più divise nell’economia e nell’anima più profonda.
C’è una Napoli Sotterranea di cui nessuno parla: è quella in cui persone comuni nella loro straordinarietà, a dispetto di una pianificazione istituzionale a medio termine, ha deciso di ricostruire un modello in cui riconoscersi. C’è un fermento culturale in città che nessun terremoto tellurico o politico è riuscito a fermare ed è rappresentato da intellettuali che generano contenuti, cooperative autogestite da giovani che recuperano i loro quartieri, professori universitari che decidono di telefonare alle grandi major e riescono a impiantare nell’immediata provincia tre accademie del futuro da cui, potete giurarci, è da qui che ripartirà l’innovazione senza propaganda. Gli stessi immigrati, di cui tutta l’Italia parla fingendo di non conoscere numeri e realtà, a Napoli danno lezioni di educazione civica e raccolta differenziata volontaria.
Stiamo attraversando un periodo storico molto complesso in cui le politiche del lavoro da oltre dieci anni stanno rivelando l’impreparazione di chi le ha guidate e la fragilità di un sistema. Non è un caso dunque se per parlare di lavoro siamo partiti da qui, per sdrammatizzare o forse anche solo per scaramanzia. A Napoli siamo superstiziosi, si sa.
Un altro luogo comune da cui liberarsi.
Il reportage completo “Vedi Napoli” lo trovi qui.
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