Volontari del non profit: desideri e aspettative

Recenti dati Istat confermano che in Italia il mondo del lavoro è ancora immerso in una profonda crisi, ma se agricoltura, industria e artigianato sono in affanno, va pure rilevato che il comparto del terziario riesce invece a tenere il passo ed è ancora in grado di offrire occasioni di lavoro. In questo specifico contesto, […]

Recenti dati Istat confermano che in Italia il mondo del lavoro è ancora immerso in una profonda crisi, ma se agricoltura, industria e artigianato sono in affanno, va pure rilevato che il comparto del terziario riesce invece a tenere il passo ed è ancora in grado di offrire occasioni di lavoro.
In questo specifico contesto, ad apparire particolarmente dinamico a livello occupazionale è il cosiddetto Terzo Settore, universo variegato che genericamente definito “Non Profit” può vantare un enorme giro d’affari racchiudendo al suo interno realtà eterogenee che in tutta la Penisola danno lavoro a migliaia di persone: cooperative e consorzi sociali, organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, istituzioni non governative, oltre ad enti ecclesiastici, fondazioni e comitati.

In controtendenza rispetto ad altri settori, se il livello complessivo delle forze lavoro genericamente occupate nel Terzo Settore si mantiene di fatto stabile è perché la richiesta dei servizi, specialmente quelli connessi a istruzione, cultura, ambiente, salute e benessere della persona, non diminuisce affatto ed è semmai in continua crescita.
In questo scenario, va oltretutto considerato che il Terzo Settore è da qualche mese attraversato da innovazioni determinate dalla recente applicazione della Legge 90/2014, convertito dalla Legge 114/2014 che ha istituito un Fondo sperimentale finalizzato a valorizzare le esperienze di volontariato di alcune categorie di soggetti svantaggiati momentaneamente non attivi sul mercato del lavoro.
Sulla base di tale novità legislativa sottoscritta dal Ministro Poletti, dal febbraio scorso è stato avviato un progetto sperimentale che vuole incentivare le attività di volontariato con fini di utilità sociale attraverso il coinvolgimento e la partecipazione di nuovi soggetti reperiti fra coloro che percepiscono indennità di sostegno al reddito, ovvero, disoccupati, lavoratori in mobilità, cassaintegrati ed altri beneficiari di contributi economico-assistenziali erogati dall’Inps.

Per il biennio 2015/2016, segnaliamo che l’elenco dei progetti di volontariato promossi dalle varie organizzazioni accreditate in Italia sulla base della Legge 90/2014 è consultabile nel sito del Ministero del Lavoro e gli aspiranti volontari in possesso dei requisiti richiesti possono inoltrare domanda direttamente all’associazione promotrice dell’iniziativa.

Fra le figure professionali più gettonate nel sociale ci sono attualmente i mediatori e animatori culturali, educatori, operatori assistenziali, assistenti domiciliari e residenziali, addetti all’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, oltre ai pedagogisti, assistenti sociali, psicologi e sociologi. Per quanto riguarda le risorse umane retribuite va tuttavia sottolineato che queste si concentrano maggiormente nel comparto delle Cooperative sociali, mentre allo stato attuale le Associazioni di volontariato, Aps e Onlus si avvalgono prevalentemente di personale che, senza alcuna retribuzione, mette a disposizione il proprio tempo libero per svolgere servizi utili alla collettività.

“In Toscana – spiega Massimo Selmi (Consulente Giuridico e Presidente dell’Associazione culturale “Galileo 1878”) – tutte queste realtà sono inserite in Albi e va notato che denominatore comune di tali enti è che essi svolgono attività di utilità sociale. Disciplinate dalla legge 381/91, le Cooperative sociali della Toscana sono definite organismi senza scopo di lucro, gestori di servizi per l’inserimento di persone svantaggiate. L’articolo 1 di questa normativa chiarisce inoltre che loro scopo dovrebbe essere quello di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione dei cittadini.

Infine, è importante sapere che le Cooperative sociali sono usualmente classificate in tre distinte sezioni: nella sezione A sono iscritte quelle che si occupano della gestione dei servizi sanitari, educativi e formativi; la sezione B ne include altre che svolgono attività mirate all’inserimento di persone svantaggiate; mentre la sezione C raduna i Consorzi di più cooperative”.

Sulla base di tali precisazioni, Senza Filtro ha voluto dare voce ad alcuni lavoratori di cooperative e a volontari di associazioni, per conoscere i loro moventi, dubbi, aspettative, idealità e desideri: “Il mio sogno di trovare un’occupazione stabile si è realizzato dopo varie esperienze temporanee svolte presso imprese private – ci racconta Angela (42 anni, diplomata al Liceo Artistico) – ed è solo da pochi mesi che ho raggiunto una certa tranquillità retributiva avendo trovato un lavoro fisso in una cooperativa di servizi destinati all’infanzia. Anche se la paga non è affatto elevata, qui sono motivata a collaborare perché ho la possibilità di esprimere appieno le mie competenze”.

Insoddisfatto è invece Cesare (30 anni, laureato in Scienze politiche): “l’articolo 1 della Costituzione recita che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, ma le proposte d’impiego ai nostri tempi sono solo volatili e precarie. Ciò sta accadendo perché molte pubbliche amministrazioni, lungi dal garantire occupazioni sicure, stanno invece scegliendo di esternalizzare a basso costo i principali servizi. A beneficiare di tale situazione sono in primis le cooperative che, aggiudicandosi il lavoro, assegnano incarichi senza trasparenza e poi difficilmente assumono a tempo indeterminato. Al momento sto lavorando in una cooperativa di servizi alla persona con un contratto in scadenza e posso dire che con la mia paga riesco faticosamente a sopravvivere”.

Criticamente propositivo è Paolo (32 anni, studente universitario e giardiniere di una coop): “le potenzialità delle cooperative nel produrre nuovi posti di lavoro sono notevoli, ma problema principale del nostro Paese è che l’occupazione continua ad essere precaria e scarseggia anche perché non sono incoraggiati gli impieghi part time; eppure con tali formule contrattuali sarebbero raddoppiati i posti di lavoro e dunque mi auguro che tale opportunità non sia più ottusamente trascurata”.

Rispondendo alla nostra intervista, Teresa (53 anni, psicologa del lavoro) ha invece sostenuto che “a differenza del mercato lavorativo tradizionale, le attività svolte dalle cooperative sociali sono in genere mosse da motivazioni umane e non dall’interesse prettamente economico: non a caso, insieme ai miei colleghi, cerco di aiutare persone in difficoltà, instaurando relazioni improntate su fiducia e rispetto reciproco”. Se queste sono alcune significative testimonianze che abbiamo raccolto fra chi lavora nelle Cooperative, dal nostro dialogo intercorso con ulteriori impiegati del sociale è emerso che il personale assunto, pur essendo sufficientemente soddisfatto ed alquanto motivato nell’esercizio delle attività svolte, è tuttavia scontento a causa dei contratti prevalentemente instabili e per le retribuzioni inadeguate.

Interrogandoci ancora sulla variopinta realtà del Non Profit in Italia, quale è invece l’identikit del volontario tipico e cosa lo spinge ad operare gratuitamente nel sociale? A risponderci è ancora il Presidente dell’associazione “Galileo 1878”: i volontari sono soggetti impegnati che intervengono in progetti condivisi senza scopo di lucro, spinti per lo più da motivazioni di carattere etico.

Evidentemente – aggiunge Massimo Selmi – il progresso della società non è di carattere unicamente monetario e nel panorama del welfare nazionale va preso atto che ruolo e compiti del volontariato (laico e religioso), nella progettazione e nell’erogazione dei servizi, sono in espansione e stanno assumendo un’importanza crescente”.

Nel corso della nostra inchiesta, avventurandoci fra le associazioni fiorentine del Non Profit abbiamo constatato una significativa presenza di disoccupati: fra questi, Elena (35 anni, laureata in Storia Moderna), attivista dell’associazione L’Aurora”, si è così espressa: “nel passato fare il volontario aveva un senso profondamente etico, oggi si sta invece abusando di tale categoria tanto che, con la scusa che non ci sono soldi, non si assumono più le persone e si sfrutta la manovalanza a costo zero costituita dai Volontari. Problema vero è che non c’è equità retributiva fra i lavoratori e che in Italia pullulano ovunque raccomandati che immeritatamente occupano i posti migliori”.

Con la stessa organizzazione operativa nell’ambito delle marginalità sociali è impegnato da anni anche Carlo (49 anni, diploma di Terza Media): “la popolazione del nostro Paese sta invecchiando e i poveri aumentano a vista d’occhio, eppure stiamo assistendo ad una forte riduzione delle risorse destinate al welfare. Per tutelare i soggetti più fragili della società, nel nostro centro promuoviamo azioni destinate ai disoccupati, anziani in difficoltà, ed emarginati: oltre alla distribuzione di pasti e vestiario, agli interessati forniamo servizi d’assistenza legale, inserimenti socio-terapeutici e orientamento al lavoro”.

Nel campo sanitario, a svolgere attività gratuita alla “Misericordia di Firenze” è invece Enrico (27 anni, Infermiere diplomato): “personalmente ho deciso di fare volontariato per aiutare il prossimo, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita dei più sofferenti, ma anche per fare nuove amicizie ed accrescere le mie competenze professionali, nella speranza di ottenere presto un vero lavoro retribuito”.

In Italia, il Volontariato è ancora una risorsa preziosa e un patrimonio da valorizzare ? A nostro parere lo è anche a fronte del vuoto sociale determinato dall’attuale crisi dei movimenti politici tradizionali: in questa prospettiva, possiamo riconoscere che può rappresentare uno spazio di riferimento utile ad accogliere criticità ed istanze variegate che grazie all’impegno solidaristico di tanti cittadini può innescare la nascita di nuove forme di partecipazione collettivamente condivisa per la costruzione di un mondo più giusto.

Se nell’immaginario collettivo, l’identikit del volontario è spesso rappresentato come soggetto altruista eticamente impegnato a far rispettare i diritti dei più deboli, sfida da cogliere e salto di qualità da fare è semmai quello di fare uscire dal qualunquismo e dalla sudditanza troppi cittadini ancora apaticamente disimpegnati.
Da questo punto di vista, il Volontariato può avere ancora una certa rilevanza nei processi di sviluppo per l’emancipazione sociale e parafrasando il titolo dell’ultimo libro scritto da Stefano Rodotà, si può ammettere che in questo mondo sempre più complesso e caratterizzato da un diffuso cinismo (fra i più giovani) e dal disincanto (fra i più anziani), la solidarietà – tipico valore del terzo settore – è un’utopia ancora necessaria che può funzionare come antidoto alla rassegnazione e come messaggio di speranza per il futuro dell’umanità.

 

 

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