Quest’anno, mentre affrontavo la parte di programma dedicata alla conquista delle Americhe, alla prima globalizzazione economica e culturale, ai traffici e alle rotte commerciali, ho deciso di fare un laboratorio, con i miei studenti, dal titolo “Archeologia di una merce”, per affrontare il tema della nascita, della produzione e della circolazione delle merci, figlie della produzione e del lavoro. Ma produzione e lavoro scompaiono agli occhi dei ragazzi, che entrano in un negozio e comprano una borsa, un paio di scarpe, un vestito, una console, un telefono, come se fossero oggetti già dati, presenti punto e basta. Privi di origine.
La ricerca consisteva nello scegliere una merce – e loro hanno scelto soprattutto prodotti tecnologici, oppure abiti, automobili e moto – e dopo averlo fatto i ragazzi dovevano dichiarare la marca e la multinazionale che la produce; dovevano scoprire se questa multinazionale la fa produrre a terzi, delocalizzando; dovevano poi cercare il costo del lavoro, quanto viene pagato al giorno un dipendente. La ricerca si chiudeva con il confronto con quanto loro avevano pagato quella merce, e con il controllo finale: se l’azienda in questione aveva o meno la sede legale e fiscale nello stesso posto in cui aveva i distretti produttivi.
Così hanno notato che molte industrie e multinazionali hanno sede fiscale in paradisi esteri per pagare poche tasse, e hanno fatto una serie di ragionamenti su questo e altri punti, compreso il margine di guadagno rispetto, appunto, ai costi del lavoro e della produzione. Si sono resi conto di tutta una serie di cose che non conosciamo o diamo per scontate, perché viviamo nell’era dell’alienazione: quella in cui non sappiamo dire da dove proviene ciò che compriamo ogni giorno, né quanto (ci) costa produrlo. Loro ci sono riusciti, ed è arrivato il momento che cominciamo a farlo tutti.
Questo reportage si chiede a voce alta: Potremmo permettercelo?. Gli articoli che lo compongono portano la ricerca “archeologica” delle merci sulle colonne di un giornale, facendo i conti con il lavoro necessario a realizzarle: è un passo in più verso la consapevolezza di cui abbiamo bisogno, un prodotto alla volta.
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Photo credits: howtogeek.com