Il caso più emblematico è quello di Eni. Come documentato da A Sud, la più grande compagnia fossile italiana ha intrapreso negli ultimi anni un imponente marketing culturale, finanziando eventi dal Festival di Sanremo alla Serie A, da Agrigento a Mantova, fino a piccoli festival in territori come Taranto, Crotone, Livorno, Porto Marghera. Non luoghi casuali, ma realtà martoriate dall’attività estrattiva e industriale legata ai combustibili fossili.
La comunicazione di Eni, attraverso Plenitude, Be Charge ed Enilive, presenta un mondo parallelo di paesaggi bucolici ed energia pulita. Una vera Matrix dove si vedono prati verdi invece dell’inquinamento reale. Questo mentre nel 2022 le attività di Eni hanno causato più inquinamento da gas serra dell’Italia stessa, secondo Oil Change International.
Ma in rete si trovano tantissimi documenti che riguardano la narrazione di un’azienda votata alla sostenibilità, che nei fatti dimostra tutt’altra storia. Per non parlare della causa improntata da Greenpeace contro il colosso del fossile italiano, causa che proprio quest’estate ha portato a casa un primo risultato importante.
La proporzione è significativa: nel 2023, su 9,2 miliardi di investimenti totali, Eni ha destinato solo 95 milioni allo sviluppo locale (1,03%), contro 75 milioni per pubblicità e comunicazione.
Il Piccolo Teatro di Milano ha difeso la sponsorizzazione annuale di 250.000 euro da Eni, affermando che la multinazionale sarebbe “fattivamente” impegnata verso la neutralità carbonica. Nell’ottobre 2021, mentre il teatro organizzava Ogni volta unica, la fine del mondo: esercizi di sostenibilità, l’AD di Eni era in Costa d’Avorio per il primo pozzo esplorativo, con un potenziale di oltre 2 miliardi di barili di olio e 2,4 trilioni di piedi cubi di gas. Così, tanto per dire.
Ma non sono assenti da questa incongruenza etico-valoriale neppure i tre sindacati di maggioranza, che hanno accettato le sponsorizzazioni di Glovo, Deliveroo e Banca Intesa in occasione del Concertone del Primo Maggio dedicato al Lavoro.