Guru, sette religiose, influencer nelle aziende. Quello che l’Antitrust non ha ancora visto.

L’antitrust ha sgamato i fuffa-guru, ma esiste un sottobosco di influencer più o meno noti che sta insidiando fortemente le imprese. Un bestiario dei casi più noti e delle loro tecniche di persuasione

12.07.2024
Influencer nelle aziende: Big Luca

Big Luca (alias Luca De Stefani), Luca Marani, Alessandro Berton, Hamza Mourai, Michele Leka e Davide Caiazzo. Se fossi fra coloro a cui questi nomi non dicono nulla, sarei contento.

Vorrebbe dire che il mio feed social sarebbe pulito, i miei contatti sani; il livello delle mie conversazioni e delle interazioni sarebbe a un livello professionale (per quanto riguarda LinkedIn) o sociale (per tutti gli altri social) sufficientemente protetto dai consulenti per tutte le stagioni, dagli improvvisati, dai manager trombati dopo anni di micragnosi regimi personali e che oggi rientrano dalla finestra sotto forma di formatori, ma anche dai giovanissimi CEO di se stessi con curriculum aziendali di zero righe sempre pronti a spiegare “la vita, l’Universo e tutto quanto” (cit.).

Fuffa-guru è un termine che ha raggiunto un livello di autorevolezza linguistica tale da essere inserito nei maggiori dizionari per descrivere personaggi che dai palchi dei social network lanciano messaggi commerciali molto accattivanti che raggiungono con grande facilità giovani in cerca di successo economico veloce, imprenditori dalla cultura medio bassa spesso in difficoltà e in generale Persone con pochi strumenti di (in)formazione, convinti che davvero possa esserci un metodo per fare business con facilità e guadagnare migliaia di euro ogni mese. Sullo sfondo: piscine che nessuno di loro ha mai nuotato, grattacieli di Dubai che nessuno di loro ha mai abitato, interni di aerei che nessuno di loro ha mai volato, macchine di lusso che nessuno di loro ha mai guidato.

Che poi, se davvero esistesse questo metodo, ci sarebbe qualcuno disposto a dividerlo con altre migliaia di Persone?

Un po’ come dichiarare di conoscere il sistema per vincere milioni di euro al SuperEnalotto tutte le settimane e vendere quel “segreto” per qualche centinaio di euro. Parafrasando un modo di dire: “in questo caso il SuperEnalotto sei tu”.

All'inizio fu Alessandro Proto. Dai carboni ardenti agli influencer.

Il padre di tutte le creature fu di sicuro Alessandro Proto, con cui vanto un trascorso personale fin dai primi anni Duemila, quando il Sole 24 Ore pubblicò un’intervista in cui dichiarava di far pagare 100 euro a ogni candidato per essere ammesso ai colloqui di selezione, in modo da filtrare “le perdite di tempo”.

Questo genere di boutade era nel suo stile, ma non c’era nulla di vero: non una società, non un ufficio, nessuno dei collaboratori e delle collaboratrici di cui amava tanto parlare. Fu solo grazie a una serratissima attività in collaborazione con LinkedIn Italia che riuscimmo a fargli chiudere l’account dal quale trasmetteva messaggi fuorvianti e macchinare veri e propri imbrogli. Furono poi Le Iene a incastrarlo e ad aprirgli le porte della prigione di Brescia, nel 2019, per una truffa perpetrata nei confronti di un’anziana signora malata di tumore. Nel 2021 il PM ha aggiunto ancora sette anni di carcere per altri avvenimenti di cui il nostro si vantava in un fortunatissimo libro tenuto a battesimo da Gianluca Nicoletti o Alessandro Milan (non ricordo e la puntata è sparita) dai microfoni di Radio 24.

Nel frattempo sono tanti i nomi che si avvicendano nei post e nelle sponsorizzate che trattano di “successi sicuri”, di cui ognuno, sulla base delle sue conoscenze, competenze ed esperienze, può farsi un’idea senza farmi sempre esporre in prima Persona.
Per una volta, metteteci del vostro!

Avevano appena finito di disinfettarsi le scottature da carboni ardenti fra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, quando i manager hanno deciso di bruciarsi con la PNL che arrivava dall’America (Programmazione NeuroLinguistica, un modo importante per definire quelli che erano veri e propri lavaggi del cervello).

Portatori sani di PNL furono Roberto Re e la sua scuola “ispirata” ad Anthony Robbins, inquinando letteralmente il mondo del business con slogan motivazionali (“Se vuoi, puoi!”; “Be Your Best!”) e veri e propri format (“Leader di te stesso”, che con la crisi dei leader e la moda del coaching ecco prontamente aggiornato in “Coach di te stesso”). Entrando poi di prepotenza nelle aziende nel momento storico a cavallo fra grandi picchi economici e le prime crisi finanziarie, con eventi motivazionali di grande impatto emotivo più un’infinita serie di libri dai titoli emblematici (Smettila di incasinarti la vita, Cosa vuoi davvero?, Energy!. Tutti bestseller assoluti), che rappresentano ancora oggi un “modello di formazione alternativa“, ma anche l’inizio di una cultura della performance discutibile e poco credibile (oltre che poco etica).

Un genere che evolve con i formatori- imprenditori: Frank Merenda (autore del Metodo Merenda e di Venditore Vincente) e Alfio Bardolla. Una letteratura sconfinata (Ricchi prima delle 8, Milionario in 2 anni e 7 mesi, Il denaro logora chi non ce l’ha) a supporto di veri e propri metodi che non si accontentano più di generare “academy” di formazione, ma che evolvono in consulenze e incursioni aziendali soprattutto in contesti a un passo dal fallimento, con clienti disposti ad affidarsi all’ultima disperata scialuppa di salvataggio. Senza verificare se il fondo di quella scialuppa fosse solido a sufficienza per salvare chicchessia ed evitare di portare i libri in tribunale.

Con l’avvento dei social come principale canale di comunicazione, si forma la terza generazione: quella degli influencer. Porta i nomi di Mik Cosentino (special guest in uno speciale di Fufflix di Germano Milite ), Mirko Scarcella (sgamato da Le Iene per aver truffato personaggi del calibro di Gianluca Vacchi, “influencer” a sua volta), Big Luca (giovanissimo, già molto discusso e “inseguito”, più che seguito), Davide Caiazzo, che si autodefinisce il profilo LinkedIn più seguito in Italia e oggi autoreferenzia anche la sua academy come la più importante realtà italiana per risultati su LinkedIn.

Autore di autodefiniti bestseller sul personal branding, ritiene che il suo più grande successo sia stato “essere diventato l’uomo che è”. Alla faccia dell’autostima.

Tuttavia nessuno può sindacare su dati, numeri, referenze, testimonianze così impercettibili, per non dire costruite, che sono proprio al centro della contestazione dell’Antitrust che imputa a questi personaggi una comunicazione ingannevole, dati gonfiati ad arte, follower acquistati.

Bestseller

Un breve accenno per non tediare nessuno riguarda l’attività editoriale, che è immancabile in questi ecosistemi. A differenza del già citato Roberto Re, che ha una collana editoriale ben definita e che non paragonerei – almeno nel metodo – a queste altre, parliamo di pubblicazioni autoprodotte, senza case editrici “tradizionali”, che nonostante la mancanza di distributori ufficiali e una qualità letteraria abbastanza dozzinale, immancabilmente e inspiegabilmente dopo qualche giorno vengono pubblicizzate come “le più vendute su Amazon”.

Questo paragrafo ha come unico obiettivo quello di mettere in correlazione queste pubblicazioni e i loro autori per identificare un vero e proprio metodo operativo ricorrente che unisce eventi/corsi/consulenze a un’editoria che ha dei comuni denominatori a partire dai titoli, e che individua nel libro lo strumento con cui aumentare il posizionamento personale nei confronti di chi non sa distinguere fra un libro nel senso classico del termine (una casa editrice che ti cerca, ti sceglie, definisce con te un progetto, ti commissiona un prodotto, lo distribuisce nelle librerie, ti riconosce delle royalty) e una pubblicazione di questo genere.

La responsabilità di giornali e aziende

Non è da sottovalutare la responsabilità di alcuni giornali di business che spesso hanno ospitato, con formule publiredazionali non sempre trasparenti, i contenuti, le interviste, le classifiche e gli interventi di questi personaggi (ancorchè di giovanissimi “startupper” rivelatisi più figli dei loro padri milionari prima ancora che imprenditori/trici che cambieranno il mondo), che hanno utilizzato le riviste come referenze a loro favore. Un circolo poco virtuoso e ingannevole, in cui giornali e aziende con un brand solido concorrono al delitto perfetto, alimentando la fiducia di lettori molto ingenui e poco avvezzi a verificare online se il cibo offerto è di buona qualità: “Se lo dicono i giornali…”, “se collabora con quell’azienda…”.

C’è da dire che alcune delle collaborazioni con le aziende non sono del tutto infondate ma si riducono a interventi professionali irrisori che vengono amplificati e poi citati nelle biografie, all’interno dei siti personali, sugli header dei social, utili all’effetto wow o anche solo alla percezione di chi legge.

Abbiamo chiesto a Cristina Zucchetti, presidente dell’omonimo Gruppo, che relazione ci sia fra Davide Caiazzo e Zucchetti. Sono sorpreso in positivo dalla risposta velocissima e cordiale con cui mi è stato risposto: “Sono attività che vengono fatte a livello personale da Caiazzo, al di fuori dal gruppo Zucchetti e di cui noi non siamo a conoscenza”.

Meteore: vorrei, ma non posso.

A questi, si aggiungono meteore tali da non poter essere annoverate nemmeno nel segmento stesso dei fuffa-guru: Rodrigo di Lauro, vincitore di uno di quei premi a pagamento che negli ultimi anni sono diventati vere e proprie linee di business; Corrado Fontana, ex testimone di Geova (non so come questa informazione possa essere utile) e autore di Rete vendita Imperiale, lanciatissimo in suggerimenti su perché le Risorse Umane fanno solo perdere tempo e decine di video su YouTube su come chiudere una vendita in modo efficace. Ci sarebbe da passare ore solo a leggere i titoli dei suoi short: Il potere della mente causattiva, Il protocollo watchtower, Perché qualsiasi offerta farai è inutile.

Su tutti, consiglio il video: Le aziende non trovano collaboratori? Ecco la soluzione definitiva. Io non l’ho visto, ma se il risultato sono inserzioni di lavoro scritte come quella qui sotto, forse affidarsi alle Risorse Umane gli avrebbe fatto perdere meno tempo e meno reputazione considerando il vespaio che ha scatenato, costringendolo a cancellare tutto.

Sette religiose e avvelenatori di pozzi

Ma a insidiare i contesti aziendali non ci sono solo influencer e guru. Da qualche anno vi si infiltrano anche le sette religiose.

La più importante è di certo Scientology, che attraverso un brand insospettabile guidato da un imprenditore con un trascorso burrascoso con la giustizia, ha trovato ampi spazi in particolare fra Veneto ed Emilia. Non pago della precedente esperienza, costui ha cambiato nome all’azienda ma continua imperterrito a promuovere consulenze organizzative previo utilizzo dei test riconducibili alla nota setta religiosa, con i quali ottiene la totale fiducia da parte dei clienti (imprenditori delle PMI padronali più radicate nei territori).

L’esito dei test e il follow up con i dipendenti, consente di licenziare i più ostici al loro sistema e prendere lentamente la guida delle aziende.

Naturalmente anche qui, troviamo una copiosa linea editoriale a supporto di tecniche di impresa del tutto infondate e troppo spesso rischiose e ingannatrici.

Da Chiara Ferragni ai fuffa-guru. Erba dello stesso fascio

C’è da fare una valutazione molto ampia su quanto è successo negli ultimi mesi e su come le aziende – anche le più importanti – abbiano ceduto alle sirene degli influencer, sotto la cui insegna possiamo mettere a questo punto anche quelli considerati fino a poco tempo fa “punte di diamante” e che trovavano sedie comode all’interno dei Consigli di Amministrazione.

Non credo di esagerare o di spostare troppo l’ago della bilancia nel fare di tutta un’erba un fascio, nel momento in cui la cronaca degli ultimi mesi ci restituisce il crollo reputazionale e lo smantellamento dell’azienda di proprietà dei due influencer più importanti del nostro Paese.

Le Istituzioni iniziano oggi ad accorgersi che esistono attori (non propriamente influenti) altrettanto pericolosi che operano a un “secondo livello”, con dinamiche meno eleganti e strutturate. In questo dark web aziendale che vive di passaparola, video su YouTube, pubblicazioni non ufficiali, lucrano e speculano sedicenti esperti ed evangelisti del guadagno facile a cui le istituzioni arriveranno troppo tardi, senza gli strumenti e il vocabolario necessario per intercettare tutte le forme di speculazione che attecchiscono con facilità in un sistema imprenditoriale come il nostro, in forte crisi culturale e manageriale.

Sta a ognuno di noi segnalare e confinare interventi di questo genere, bloccare sull’uscio questi intrusi prima che entrino nelle aziende, fare passaparola e non consegnare il lavoro e i sacrifici di una vita nelle mani di chi ha come unico interesse svuotare gli scaffali e scappare col carrello della spesa.

 

 

 

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