Addio al corpo forestale dello stato

Lo scorso 13 agosto è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la Legge n.124/2015 con la quale il Parlamento delega il Governo ad emanare nuove disposizioni sulla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche tra cui, all’art. 8, comma 1, lettera a) il “riordino delle funzioni di polizia di tutela dell’ambiente, del territorio e del mare, nonché nel campo […]

Lo scorso 13 agosto è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la Legge n.124/2015 con la quale il Parlamento delega il Governo ad emanare nuove disposizioni sulla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche tra cui, all’art. 8, comma 1, lettera a) il “riordino delle funzioni di polizia di tutela dell’ambiente, del territorio e del mare, nonché nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore agroalimentare, conseguente alla riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato ed eventuale assorbimento del medesimo in altra Forza di polizia, fatte salve le competenze del medesimo Corpo forestale in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi e di spegnimento con mezzi aerei degli stessi da attribuire al Corpo nazionale dei vigili del fuoco nazionale dei vigili del fuoco con le connesse risorse e ferme restando la garanzia degli attuali livelli di presidio dell’ambiente, del territorio e del mare e della sicurezza agroalimentare e la salvaguardia delle professionalità esistenti, delle specialità e dell’unitarietà delle funzioni da attribuire, assicurando la necessaria corrispondenza tra le funzioni trasferite e il transito del relativo personale“.

Questo perché, nelle intenzioni del Governo, occorre razionalizzare la spesa pubblica e le evidenti sovrapposizioni che gravano sulle cinque forze di pubblica sicurezza attualmente in essere (Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria e, appunto, Il CFS) e le quali dipendono – tra l’altro – da cinque ministeri diversi.
Premesso che risulta oggettivamente improponibile fare un ragionamento sulla soppressione delle prime tre, la “pragmatica” scelta si potrebbe concentrare sulle rimanenti due.

Fare ordine tra cinque forze di pubblica sicurezza

Ma le forze in campo sono molto diverse. La Polizia Penitenziaria conta oltre 46.000 unità, mentre il CFS non arriva a 9.000, ecco quindi che – probabilmente – si è scelto il male minore (per inciso, i Carabinieri superano le 104.000 unità, la Polizia 95.000, la Finanza oltre 68.000).

Vale poi un secondo ragionamento. Se siamo tutti d’accordo che cinque forze per la tutela dell’ordine pubblico siano effettivamente troppe (infatti siamo un’eccezione a livello mondiale), e quindi qualcuna va accorpata, qualsiasi scelta farebbe sorgere comunque dei mal di pancia ai diretti interessati, polemiche nell’opinione pubblica e scontate battaglie politiche. Tutti invocano le riforme e i tagli alla spesa pubblica ma quando la mannaia colpisce da vicino, ecco allora che scatta la – legittima e comprensibile – contrarietà.

Per entrare nel merito del ragionamento, occorre innanzitutto analizzare da vicino l’oggetto del contendere: cos’è e come funziona il Corpo Forestale dello Stato e poi andiamo a vedere se effettivamente la sua soppressione o accorpamento in altra forza di polizia comporterebbe una diminuzione della capacità operativa dello stato nel contrastare i reati per i quali questa istituzione era nata (nel 1822, addirittura prima dell’unità d’Italia).

Posto alle dirette dipendenze del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il Corpo svolge attività di Polizia Giudiziaria (PG) e vigila sul rispetto della normativa nazionale ed internazionale concernente la salvaguardia delle risorse agroambientali, forestali e paesaggistiche, la tutela del patrimonio naturalistico nazionale e la sicurezza agroalimentare, prevenendo e reprimendo i reati connessi.

Il Corpo è alle dipendenze funzionali del Ministero dell’Interno per le questioni inerenti l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza, il pubblico soccorso e la protezione civile. È altresì struttura operativa nazionale di protezione civile. Nell’ambito dei compiti di tutela e salvaguardia della biodiversità, gestisce 130 riserve naturali, estese su un territorio di 120.000 ettari. La sua struttura organizzativa si disloca su 15 Comandi regionali, 83 Comandi provinciali, 6 Basi aeree, 821 Comandi di Stazioni forestali, 149 Stazioni parco, 7 Squadre Nautiche, 88 Sezioni presso le Procure della Repubblica.

Il personale di ruolo è distinto in agenti ed assistenti, sovrintendenti, ispettori, operatori e collaboratori, revisori, periti, direttivi e dirigenti. Il personale, in relazione al ruolo di appartenenza, riveste la qualifica di ufficiale ed agente di polizia giudiziaria ed agente e sostituto ufficiale di pubblica sicurezza. Attualmente (dati 2015) la pianta organica conta 7.563 dipendenti su una dotazione organica prevista di 9.360 (di cui 1.317 unità assunte ex lege 124/85).

Il budget del 2015 è stato di 496,56 milioni di euro. Dell’attività di polizia amministrativa, svolta prevalentemente dal personale dei Comandi di Stazione, l’importo delle sanzioni notificate è stato di oltre 33 mln di euro nell’anno 2014 (ultimo dato disponibile). A questa attività di polizia amministrativa si affianca l’attività di polizia giudiziaria: nei settori di competenza nell’anno 2014 sono stati accertati 12.760 reati, con oltre 10.000 persone denunciate.

Leggendo questi numeri due domande sorgono spontanee: se la riduzione della spesa pubblica e la riorganizzazione delle forze di polizia è necessaria, perché colpire proprio l’ente più piccolo e meno “costoso”? E se si sopprime il CFS, chi si occuperà della lotta agli eco-reati, visto che è proprio quello “specializzato” in questo settore?

La razionalizzazione di un ente

Una prima risposta vien dal fatto che è più facile “razionalizzare” un ente con una distribuzione non uniforme sul territorio nazionale (si pensi alle regioni a statuto speciale dove sono presenti dei corpi forestali locali), e alla contemporanea presenza di altri enti che si sovrappongono parzialmente alle competenze svolte.

Ci sono infatti vari enti i cui operatori, con la qualifica di Polizia Giudiziaria, hanno specifiche funzioni in tema di reati ambientali: polizia municipale, polizia provinciale, il Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri- NOE, la guardia costiera, la guardia di finanza, le guardia parco, per non parlare degli organismi specifici come ad esempio le ARPA (agenzie regionali di protezione ambientale), o il Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole e forestali- ICQRF), che svolgono nel contempo funzioni tecnico-amministrative (con competenze anche superiori al CFS) ma anche di vigilanza e controllo, con poteri appunto di Polizia Giudiziaria.

Poi un’ulteriore argomentazione è data dal fatto che l’accorpamento del CFS “in altra forza di polizia” non comporta “de facto” la soppressione delle competenze del personale attualmente in forza, ma il trasferimento ad altro ente mantenendone le specificità (diventa inverosimile pensare che un “forestale” vada a dirigere il traffico o a rilasciare passaporti o controllare gli scontrini fiscali all’uscita dei negozi).
Insomma, alla luce di quanto sopra, diventa fuorviante annunciare che tale rivoluzione organizzativa diventi automaticamente un regalo alle ecomafie, come qualche sindacato di categoria va dicendo. I reati ambientali sono – e devono essere – perseguiti da qualsiasi forza di Pubblica Sicurezza e da qualsiasi agente di Polizia Giudiziaria. Non regge il concetto che per tali crimini è necessario avere una forza di polizia nazionale specifica. Non esiste in nessun altro Paese occidentale.

Legittimità procedurale vs regalo alle ecomafie

D’altra parte va detto che non è raro il caso di un cittadino che telefona ad un organo di PG non specializzato per chiedere un intervento per un reato ambientale in atto, e si sente rispondere che loro “non sono competenti” e di rivolgersi ad organo “competente”. Parliamo di reati. Il “principio” della presunta e possibile “incompetenza” di qualche organo di PG per i reati ambientali ed a danno della salute pubblica è totalmente privo di ogni fondamento logico, prima ancora che giuridico e procedurale, cioè è illegittimo.

Come ha autorevolmente osservato Maurizio Santoloci, magistrato di Cassazione ed esperto di diritto dell’ambiente «In questo momento di gravissima diffusione dei crimini ambientali, i quali spesso causano devastanti danni anche sulla salute pubblica è oggi impensabile l’atteggiamento di un organo di PG che – a fronte di un reato ambientale – si dichiari “incompetente” e – di fatto – non intervenga per reprimere il reato stesso, operare i sequestri dovuti ed assicurare al sistema penale i responsabili».
Va dunque ribadito a chiare lettere che i reati a danno dell’ambiente e della salute pubblica sono di competenza obbligatoria “non rinunciabile” e “non facoltativa” di tutti gli organi di polizia giudiziaria statali e locali, nessuno escluso, anche se non specializzati. E se all’interno dell’amministrazione di un corpo di polizia esiste un organo di eccellenza specializzato nel settore (si pensi al NOE), questo non esime il personale operante in via diffusa sul territorio – anche non specializzato – dalla competenza sui reati ambientali al pari del collega in forza all’unità di eccellenza. Almeno su quei reati palesi, evidenti e solari percepibili in flagranza in via immediata e diretta da una pattuglia non specializzata, il dovere/potere di intervento è diretto e non contestabile.

Poi, per ulteriori e più approfonditi accertamenti sarà coinvolto l‘organo di eccellenza, ma il primo intervento in flagranza è doveroso anche per il personale della pattuglia non specializzata. Quanto sopra sta alla base delle regole del codice di procedura penale per gli operatori di polizia giudiziaria a qualunque corpo o amministrazione appartengano.
Gli eco-furbetti sono avvertiti.

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